Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26284 del 16/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8387-2018 proposto da:

F. IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 29, presso lo studio dell’avvocato MARINA MILLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO CANILLI;

– ricorrente –

***** SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANLIO GELSOMINI 4, presso lo studio dell’avvocato CARLO ALBERTO TROILI MOLOSSI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO BENETTON;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto n. R.G. 2757/2017 del TRIBUNALE di TREVISO, depositato l’08/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTO E DIRITTO

1.- La s.r.l. F. Immobiliare ha chiesto di essere ammessa al passivo fallimentare della s.r.l. *****. Ha titolato la propria richiesta in un credito d’indennità derivante dall’occupazione di un immobile di sua proprietà da parte della procedura, con aggiunto rimborso delle relative spese di gestione.

Il giudice delegato ha negato ingresso alla richiesta, rilevando in particolare: “circa le spese condominiali, di custodia e di vigilanza, non c’è alcun titolo da cui dedurre la correttezza del calcolo (l’importo è stato effettuato forfetariamente in base a un prospetto allegato senza documentare l’ammontare complessivo da cui sarebbe stato ricavato). Circa l’indennità di occupazione, la curatela oppone un controcredito della massa in relazione all’utilizzo dei mobili e delle attrezzature apprese all’atto concorsuale, che rende allo stato incerta la quantificazione del credito”.

La F. Immobiliare ha proposto opposizione L. Fall., ex art. 98, avanti al Tribunale di Treviso.

2.- Con decreto depositato in data 8 febbraio 2018, il Tribunale ha respinto l’opposizione così proposta.

La pronuncia ha rilevato, in particolare, che l’immobile di proprietà della F. Immobiliare è stato pignorato poco tempo dopo la dichiarazione di fallimento della ***** (da subito occupando la procedura l’immobile); che per il periodo successivo al pignoramento i frutti dell’immobile sono di spettanza del creditore pignorante e non del proprietario esecutato (aggiungendo pure che eventuali spese effettivamente sostenute da quest’ultimo per la conservazione del bene potranno essere rimborsate, ove autorizzate dal giudice dell’esecuzione, nel contesto della procedura esecutiva), con la conseguenza che il “proprietario esecutato non è più legittimato ad agire in nome proprio”; che per il periodo precedente al pignoramento (ma successivo al fallimento della *****) va riconosciuta un’indennità in relazione alle parti dell’immobile effettivamente occupate dalla Procedura; che, nella specie, il credito, che così ne viene a risultare, deve essere compensato con il maggior credito vantato dal Fallimento per l’utilizzo di determinati arredi da parte dell’Immobiliare.

3.- Avverso tale pronuncia la s.r.l. F. Immobiliare ricorre per cassazione, articolando tre motivi al proposito.

Resiste il Fallimento con controricorso, pure proponendo ricorso incidentale condizionato.

4.- Il primo motivo del ricorso principale predica violazione della norma dell’art. 559 c.p.c..

Ad avviso del ricorrente, la motivazione svolta dal Tribunale in punto di spettanza dei frutti dell’immobile pignorato è errata, perchè si fonda su un’errata interpretazione della norma dell’art. 559 c.p.c.: questa – si afferma – attribuisce al custode, “non già direttamente al creditore procedente”, tutti i poteri inerenti alla gestione e conservazione del bene, ivi compreso quello di incassare i frutti.

5.- Il motivo non merita di essere accolto.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, avvenuto il pignoramento di un immobile, già in locazione, il “proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni, sia ad accettarli, spettando tale legittimazione al custode” (Cass., 28 marzo 2018, n. 7748; cfr., altresì, Cass., 29 aprile 2015, n. 8695).

Non v’è dubbio, per altro verso, che la s.r.l. F. Immobiliare, nel formulare la domanda di ammissione al passivo, abbia agito in veste di proprietario dell’immobile e non in quella di custode. In effetti, il tenore della domanda (come riportata a p. 3 ss. del ricorso) fa univoco riferimento al “credito della ricorrente” s.r.l.

6.- Il secondo motivo del ricorso principale afferma violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’assunta violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c..

Ritiene dunque il ricorrente che il Tribunale, là dove ha rigettato l’opposizione, non ha correttamente individuato la domanda formulata in proposito, perchè ha trascurato che, nelle note conclusive, era stata precisata la domanda inizialmente proposta, “quantificando il proprio credito maturato non già sino alla data di effettiva liberazione dell’immobile bensì sino al 10.4.2017” (nel concreto, la somma richiesta inizialmente, pari a Euro 506.104,00 è stata portata a Euro 512.058,40).

7.- Il motivo non può essere accolto.

E’ sufficiente considerare in proposito, richiamando la c.d. regola della ragione più liquida, che il decreto trevigiano ha senz’altro respinto la domanda formulata dalla società opponente perchè priva di titolo giustificativo (“il proprietario esecutato non è legittimato ad agire in nome proprio”), di là da ogni profilo relativo alla effettiva quantificazione della stessa.

8.- Il terzo motivo del ricorso principale assume la violazione della norma dell’art. 116 c.p.c..

Secondo il ricorrente, il Tribunale ha violato l’indicata disposizione normativa (nonchè quella dell’art. 132 c.p.c.), “là dove ha posto a fondamento della propria decisione la deposizione testimoniale di un solo teste assunto, omettendo qualsivoglia motivazione circa la mancata valutazione delle testimonianze rese dagli ulteriori quattro testimoni escussi”.

9.- Il motivo non merita accoglimento.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, “in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero, disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (Cass., 17 gennaio 2019, n. 1229). Per il puntuale rilievo della non sindacabilità dello specifico “peso probatorio” delle testimonianze assunte si veda poi Cass., 10 giugno 2014, n. 13054.

10.- Il ricorso principale va dunque rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

11.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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