LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. D’OVIDIO Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorso 902-2016 proposto da:
C.V.P., elettivamente domiciliata in ROMA VIA ALESSANDRIA, 88, presso lo studio dell’avvocato DI COLA ALESSIA, rappresentata e difesa dall’avvocato GRETI’ GIOVANNI;
– ricorrente –
contro
COMUNE LECCE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 821/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di LECCE, depositata il 05/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2319 dal Consigliere Dott. D’OVIDIO PAOLA.
RILEVATO
Che:
1. C.V.P. e C.R., con separati ricorsi proposti dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Lecce, impugnavano n. 5 avvisi d’accertamento e liquidazione loro notificati dal Comune di Lecce, relativi al pagamento dell’ICI per gli anni 2004-2008, su due fabbricati ed un terreno di proprietà delle contribuenti, eccependo molteplici profili di illegittimità degli atti impugnati.
Resisteva il Comune di Lecce, contestando tutte le avverse eccezioni e chiedendo la conferma degli atti impugnati.
2. Con le sentenze nn. 195/05/2012 e 196/05/2012 la CTP adita rigettava tutte le eccezioni delle ricorrenti, accogliendo solo la richiesta di riduzione delle sanzioni per infedele dichiarazione.
3. Avverso tali sentenze proponevano separati appelli le contribuenti riproponendo le questioni già sollevate in prime cure, in particolare con riferimento all’errata individuazione dell’area da tassare, all’eccessivo valore attribuito al metro quadro ed alla mancata esenzione dei fabbricati inagibili.
4. La Commissione tributaria regionale di Bari, sezione distaccata di Lecce, con le sentenze n. 821 e n. 822, depositate il 5/4/2016 e non notificate, rigettava entrambi gli appelli, compensando le spese di lite.
5. Avverso tali sentenze le signore C. proponevano ricorso cumulativo per cassazione, affidato a tre motivi di censura.
Il Comune di Lecce non depositava difese nel presente giudizio di legittimità.
CONSIDERATO
Che:
1. Preliminarmente deve essere rilevata l’inammissibilità del ricorso per un duplice ordine di ragioni.
1.1. Osserva in primo luogo la Corte che il ricorso è inammissibile in quanto cumulativamente proposto avverso due distinte sentenze emesse tra parti parzialmente diverse, ancorchè aventi ad oggetto identiche questioni di diritto: in particolare, la sentenza n. 821/2016 è stata emessa tra C.V.P. ed il Comune di Lecce, mentre la sentenza n. 822/2016 è stata emessa tra C.R. ed il medesimo Comune, pur essendo entrambe le controversie riferite agli stessi periodi e relative ai medesimi beni ed essendo stato il ricorso di legittimità congiuntamente proposto da entrambe le contribuenti.
Questo collegio, invero, ritiene di dare continuità al principio, già affermato dalla Corte di legittimità, secondo cui in materia tributaria è ammissibile – fermi restando gli eventuali obblighi tributari del ricorrente, in relazione al numero dei provvedimenti impugnati – il ricorso cumulativo avverso più sentenze quando siano state emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima “ratio”, in procedimenti formalmente distinti ma attinenti al medesimo rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità, ove i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause, in ipotesi suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta (Cass., SU, 16/02/2009, n. 3692, Rv. 606681 – 01; Cass., sez. 5, 22/02/2017, n. 4595, Rv. 643108 -01).
Il ricorso cumulativo, dunque, deve ritenersi ammissibile solo ove i diversi procedimenti, oltre a dipendere interamente dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause, si svolgano tra le stesse parti ed attengano al medesimo rapporto giuridico di imposta, situazione processuale non ravvisabile nella fattispecie in esame, nella quale le due cause sono state introdotte da contribuenti diversi.
1.2. Sotto altro profilo, rileva inoltre la Corte che il ricorso è inammissibile in quanto contiene una esposizione dei fatti processuali totalmente carente, da cui non si evincono, o si evincono solo frammentariamente, le ragioni poste a fondamento dell’impugnazione in primo grado (non è stato neppure specificato quale atto impositivo sarebbe stato impugnato), nè le eventuali difese svolte dalla controparte (non essendo stato neppure precisato se quest’ultima si sia costituita nei vari gradi), nè i motivi di appello e neppure le motivazioni delle sentenze sia di primo grado che di secondo grado.
Inoltre, nell’illustrazione dei motivi non sono specificamente e integralmente riportate le parti della sentenza impugnata che si ritengono di censurare.
In tale situazione il ricorso deve ritenersi inammissibile in applicazione del principio secondo cui “nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica pertinenza e fondatezza delle censure proposte”. (Cass., sez. 2, 24/04/2018, n. 10072, Rv. 648165 – 01), nonchè del principio in forza del quale “per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve contenere la chiara esposizione dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le posizioni processuali delle parti con l’indicazione degli atti con cui sono stati formulati “causa petendi” e “petitum”, nonchè degli argomenti dei giudici dei singoli gradi, non potendo tutto questo ricavarsi da una faticosa o complessa opera di distillazione del successivo coacervo espositivo dei singoli motivi, perchè tanto equivarrebbe a devolvere alla S.C. un’attività di estrapolazione della materia del contendere, che e riservata invece al ricorrente. Il requisito non è adempiuto, pertanto, laddove i motivi di censura si articolino in un’inestricabile commistione di elementi di fatto, riscontri di risultanze istruttorie, riproduzione di atti e documenti incorporati nel ricorso, argomentazioni delle parti e frammenti di motivazione della sentenza di primo grado”. (Cass., sez. 6-3, 28/05/2018, n. 13312, Rv. 648924 – 01) Peraltro, giova ricordare che “i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, c.p.c., nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente, specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio” (Cass., sez. 5, 13/11/2018, n. 29093, Rv. 651277 – 01).
2. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione nel presente giudizio di legittimità del Comune intimato.
Poichè il presente ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, dalla 5 sezione civile della Corte di Cassazione, il 7 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019