Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26340 del 17/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4795-2018 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato ANDREA GRAZIANI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

STATO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4524/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO PORRECA.

CONSIDERATO

che:

D.A. conveniva in giudizio lo Stato italiano e per esso la Presidenza del consiglio dei ministri esponendo che, quale laureato in medicina, aveva seguito un corso di specializzazione in chirurgia dell’apparato digerente ed endoscopia digestiva della durata di cinque anni tra gli anni accademici 1987-1988 e 1991-1992, quando erano state già emanate le Dir. dell’Unione Europea nn. 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE, quest’ultima trasposta solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, sicchè aveva diritto al risarcimento per mancata percezione dell’adeguata remunerazione imposta dalla legislazione sovranazionale recepita tardivamente;

il tribunale, nella contumacia dell’amministrazione, accoglieva la domanda parametrando la misura del dovuto al D.Lgs. n. 257 del 1991;

la corte di appello, pronunciando sul gravame della Presidenza del consiglio dei ministri, lo accoglieva quantificando e dunque riducendo le spettanze in base alla L. 18 ottobre 1999, n. 370;

avverso questa decisione ricorre per cassazione D.A. articolando quattro motivi;

resiste con controricorso la Presidenza del consiglio dei ministri.

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 345, c.p.c., poichè la corte di appello avrebbe errato accogliendo una domanda, quale quella di riduzione della remunerazione, che era nuova come tale inammissibile in seconde cure per chi era rimasto contumace in primo grado, e tale avrebbe dovuto ritenersi anche se qualificata come eccezione in quanto non rilevabile d’ufficio;

con il secondo motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112, c.p.c., poichè la corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione, dell’appellato deducente, d’inammissibilità del gravame proposto dall’amministrazione, in quanto fondato su domanda ovvero eccezione in senso stretto, nuova e quindi preclusa;

con il terzo motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., poichè la corte di appello avrebbe errato: pronunciando come detto sul gravame dell’amministrazione anche se fossero state, quelle così dedotte, mere difese, poichè la Presidenza del consiglio era in quella sede appellante e non appellata; e, inoltre, affermando che non era dovuta la rivalutazione monetaria, senza che sul punto vi fosse neppure domanda;

con il quarto motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., poichè la corte di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame di merito e pertanto regolare le spese secondo un’opposta soccombenza.

Rilevato che:

i primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono manifestamente infondati, con assorbimento del quarto;

per chiarezza va premesso che la corte di appello ha deciso correttamente a mente della giurisprudenza di questa Corte con cui è stato chiarito che in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie nn. 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore, con l’aestimatio” del danno effettuata dalla L. n. 370 del 1999, art. 11, abbia proceduto a un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo valevole anche nei confronti di coloro non ricompresi nel citato art. 11, a cui non può applicarsi il D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, in quanto tale decreto, nel trasporre nell’ordinamento interno le direttive in questione, ha regolato le situazioni future con la previsione, a partire dall’anno accademico 1991-1992, di condizioni di frequenza dei corsi diverse e più impegnative rispetto a quelle del periodo precedente (Cass., Sez. U., 27/11/2018, n. 30649);

con la suddetta monetizzazione l’obbligazione è divenuta di valuta, con conseguente esclusione della spettanza della rivalutazione (Cass., 06/11/2014, n. 23635, Cass., 17/01/2019, n. 1059);

ciò posto, è del tutto evidente che, così quantificando la spettanza in parola, la corte di appello ha semplicemente accolto la domanda, ancora “sub iudice” per l’appello dell’amministrazione, nella misura corrispondente alla sua fondatezza, restando, pertanto, nel perimetro dei rilievi effettuabili d’ufficio, senza che possa ipotizzarsi, di conseguenza, alcuna domanda o eccezione nuova, e senza che fosse necessaria alcuna deduzione una volta devoluto il contendere con l’appello;

per la stessa ragione ciò che è sempre deducibile con mera difesa, è appunto rilevabile d’ufficio;

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali della resistente liquidate in Euro 2.100, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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