LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29498-2018 proposto da:
S.S., elettivamente domiciliato in Campobasso presso l’avv. CERIO ENNIO, dal quale è rappresentato e difeso, con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 31/08/2018:
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore, Dott. CAIAZZO ROSARIO.
RILEVATO
Che:
S.S., cittadino del Bangladesh, impugnò il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale che gli aveva negato la protezione sussidiaria e quella umanitaria, con ricorso che fu respinto dal Tribunale di Campobasso con decreto del 31.8.18, a tenore del quale erano da escludere i presupposti del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria in quanto: il racconto reso dal ricorrente era incoerente e non credibile, relativo peraltro a fatti risalenti nel tempo; tenuto conto dell’attuale situazione socio-politica del Bangladesh, come desumibile dall’ultimo rapporto di Amnesty International, non si ravvisava il pericolo che il ricorrente, in caso di rimpatrio, potesse essere esposto al rischio di subire un danno grave alla persona, nell’ambito delle fattispecie legali contemplate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; non era riconoscibile la protezione umanitaria, in quanto il ricorrente non aveva allegato situazioni di particolare vulnerabilità, nè aveva dimostrato stati patologici o di essere positivamente inserito nella società italiana.
S.S. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Non si è costituito il Ministero.
Il Consigliere relatore ha formulato la proposta ex art. 380-bis, c.p.c.; il ricorrente non ha depositato memoria.
RITENUTO
Che:
Con il primo motivo è denunziata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, in quanto il ricorrente si duole che il Tribunale non abbia attivato i poteri istruttori d’ufficio per verificare la credibilità delle sue dichiarazioni, ovvero per accertare la situazione socio-politica-economica del Bangladesh, quale Paese di provenienza.
Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione alla circolare n. 3716/15 e al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, non avendo il Tribunale riconosciuto la protezione umanitaria attesa “la temporanea impossibilità di rimpatrio a causa dell’insicurezza del Paese o della zona di origine”, non riconducibile alle previsioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.
Il primo motivo è manifestamente inammissibile avendo il Tribunale fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di riconoscimento della protezione sussidiaria, una volta che le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori. Tale deduzione non riguarda soltanto le domande formulate ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) del predetto decreto, ma anche quelle formulate ai sensi dell’art. 14, lett. c), poichè la valutazione di coerenza, plausibilità e generale attendibilità della narrazione riguarda “tutti gli aspetti significativi della domanda” (art. 3, comma 1) e si riferisce a tutti i profili di gravità del danno dai quali dipende il riconoscimento della protezione sussidiaria (Cass., n. 4892/19; n. 16925/18).
Al riguardo, occorre richiamare anche la consolidata giurisprudenza di questa Corte a tenore della quale, in tema di protezione internazionale, l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, ma la prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda. Ne consegue che in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) deve essere allegata quantomeno l’esistenza di un conflitto armato o di violenza indiscriminata così come descritti dalla norma (Cass., n. 3016/19; n. 27336/18).
Pertanto, la doglianza afferente all’erronea applicazione dei parametri normativì in ordine al giudizio di credibilità del ricorrente, ovvero al mancato espletamento dei poteri istruttori ufficiosi, è inammissibile data la riscontrata inattendibilità del racconto reso dal ricorrente e la mancata allegazione di fatti specifici integranti le invocate forme di protezione.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile, in quanto il ricorrente non ha allegato specifiche situazioni integranti i presupposti della protezione umanitaria, invocando genericamente un’asserita impossibilità temporanea di rimpatrio.
Nulla per le spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Aì sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma l-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del dello stesso art. 13, comma l-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019