LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
T.F.E., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Randaccio n. 1, presso lo studio dell’avvocato Morcella Manlio, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** s.r.l. in liquidazione, in persona curatore P.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Celimontana n. 38 presso lo studio dell’avvocato Panariti Paolo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Biancifiori Attilio giusta procura in calce al ricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TERNI, depositato il 25/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/05/2019 dal consigliere Dott. VELLA PAOLA;
udito l’Avvocato Pana riti che ha concluso come in atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Terni ha disatteso l’eccezione di tardività sollevata dalla curatela del Fallimento ***** s.r.l. in liquidazione, ma ha rigettato nel merito il reclamo L. Fall., ex art. 26 proposto da T.F.E. avverso il decreto con cui, in data 06/02/2014, il giudice delegato aveva autorizzato il curatore a proporre dinanzi al Tribunale di Perugia un ricorso per sequestro conservativo nei confronti di R.M., I.T., T.F.E. e M.P., quali ex amministratori di fatto della società fallita.
2. Il Tribunale ha rilevato la rnanifesta mancanza di interesse ad agire in capo al reclamante, poichè questi, contestando l’opportunità della nomina e la legittimità della stipulazione del cd. “patto di quota lite” tra il curatore e il legale incaricato, aveva fatto valere un interesse dei creditori del fallimento senza rivestire tale qualità, e “al solo scopo di ottenere dall’eventuale revoca dell’autorizzazione un indiretto beneficio nel procedimento cautelare che lo vedeva contrapposto alla curatela”; “peraltro, la revoca dell’autorizzazione non avrebbe comportato automaticamente l’inammissibilità della domanda di sequestro conservativo, ben potendo il curatore ottenere nelle more una nuova autorizzazione con efficacia sanante”.
3. Avverso tale decreto il T. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui la curatela, ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con il motivo di ricorso – rubricato “Violazione ed erronea disapplicazione della L. Fall., art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5). Travisamento del fatto e delle emergenze disponibili. Sussistenza dell’interesse ad agire in capo all’odierno ricorrente.
Contraddittorietà per illogicità (extratestuale) della motivazione – si lamenta che la decisione impugnata “omette di tener conto del ruolo che la medesima curatela resistente vorrebbe ascrivere al sig. T.: id est quello di amministratore di fatto e/o occulto della ***** S.r.l.”, ruolo che lo farebbe rientrare a pieno titolo tra i “soggetti interessati”, legittimati ad interporre reclamo L. Fall., ex art. 26.
5. La curatela eccepisce l’inammissibilità (per carenza di contenuto decisorio ex art. 111 Cost., dei requisiti contenutistici di cui all’art. 366 c.p.c., dell’offerta di elementi diretti a confermare o mutare la giurisprudenza di questa Corte ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, nonchè di interesse ad agire) e l’infondatezza del ricorso.
6. Conformemente alle conclusioni del P.G., il Collegio reputa che la fondatezza del primo rilievo di inammissibilità del ricorso, per difetto dei caratteri di definitività e decisorietà del provvedimento impugnato, sia decisiva e preclusiva rispetto alle restanti questioni.
7. Invero, la giurisprudenza di questa Corte è pacifica nel ritenere l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto ex art. 111 Cost. contro il decreto del Tribunale fallimentare emesso in sede di reclamo L. Fall., ex art. 26 (nella specie confermativo del diniego di autorizzazione al curatore a promuovere un’azione civile), a causa della sua natura ordinatoria per cui esso esaurisce i suoi effetti all’interno del fallimento (nella specie quale condizione per il successivo agire in contenzioso del curatore) e risente della natura del provvedimento del giudice delegato che, a sua volta, si configura come espressione dei poteri amministrativi attribuitigli dalla L. Fall., art. 25 (Cass. 22959/2012; conf. Cass. 5447/2019, con riguardo al decreto adottato dal tribunale in sede di reclamo avverso la decisione del giudice delegato avente ad oggetto l’esercizio del potere di amministrazione e gestione dei beni acquisiti al fallimento e delle funzioni di direzione della procedura fallimentare, e non la soluzione di controversie su diritti, appunto in quanto privo dei caratteri della definitività e decisorietà; cfr. Cass. 18622/2010 e 13167/2017 in tema di autorizzazione allo scioglimento da contratto pendente e Cass. 24019/10 e 11711/18 in tema di riscatto di polizze di assicurazione vita del fallito).
8. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alla rifusione delle spese, liquidate in dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019