LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 262-2014 proposto da:
FAER SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ROBERTO SCOTT 62, presso lo studio dell’avvocato SANDRO CAMPAGNA, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO VENERUSO;
– ricorrenti –
contro
S.A., Z.L., Z.A., C.B.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SESTO RUFO 23, presso lo studio dell’avvocato LUCIO VALERIO MOSCARINI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati CALOGERO CALI’, ARMANDO ALBERTO MARIA BOSI, GIOVANNI ERCOLE MOSCARINI, STEFANO CALI’;
– controricorrenti –
P.R.D., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPOROSSI, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONIO GIANCOLA, GIUSEPPE PAOLO GRECO;
– ricorrenti e c/ricorrenti incidentali –
S.C.D., C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPOROSSI, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO GIANCOLA;
– controricorrenti incidentali –
e contro
C.V.R., G.G., IMMOBILIARE QUADRIFOGLIO SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, C.E.D., + ALTRI OMESSI;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2775/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2019 dal Consigliere Dott. TEDESCO Giuseppe;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo e per l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale e per l’accoglimento per quanto di ragione dei ricorsi incidentali;
udito l’Avvocato VENERUSO Marco, difensore del ricorrente principale che ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni in atti ed esposte;
udito l’Avvocato GIANCOLA Antonio, difensore dei controricorrenti incidentali che ha chiesto l’accoglimento delle difese in atti ed esposte;
udito l’Avvocato TAVERNITI Bruno, con delega orale dell’Avvocato MOSCARINI Lucio Valerio, che si i riportato agli scritti depositati.
FATTI DI CAUSA
Z.L., C.B.M., Z.A., S.A., proprietari di un complesso immobiliare in *****, chiamavano in giudizio davanti al Tribunale di Milano la FAER S.r.l. (Faer), lamentando, per quanto ancora interessa in questa sede, che la convenuta aveva realizzato uno stabile sul fondo confinante, al civico ***** di viale *****, in violazione delle distanze tra costruzioni.
Si costituiva la S.r.l. e il contraddittorio era esteso al Condominio di ***** e ai proprietari delle singole unità immobiliari.
Si costituivano N.A., + ALTRI OMESSI, facendo proprie la difese della FAER e comunque chiedendo di essere dalla stessa Faer garantiti in caso di soccombenza.
Rimanevano contumaci C.N., S.M.G. e S.U..
Il tribunale accertava la violazione delle distanze per le parti dell’edificio di ***** poste a meno di metro 10 dalla parete lato nord degli edifici degli attori, e ne ordinava conseguentemente la demolizione; accoglieva la domanda di manleva proposta dai condomini contro la società costruttrice;
Contro la sentenza proponevano appello il Condominio di *****, la Faer s.r.l. e condomini già costituiti in primo grado, ad eccezione di C.N. e S.M.G., che si costituivano a mezzo del medesimo difensore delle parti appellanti;
Rimenavano contumaci C.R., + ALTRI OMESSI.
La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza.
Per la cassazione della sentenza Faer s.r.l. ha proposto ricorso principale affidato a quattro motivi.
N.A., + ALTRI OMESSI hanno aderito al secondo, al terzo e al quarto dei motivi di cassazione dedotti dalla ricorrente Faer srl in liquidazione e a loro volta hanno proposto con ricorso incidentale affidato a due motivi.
Hanno resistito con controricorso Z.L., C.B.M., Z.A., S., che hanno depositato controricorso al ricorso incidentale.
Sono rimasti intimati A.G., + ALTRI OMESSI.
Tutte la parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.
Fissata la pubblica udienza la Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo, ordinando la rinnovazione della notificazione del ricorso principale nei confronti di F.M. e degli eredi di S.U. e disponendo la trasmissione del fascicolo iscritto al n. 1746 RG 2009 della Corte d’appello di Milano, comprensivo del fascicolo del procedimento di primo grado.
C.R. e S.C.D., quali eredi di S.U. hanno resistito con controricorso.
F.M. è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia nullità della sentenza per omesso esame dell’appello della Faer s.r.l. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
La corte d’appello ha omesso l’esame dell’appello della Faer, che aveva autonomamente sviluppato quattro motivi d’appello contro la sentenza del tribunale, uno solo dei quali coincidenti con quello del condominio, peraltro con argomenti in fatto e in diritto diversi e non sovrapponibili.
Si sostiene che la totale obliterazione dell’appello di Faer trova conferma nel fatto che la società non è menzionata nel dispositivo e inoltre nel fatto che la corte aveva equivocato sulle posizioni processuali, attribuendo alla stessa Faer non la veste di appellante, ma di appellata.
In verità la Faer è menzionata solo nella parte relativa alla regolamentazione delle spese di lite, là dove la corte ha accennato a una adesione di FAER alle ragioni fatte valere dagli appellanti.
Il secondo motivo denuncia violazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 2.
Le pareti dell’edificio realizzato dalla Faer e della palazzina degli attori non si fronteggiano, essendovi uno sfalsamento di 0,73 cm.
Si sottolinea che gli attori hanno costruito in aderenza alla parete del lato nord del capannone industriale dei signori Z.; poi una volta raggiunta l’altezza del colmo del capannone con la costruzione del piano pilotis, l’edificio è arretrato rispetto al confine. In conseguenza di tale arretramento la parete finestrata si trova a una distanza che in nessun punto è inferiore a mt. 5,05 del muro nord dal capannone degli Zanolini, e cioè dalla linea di confine fra le due proprietà, non essendo quindi configurabile la violazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, n. 2.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.M. n. 1444 del 1969, art. 9, comma 2, in relazione al disposto dell’art. 28, comma 1, lett. b. 1 b. 2 del Regolamento edilizio del Comune di Milano e dell’art. 873 c.c..
La norma regolamentare consente, in deroga a quanto previsto dall’art. 27 del medesimo regolamento, l’edificazione in aderenza ai muri nudi dei fabbricati esistenti.
La corte d’appello non ha compreso il senso della censura formulata in proposito, che era volta a dimostrare che la presenza della norma regolamentare rendeva palese che il regolamento non aveva recepito la previsione del decreto ministeriale.
Pertanto, non essendo la stessa previsione invocabile direttamente nei rapporti fra privati, la corte di merito, una volta constatato che “l’edificazione del lato dell’edificio realizzato dalla Faer s.r.l. in liquidazione è avvenuta in presenza delle condizioni stabilite dall’art. 28, comma 1, lett. b1 e b2", avrebbe dovuto trarne la conseguenza della inapplicabilità sulle distanze fra pareti finestrate e valutare la legittimità dell’opera secondo la norma dell’art. 873 c.c.”.
Il quarto motivo denuncia omesso valutazione di un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 833 c.c..
La corte non ha considerato che le controparti non avevano obiettato alcunchè nel corso della edificazione, per poi accampare le loro pretese a edificio ultimato.
Ciò rendeva evidente, da un lato, l’assenza di pregiudizi, dall’altro, l’intento emulativo dell’iniziativa giudiziaria.
2. Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia falsa applicazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 2.
Si sottolinea che gli attori hanno costruito in aderenza alla parete del lato nord del capannone industriale dei signori Z.; poi una volta raggiunta l’altezza del colmo del colmo del capannone con la costruzione del piano pilotis, l’edificio arretra e la parete finestrata si trova a distanze che in nessun punto è inferiore a mt. 5,05 del muro nord dal capannone degli Z., e cioè dalla linea di confine fra le due proprietà.
Conseguentemente di fronte alla parete dell’edificio realizzato da Faer s.r.l. in liquidazione che si affaccia sul fondo dei signori Z. non si trova alcuna parete.
La carenza di tale presupposto rendeva inapplicabile la norma del D.M. n. 1444 del 1968.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, n. 2, in relazione all’art. 28, comma 1, lett. b1 e b2 del regolamento edilizio del Comune di Milano e dell’art. 873 c.c..
La previsione regolamentare, in deroga a quanto previsto dal precedente art. 27, consente l’edificazione a confine in aderenza ai muri nudi dei fabbricati esistenti.
Il fabbricato condominiale è conforme a tale previsione, essendo costruito in aderenza fino al colpo del muro nudo preesistente, per poi arretrare di oltre tre metri dal confine, nel rispetto della norma regolamentare dell’art. 27 del medesimo regolamento edilizio.
3. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile.
La corte di merito ha ritenuto che le posizioni della Faer e del Condominio di ***** fossero coincidenti. Pertanto l’esame dell’appello del Condominio comportava, nello stesso tempo e di là dalle imprecisioni terminologiche denunciate con il ricorso, l’esame e la decisione dell’appello proposto dalla Faer.
La ricorrente si duole di tale decisione, assumendo che i motivi di appello non erano coincidenti, tuttavia non chiarisce in che cosa essi differivano e soprattutto non indica alcun argomento idoneo a giustificare, sul piano teorico e in considerazione delle ragioni della decisione presa dalla Corte d’appello di Milano, l’illazione che la impugnazione proposta dalla Faer avrebbe potuto avere una sorte diversa da quella del Condominio.
4. Il secondo motivo del ricorso principale è fondato.
La Corte d’appello di Milano, nell’esame della fattispecie, ha riconosciuto che, nella specie, l’intervento edilizio realizzato dalla Faer doveva avvenire secondo la previsione del D.M. 2 aprile 1968, art. 9, n. 2, recepito dalle NTA del Piano regolatore generale del Comune di Milano, approvato il 26 febbraio 2000.
In relazione a tale norma – che impone una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti – la corte d’appello ha richiamato principi consolidati nella giurisprudenza della Suprema Corte, sui quali non è il caso di soffermarsi: la norma è integrativa della disciplina del codice civile sulle distanze; non è derogabile in sede locale (Cass. n. 1556/2005; n. 19554/2009); il giudice ha la potestà di disapplicare la norma regolamentare difforme ed applicare le distanze previste dal D.M. n. 1444 quale norma di relazione immediatamente efficace nei rapporti fra privati (Cass., S.U. n. 14953/2011).
La corte, quindi, è passato dal piano dei principi a quello della fattispecie concreta, rilevando innanzitutto che “il rispetto della distanza di 10 metri non può escludersi nel caso in esame in considerazione del fatto che gli edifici non potrebbero considerarsi “antistanti””.
Al fine di giustificare tale affermazione ha ritenuto di poter trovare appiglio nel principio secondo il quale la “distanza fra pareti di edifici antistanti, prevista dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non solo alle parti che si fronteggiano e tutte le pareti finestrate, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela (Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 novembre 2010, n. 7731)”.
Quindi ha richiamati i principi di giurisprudenza sui punti di misurazione delle distanze, per concludere perentoriamente che, nel caso di specie, alla luce delle misurazioni effettuate dal consulente tecnico, “la distanza tra l’edificio eretto dalla Faer e quello di proprietà degli appellati non rispetto la distanza di dieci metri, il che rende evidente l’esistenza della violazione in cui Faer s.r.l. è incorsa sotto il profilo in esame”.
5. Secondo la ricostruzione della sentenza impugnata la proprietà Z. consiste “in un complesso edilizio a destinazione residenziale ed artigianale collocato in fregio alla via *****, che occupa quindi la parte nord ovest del lotto e da un secondo edificio a destinazione artigianale, che si innesta ad angolo retto ed occupa il suo lato lungo il rimanente confine nord”.
Si può dare per acquisito:
a) che Faer ha costruito in aderenza rispetto al muro dell’edificio a destinazione artigianale per poi realizzare le pareti finestrate a distanza inferiore a 10 metri dal muro su cui ha costruito in aderenza;
b) che la parete finestrata è stata edificata dalla Faer interamente sul lato nord dell’edificio di fronte all’edificio a destinazione artigianale, posto sul confine fra i due lotti e sul cui muro avanzato la Faer ha costruito in aderenza per tutta la sua altezza;
c) che le pareti finestrate sono state edificate in arretramento rispetto a tale muro: si legge nella sentenza che l’edificio eretto dalla Faer s.r.l. edificate in posizione arretrata “a partire dal primo piano fuori terra (alla quota di + mt. 5,20) e per i successivi, per una lunghezza di mt. 13 sul totale di mt. 24 di lunghezza”;
d) che fra le facciate finestrate dell’edificio la facciata finestrata del fabbricato degli originari attori esiste uno sfasamento di 0,72 cm.
6. Il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 prescrive la distanza minima tra parete e parete finestrata. E’ pacifico che l’art. 9 è applicabile anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata (Cass., S.U., n. 1486/1997; n. 1984/1999) e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del muovo edificio o dell’edificio preesistente (Cass. n. 13547/2011), o che si trovi alla medesima altezza o diversa altezza rispetto all’altro (Cass. n. 8383/1999).
Finalità della norma è la salvaguardia dell’interesse pubblico-sanitario a mantenere una determinata intercapedine fra gli edifici che si fronteggiano quando uno dei due abbia una parete finestrata (Cass. n. 20574/1997). La “antistanza” va intesa come circoscritta alle porzioni di pareti che si fronteggiano in senso orizzontale. Nel caso in cui i due edifici siano contrapposti solo per un tratto (perchè dotati di una diversa estensione orizzontale o verticale, o perchè sfalsati uno rispetto all’altro, il giudice che accerti la violazione delle distanze deve disporre la demolizione “fino al punto in cui i fabbricati si fronteggiano” (Cass. n. 4639/1997).
La Suprema Corte ha osservato che, ai fini del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, due fabbricati, per essere antistanti, non devono essere necessariamente paralleli, ma possono fronteggiarsi con andamento obliquo, purchè “fra le facciate dei due edifici sussista almeno un segmento di esse tale che l’avanzamento di una o di entrambe le facciate medesime porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento” (Cass. n. 4175/2001).
Non danno luogo a pareti antistanti gli edifici posti ad angolo retto, nè quello in cui sono opposti gli spigoli a potersi toccare se prolungati idealmente uno verso l’altro. Poichè lo scopo del limite imposto dall’art. 873 c.c. è quello di impedire intercapedini nocive, “la norma non trova applicazione quando i fabbricati non si fronteggiano, ma sono disposti ad angolo retto in modo da non avere parti tra loro contrapposte” (Cass. n. 4639/1997). Le distanze fra edifici non si misurano perciò in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare (Cass. n. 9649/2016).
Con riferimento all’analoga materia di “pareti frontistanti” vigente in materia antisismica “la giurisprudenza di questa corte ha avuto modo di affermare che la disposizione contenuta nella L. n. 1684 del 1962, art. 6, n. 4 – a norma della quale l’area posta tra edifici e sottratta al pubblico transito deve avere la larghezza minima di sei metri misurata tra i muri frontali – attiene a tutte le ipotesi in cui i muri perimetrali di costruzioni finitime si trovino in posizione antagonista, idonea a provocare, in caso di crollo di uno degli edifici, danni a quello finitimo: pertanto la presenza nei detti muri perimetrali di spigoli o angoli non esula dalla sfera di applicazione della detta norma, in quanto ogni angolo o spigolo è formato da due linee che, sul piano costruttivo, costituiscono vere e proprie “fronti”, le quali, a loro volta, realizzano rispetto all’opposta costruzione, quella posizione antagonista la cui potenzialità viene eliminata o attenuata dal rispetto della distanza minima. Ha, però, soggiunto che tale principio trova applicazione nel caso in cui le due rette che si dipartano dall’angolo secondo le direttrici dei lati di questo vadano ad intersecare il perimetro della costruzione che si vuole opposta, mentre, qualora tali linee non attraversino idealmente il corpo dell’edificio vicino, non v’è antagonismo tra le costruzioni, nè sussiste quella frontalità che la norma in oggetto prevede come presupposto dell’osservanza della distanza di sei metri a scopo di prevenzione antisismica tra i segmenti perimetrali degli edifici” (Cass. n. 14606/2007).
E’ stato anche chiarito che “il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, n. 2, non impone di rispettare in ogni caso una distanza minima dal confine, ma va interpretato, in applicazione del principio di prevenzione, nel senso che tra una parete finestrata e l’edificio antistante va mantenuta la distanza di mt. 10, con obbligo del prevenuto di arretrare la propria costruzione fino ad una distanza di mt. 5 dal confine, se il preveniente, nel realizzare tale parete finestrata, abbia a sua volta osservato una distanza di almeno mt. 5 dal confine. Ove, invece, il preveniente abbia posto una parete finestrata ad una distanza inferiore a detto limite, il vicino non sarà tenuto ad arretrare la propria costruzione fino alla distanza di mt. 10 dalla parete stessa, ma potrà imporre al preveniente di chiudere le aperture e costruire (con parete non finestrata) rispettando la metà della distanza legale dal confine, ed eventualmente procedere all’interpello di cui all’art. 875 c.c., comma 2, qualora ne ricorrano i presupposti” (Cass. n. 4848/2019; n. 3340/2002).
7. La corte d’appello non si è attenuta a tali principi.
Il principio affermato dal Consiglio di Stato (sent. n. 7731/2010), utilizzato dalla corte d’appello quale criterio guida nella valutazione della fattispecie, vuole dire che la distanza deve computarsi con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non solo alle parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quelle principali e prescindendo dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela. Ma tale principio, così come gli analoghi principi della giurisprudenza di legittimità, implica pur sempre che “sussista almeno un segmento di esse tale che l’avanzamento di una o di entrambe le facciate porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento” (Cass. n. 4715/2001).
Al contrario la corte di merito, dopo avere descritto la posizione dei fabbricati, ha ravvisato la violazione della norma senza verificare se, in dipendenza della edificazione Faer in aderenza fino al colpo del muro cieco del preesistente edificio destinato a laboratorio, vi fosse una effettiva e attuale posizione di frontalità fra due facciate, nel senso che facendo avanzare idealmente in linea retta una facciata verso il fabbricato vicino, le due facciate si sarebbero incontrate almeno in un punto (Cass. n. 2548/1972; n. 3480/1972; n. 9649/2016).
Si ribadisce che la corte di merito non ha ravvisato la violazione nel fatto in sè dell’avere la Faer costruito in aderenza sul muro cieco preesistente, ma nel minore arretramento dell’edificio una volta raggiunto il colmo del tetto; tanto ha fatto non in applicazione dei principi della prevenzione integrati con le previsioni di cui al D.M. 2 aprile 1969, art. 9 (Cass. n. 3340/2002 cit.), ma avuto riguardo alla situazione attuale dei fabbricati, così dome delineatasi per effetto della edificazione in aderenza.
In questo senso, però, è stata completamente omessa dalla corte d’appello la verifica di un’attuale situazione di frontalità fra le due facciate, costituente l’essenziale “presupposto per l’operatività del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9” (Cass. n. 4715/2001, cit.).
8. L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale comporta l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, in quanto fondato sulle stesse ragioni, e l’assorbimento degli altri motivi.
Si impone in relazione ai motivi accolti la cassazione della sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà a nuovo esame della causa e liquiderà le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale; accoglie il secondo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale; dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 28 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019