LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27784-2017 proposto da:
S.G., S.M., M.M.M., elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato PASQUALE COTICELLI;
– ricorrenti –
contro
GENERALI ITALIA S.P.A., in persona del suo procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAVALIER D’ARPINO 31, presso lo studio dell’avvocato ENRICA FERRARI, rappresentata e difesa dall’avvocato RENATO MAGALDI;
– controricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3716/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO FRANCESCO MARIA.
FATTI DI CAUSA
1. S.G. e M.M.M., in proprio e nella qualità di genitori della figlia minore S.M., convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, il Ministero dell’istruzione e la Generali Italia s.p.a., chiedendo che fossero condannati al risarcimento dei danni sofferti dalla propria figlia la quale, durante una pausa scolastica, era stata colpita da un calcio in faccia ad opera di un compagno disabile.
Si costituirono in giudizio i convenuti chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda e condannò gli attori al pagamento delle spese di c.t.u.
2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori soccombenti e da S.M., nel frattempo divenuta maggiorenne, e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 14 settembre 2017, ha rigettato l’appello, condannando gli appellanti alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
Ha osservato la Corte territoriale, dichiarando di condividere e fare propria la motivazione resa dal Tribunale, che nel caso in esame era emersa, alla luce dell’espletata c.t.u., l’assenza di danni meritevoli di risarcimento, posto che S.M. era risultata affetta soltanto da una “mala occlusione dell’articolazione temporo-mandibolare riconducibile, tuttavia, ad un difetto di tipo costituzionale su base congenita ed evolutiva”. D’altra parte, ha aggiunto la Corte napoletana, il quadro probatorio era anche “più incerto” in quanto, mentre la vittima aveva individuato nel lato destro del volto, in sede di redazione dei primi referti, la parte colpita dal trauma, in sede di espletamento della c.t.u. la medesima aveva fatto riferimento al lato sinistro. Tale situazione di “incertezza probatoria”, già rilevata dal primo giudice, rendeva condivisibile la decisione di rigetto della domanda, anche in relazione al presunto danno patrimoniale subito iure proprio dai genitori. 3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorrono S.G., M.M.M. e S.M. con unico atto affidato a sei motivi.
Resiste la Generali Italia s.p.a. con controricorso.
Il Ministero dell’istruzione ha depositato atto di costituzione a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e i ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo, sostenendo che la sentenza non avrebbe considerato il danno patito dalla minore in conseguenza del trauma contusivo allo zigomo destro.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine alla richiesta di condanna al risarcimento del danno biologico.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,2056 e 2059 c.c., motivo condizionato al mancato accoglimento dei primi due.
4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sostenendo che la sentenza avrebbe erroneamente escluso l’esistenza di un danno risarcibile.
5. I primi quattro motivi, da trattare congiuntamente data l’evidente connessione, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.
La Corte d’appello, con un accertamento in fatto non più rivisitabile in questa sede, dopo aver riconosciuto l’esistenza del fatto storico così come indicato dagli attori, ha ritenuto tuttavia che nessun danno risarcibile fosse effettivamente derivato a S.M. in conseguenza del calcio subito e ne ha illustrato le ragioni con la motivazione in precedenza sunteggiata.
E’ evidente, quindi, che la sentenza, escludendo l’esistenza di un danno risarcibile, ha valutato le prove a disposizione nella loro complessità, per cui il fatto che in essa non vi sia un preciso richiamo alla contusione allo zigomo destro non equivale a dire che tale punto non sia stato preso realmente in considerazione. La lettura della motivazione della sentenza impugnata nella sua globalità dimostra, infatti, che il profilo del danno contusivo allo zigomo destro – la cui omissione, in astratto, poteva avere un’importanza di grande rilievo – non ha avuto in realtà una rilevanza decisiva, perchè la domanda è stata rigettata anche in considerazione dell’incertezza sul lato del volto effettivamente colpito, e cioè per altre e non contestate considerazioni.
6. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullità della sentenza per motivazione inesistente in ordine al risarcimento del danno patito iure proprio dai genitori per spese mediche, di viaggio e di cura della propria figlia.
6.1. Il motivo, che in astratto potrebbe avere un qualche fondamento, è tuttavia da respingere.
La sentenza, come si è detto, ha tratto dall’inesistenza di un danno risarcibile in capo alla figlia l’automatica conseguenza dell’esclusione di un danno patrimoniale in capo ai genitori, ma tale motivazione non è l’unica che ha condotto al rigetto, posto che la Corte d’appello, come si è detto, ha fatto discendere dall’incertezza del quadro probatorio complessivo il rigetto anche di questa domanda di risarcimento.
Nè può essere taciuto che il motivo è del tutto generico, perchè si limita a lamentare l’esistenza di simile danno ma nulla dice in ordine al suo contenuto concreto, nè specifica se e dove tale indicazione sia stata fatta al giudice di merito.
7. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo e omessa pronuncia in ordine alle censure mosse alla consulenza d’ufficio.
7.1. Il motivo è inammissibile, in quanto torna a porre all’esame della Corte la questione della riferibilità al sinistro della patologia di mala occlusione mandibolare, ma non considera che la sentenza, con un accertamento di merito non modificabile in questa sede, ha concluso nel senso che quella patologia era da ricondurre ad un difetto costituzionale di natura congenita.
8. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55; tali spese, peraltro, sono riconosciute solo nei confronti della società di assicurazione, perchè il Ministero dell’istruzione si è limitato al deposito dell’atto di costituzione, senza svolgimento effettivo di attività difensiva.
Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 12 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019