LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23365-2017 proposto da:
ACSI – ASSOCIAZIONE CENTRI SPORTIVI ITALIANI ora ASSOCIAZIONE DI CULTURA SPORT E TEMPO LIBERO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO, 60, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA CAROLI, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO PALTRINIERI;
– ricorrente –
contro
L.G.V., F.G., L.G.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RICCIOTTI NICOLA, 9, presso lo studio dell’avvocato BRUNELLA CAIAZZA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI AUGELLO;
– controricorrente –
contro
UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, SCUOLA ARTI MARZIALI M KENSHIRO ABBE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 461/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 13/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2010 L.G.C. e F.G., dichiarando di agire quali rappresentanti ex art. 320 c.c. del figlio minore L.G.V., convennero dinanzi al Tribunale di Agrigento, sezione di Licata, la “Scuola di Arti Marziali M. Kenshiro Abbe”, l’Associazione Centri Sportivi Italiani – ACSI e la società UGF Assicurazioni s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in Unipol s.p.a.), esponendo che:
-) il proprio figlio L.G.V. il 6.3.2009, durante un allenamento di karate era scivolato, cadendo ed infortunandosi al braccio sinistro;
-) che l’associazione Centri Sportivi Italiani aveva stipulato un’assicurazione contro gli infortuni a beneficio degli atleti tesserati con la Unipol;
-) che tuttavia quest’ultima società aveva versato loro un indennizzo largamente inferiore a quello che sarebbe resistente dato a termini di contratto.
Sulla base di questi fatti gli attori concluse chiedendo la condanna “dei convenuti in solido al pagamento dell’indennizzo” (così il ricorso, pagina 4).
2. Con sentenza 10 novembre 2011 n. 158 il Tribunale di Agrigento, sezione di Licata, dichiarò la responsabilità di tutti i convenuti ai sensi dell’art. 2051 c.c., e li condannò in solido al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 15.540.
3. La sentenza venne appellata dalla sola società assicuratrice.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza 18 marzo 2017 n. 461, accolse il gravame, e rigettò la domanda attorea nei confronti della sola Unipol.
4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla “Associazione Centri Sportivi Italiani ora Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero” (così nell’epigrafe del ricorso), con ricorso fondato su quattro motivi.
Hanno resistito con controricorso L.G.C. e F.G..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Inammissibilità del ricorso.
1.1. I quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto inammissibili per una dirimente pregiudiziale di rito, come si dirà.
Con i propri motivi di ricorso, infatti, l’Associazione ricorrente sostiene che:
-) l’associazione non è responsabile dell’infortunio;
-) l’associazione era la mera contraente della polizza contro gli infortuni a beneficio degli allievi;
-) gli attori non avevano mai invocato la responsabilità aquiliana dell’associazione;
-) l’appello proposto dall’assicuratore avrebbe dovuto giovare anche alla associazione, e di conseguenza la Corte d’appello, accogliendo il ricorso della Unipol, avrebbe dovuto riformare la sentenza di primo grado anche nella parte in cui aveva condannato l’associazione.
1.2. Il ricorso è inammissibile, in primo luogo, per difetto di procura. La procura speciale a ricorrere per cassazione, infatti, è stata conferita all’avvocato Vincenzo Paltrinieri da Antonino Viti, legale rappresentante della “Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero – ACSI”.
Tuttavia nel ricorso non si chiarisce quando ed a quale titolo tale ente sia succeduto nei rapporti di diritto sostanziale e processuale già facenti capo alla “associazione centri sportivi italiani”, che fu parte del giudizio di appello.
Pertanto, a fronte dell’eccezione espressamente sollevata in tal senso dalle parti controricorrenti (la quale impedisce di ritenere non contestata l’avvenuta successione dell’una all’altra associazione) deve concludersi che, allo stato degli atti, la procura speciale risulta conferita da soggetto privo della legitimatio ad processum.
1.3. In ogni caso, e ad abundantiam, il Collegio ritiene doveroso segnalare che tutti e quattro i motivi di ricorso sarebbero stati comunque inammissibili, dal momento che la questione della responsabilità dell’associazione era coperta da giudicato interno.
In primo grado, infatti, l’associazione era rimasta contumace; venne condannata al risarcimento del danno; non propose appello.
A fronte di tale lineare vicenda processuale, apparivano privi di pertinenza gli argomenti svolti nel ricorso.
Infatti, una volta pronunciata dal Tribunale la condanna dell’Associazione, tale condanna si sarebbe dovuta rimuovere con lo strumento dell’appello da parte del soggetto condannato.
L’appello proposto dalla Unipol, per contro, non poteva giovare alla Associazione, per due ragioni:
-) la prima è che la Unipol, per quanto riferito dalla sentenza impugnata, non assicurava la responsabilità civile dell’Associazione, ma gli infortuni degli allievi; essa era dunque legata all’infortunato da un rapporto obbligatorio contrattuale, ex art. 1891 c.c., ovviamente ben diverso da qualunque tipo di rapporto gli attori avessero invocato nei confronti dell’Associazione in primo grado (nè, del resto, il ricorso riferisce che tipo di pretesa avanzarono gli attori, in primo grado, nei confronti dell’Associazione);
-) la seconda è che l’appello proposto dalla Unipol si fondava sulla delimitazione del rischio contrattualmente pattuito, ed era teso a dimostrare che l’entità dell’infortunio patito dal giovane atleta, a termini di contratto, non dava luogo ad alcun indennizzo. Quell’appello, pertanto, non investiva nè direttamente, nè indirettamente, la statuizione concernente la responsabilità dell’Associazione.
2. Le spese.
2.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.
2.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).
P.Q.M.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna Associazione di cultura sport e tempo libero – ACSI alla rifusione in favore di L.G.C. e F.G., in solido, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.300, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;
(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Associazione di cultura sport e tempo libero – ACSI di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 12 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019