LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11259-2018 proposto da:
D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato FABIO ARIGONI, rappresentato e difeso dall’avvocato REMIGIO SICILIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VITERBO, depositata il 04/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO ORICCHIO.
RILEVATO
che:
è stata impugnata da D.M. l’ordinanza del Tribunale di Viterbo del 4 marzo 2018 (R.G. 103/2016) con la quale veniva dichiarato il difetto di legittimazione attiva dell’odierno.
Parte ricorrente pone a fondamento del suo atto un motivo. Resistite con controricorso il Ministero intimato.
Deve, per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogarsi, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
La gravata decisione del Tribunale viterbese costituisce l’epilogo di una lunga serie, di cui in atti, di procedimenti e provvedimenti vari, tutti sorti e generati da una istanza di ammissione a gratuito patrocinio in favore dell’odierno ricorrente.
Col provvedimento oggi gravato veniva dichiarato il suddetto difetto di legittimazione attiva.
CONSIDERATO
che:
1. – Col motivo del ricorso si censura – secondo testuale rubrica in ricorso – il preteso “vizio di violazione ed erronea applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 86, 88 e 95 in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170 e in relazione agli artt. 81 e 100 c.p.c.”.
1.1 – L’impugnato provvedimento, decidendo in modo conforme a Cass. n. 1539/2015, ha ritenuto il predetto difetto di legittimazione del D..
Tanto in quanto in tema di patrocinio a spese dello Stato “legittimato a proporre opposizione è esclusivamente il difensore, quale unico titolare del diritto al compenso nei confronti dello Stato e non anche il patrocinato”.
Orbene nella concreta fattispecie in esame si verteva proprio in tema di opposizione a precedente decreto di liquidazione “in favore dell’Avv. Sicilia dei compensi maturati per la sua attività di difesa”.
Il provvedimento gravato ha, quindi, deciso facendo applicazione di principio ermeneutico, in relazione al quale parte ricorrente non allega, nè adduce argomenti idonei al fine di veder non confermato e mutato il provvedimento gravato e l’orientamento giurisprudenziale.
Nulla viene decisivamente addotto dalla parte ricorrente al fine di confutare, in punto di diritto, l’esattezza della decisione gravata.
Va, al riguardo, evidenziato che il ricorrente, in particolare, sostiene che il Giudice di merito sarebbe incorso in un errore materiale nell’individuare la causa a cui riferire la liquidazione in favore del difensore e che avrebbe respinto l’istanza di correzione di errore.
Orbene tale circostanze non giustificano la iniziativa cautelativa dell’odierno ricorrente, che comunque rimane estraneo alla liquidazione del compenso in favore del difensore istante.
Al riguardo va ribadito il principio per cui “in materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, giusto il disposto di cui alla art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena di inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni di diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse” (Cass. n. 1317/2004).
Tanto con la conseguenza che spetta alla parte ricorrente l’onere (nella fattispecie non adempiuto) di svolgere “specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perchè determinate affermazioni contenute nella sentenza gravata siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità” (Cass. n. 635/2015).
Il motivo è, quindi, inammissibile al pari del ricorso.
2. – Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.
3. – Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrenti, in solido, al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 500,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019
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