Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26348 del 17/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso iscritto al n. 22679/2018 R.G. proposto da:

B.G., rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Simeone, con domicilio eletto in Roma, alla Via Salvini n. 2/A, presso lo studio dell’avv. Luigi Pedretti.

– ricorrente –

contro

*****, in persona dell’amministratore p.t..

– intimato –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Taranto depositata in data 4.5.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 23.5.2019 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Taranto ha respinto il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. proposto da B.G. avverso l’ordinanza con cui il giudice monocratico aveva dichiarato inammissibile la domanda di accertamento tecnico preventivo volta alla ricognizione dei danni provocati alla proprietà del ricorrente dall’esecuzione di taluni lavori all’edificio condominiale.

Il giudice di merito ha ritenuto carente il presupposto dell’urgenza sostenendo che, dato il tempo trascorso, il reclamante aveva ampia possibilità di ottenere il riconoscimento delle proprie ragioni in via ordinaria e che l’imminente vendita all’asta dell’immobile non impediva di far verificare lo stato dei luoghi nel corso del successivo giudizio di merito.

Ha infine posto le spese del giudizio a carico del reclamante.

La cassazione dell’ordinanza è chiesta da B.G. sulla base di cinque motivi di ricorso.

L’intimato Condominio non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 91 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver il provvedimento omesso di pronunciare sulla richiesta del ricorrente di conferire al consulente il compito di espletare il tentativo di conciliazione delle parti.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 696 bis c.p.c., sostenendo che l’accertamento tecnico aveva finalità conciliative per cui non era necessario il requisito dell’urgenza di provvedere.

Il terzo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91,92 e 696 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver il tribunale rigettato la richiesta di accertamento tecnico preventivo per carenza del presupposto dell’urgenza, benchè, in siffatti casi, non sia richiesta l’immediata conoscenza del danno ad opera dell’interessato e non sia imposto alcun limite temporale per la proposizione della domanda che, comunque, essendo imminente la vendita all’asta dell’immobile, doveva essere accolta.

Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 134 c.p.c., in relazione all’art. 91 e 92 c.p.c., sostenendo che il provvedimento, con motivazione meramente apparente, abbia erroneamente sostenuto che il ricorrente avrebbe avuto modo di far verificare lo stato dei luoghi nel corso di un successivo giudizio di merito, mentre l’ormai imminente vendita dell’immobile avrebbe certamente impedito la ricognizione dello stato dei luoghi.

Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che, essendo il reclamo meritevole di accoglimento, il B. non poteva essere condannato al pagamento delle spese processuali.

2. Il ricorso è inammissibile.

Occorre premettere che il provvedimento non è stato adottato a conclusione di un procedimento di istruzione con finalità conciliative (art. 696 bis c.p.c.), come sembra sostenere il ricorrente, ma ai sensi dell’art. 696 c.p.c., come è dato evincere dall’esame della pronuncia. Posta tale premessa, giova considerare che il procedimento ex art. 696 c.p.c. “fa parte della tutela cautelare, della quale condivide la ratio ispiratrice, che è quella di evitare che la durata del processo si risolva in un pregiudizio della parte che dovrebbe veder riconosciute le proprie ragioni (cfr., testualmente Corte Cost. 144/2008), per cui, a seguito della pronuncia di parziale illegittimità costituzionale degli artt. 695 e 669 quaterdecies c.p.c., il relativo provvedimento è reclamabile ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. (cfr. Corte Cost. 144/2008).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il procedimento ex art. 696 c.p.c. si conclude con il deposito della relazione di consulenza tecnica, cui segue la liquidazione del compenso al consulente nominato dal giudice, senza alcuna possibilità di regolare le spese processuali, non ricorrendo i presupposti richiesti dagli artt. 91 e 92 c.p.c..

Più in particolare, se il provvedimento di accoglimento della domanda contenga la pronuncia sulle spese, la relativa statuizione ha natura decisoria e definitiva ed è ricorribile in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. in mancanza di altro mezzo di impugnazione (Cass. 21756/2015; Cass. 21888/2004; Cass.1690/2000; Cass. 4276/1979; cfr., in senso parzialmente contrario, Cass. 26573/2018 in tema di procedimento ex art. 696 bis c.p.c., secondo cui, anche in caso di accoglimento del ricorso, l’eventuale pronuncia sulle spese non è impugnabile con il ricorso straordinario).

Rispetto al provvedimento di rigetto dell’istanza, alla pronuncia di inammissibilità o di incompetenza è invece configurabile la soccombenza del ricorrente e – quindi – il provvedimento deve contenere la pronuncia sulle spese (cfr., in tal senso, già Cass. 2896/1997 e Cass. 2835/1987).

Difatti, l’art. 669 quaterdecies c.p.c., comma 2, richiama espressamente, per i procedimenti di istruzione preventiva, l’intera disposizione dell’art. 669 septies c.p.c., il quale, a sua volta, prevede che, in caso di dichiarazione di incompetenza o di rigetto dell’istanza, il giudice deve provvedere alla liquidazione delle spese processuali, mentre solo in caso di accoglimento della richiesta, le spese vanno liquidate nel giudizio di merito in base all’esito della lite (cfr., da ultimo, Cass. 26573/2018).

Nello specifico il Collegio, avendo confermato il provvedimento negativo adottato ante causam dal giudice monocratico, era tenuto a pronunciare sulle spese del reclamo (in applicazione dell’art. 669 septies c.p.c., comma 2), mentre, data l’evidenziata natura cautelare del procedimento, una tale statuizione non era ricorribile ai sensi dell’art. 111 Cost., poichè l’ordinanza di rigetto del reclamo, anche ove contenga la pronuncia sulle spese, è comunque inidonea a divenire cosa giudicata, conservando i caratteri della provvisorietà e non decisorietà.

Per effetto delle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009, art. 50, comma 1, e della soppressione del giudizio di opposizione previsto dall’originaria formulazione dell’art. 669 septies c.p.c., comma 3, la contestazione delle spese – ove il soccombente abbia agito “ante causam” e non intenda iniziare il giudizio di merito – va effettuata in sede di opposizione al precetto o di opposizione all’esecuzione, se iniziata, ossia in un autonomo giudizio a cognizione piena in cui la condanna alle spese può essere ridiscussa senza limiti, come se l’ordinanza sul reclamo costituisse, in parte qua, un titolo esecutivo stragiudiziale; qualora, invece, il giudizio di merito sia instaurato, resta, comunque, impregiudicato il potere del giudice di rivalutare, la pronuncia sulle spese adottata nella fase cautelare, in conseguenza della strumentalità, mantenuta dalla L. n. 80 del 2005, tra tutela cautelare e merito (Cass. 6180/2019; Cass. 16259/2017; Cass. 11800/2012).

Il ricorso è quindi respinto.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto difese.

Si dà atto che non sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dato che il ricorrente è stato ammesso al gratuito patrocinio.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto che non sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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