Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26502 del 17/10/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8664 – 2018 R.G. proposto da:

MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. 80184430587 – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.

RICORRENTE

contro

R.G. – c.f. ***** – rappresentato e difeso disgiuntamente e congiuntamente in virtù di procura speciale in calce al controricorso dall’avvocato Leonardo Cocco e dall’avvocato Antonio Cocco ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Gramsci, n. 22, presso lo studio dell’avvocato Francesco Picone.

CONTRORICORRENTE avverso il decreto n. 9265/2017 della corte d’appello di Roma, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO Con ricorso ex lege n. 89 del 2001, alla corte d’appello di Roma depositato in data 15.11.2011 R.G. si doleva per l’eccessiva durata del giudizio intrapreso nei confronti di D.F.R., con atto di citazione notificato nell’ottobre del 1991, innanzi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere e definito con sentenza di questa Corte di legittimità del 2011.

Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli un equo indennizzo.

Resisteva il Ministero della Giustizia.

Con decreto n. 9265/2017 la corte d’appello di Roma accoglieva il ricorso e, determinata in undici anni la durata “irragionevole” del giudizio “presupposto”, condannava il Ministero a corrispondere al ricorrente la somma di Euro 10.250,00 a titolo di equo indennizzo, con gli interessi legali dal di della domanda e con vittoria delle spese di lite, distratte in favore del difensore anticipatario.

Avverso tale decreto ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

R.G. ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese da attribuirsi ai difensori anticipatari.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4.

Deduce che ha errato la corte di merito allorchè ha reputato applicabile la sospensione feriale dei termini al termine semestrale di decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4; che invero il termine di cui all’art. 4 cit. ha natura sostanziale e non già processuale.

Deduce quindi che l’avverso iniziale ricorso per “equa riparazione” è stato proposto allorchè il termine di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, a far data dal di in cui la decisione che ha concluso il giudizio “presupposto” è divenuta definitiva, era già decorso.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4.

Deduce che l’erronea assimilazione del termine di decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, ai termini processuali importa inevitabilmente la necessità del ricorso alla procedura alternativa di mediazione, “con relativo superamento dell’esclusività del ricorso al rimedio giurisdizionale” (così ricorso, pag. 18).

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4.

Deduce che riconoscere natura processuale al termine di decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, rende in taluni casi inapplicabile la sospensione feriale dei termini al termine “lungo” semestrale per l’impugnazione.

I motivi di ricorso sono strettamente connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; i medesimi mezzi di impugnazione in ogni caso sono destituiti di fondamento.

E’ sufficiente reiterare (con valenza in relazione a tutti e tre i motivi di ricorso) l’insegnamento di questa Corte alla cui stregua, poichè fra i termini per i quali la L. n. 742 del 1969, art. 1, prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo (cfr. Cass. 18.3.2016, n. 5423; Cass. 11.3.2009, n. 5895; Cass. (ord.) 6.6.2018, n. 14493).

A decorrere dal 31.3.2011, di in cui la decisione conclusiva del giudizio “presupposto” è divenuta definitiva (cfr. al riguardo ricorso, pag. 15), alla data del 15.11.2011, di in cui il ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 3, è stato depositato da R.G., non era dunque giunto a compimento il termine di decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001 cit., art. , comprensivo pur del lasso temporale di 46 giorni, corrispondente (ratione temporis) al periodo di sospensione feriale dei termini.

In dipendenza del rigetto del ricorso il Ministero ricorrente va condannato a rimborsare all’avvocato Leonardo Cocco ed all’avvocato Antonio Cocco, difensori del controricorrente, che hanno dichiarato di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari, le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001, sicchè è inapplicabile il D.P.R. cit., art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915). Tanto a prescindere dall’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 9938 dell’8.5.2014, ove in motivazione si precisa che è “principio generale dell’assetto tributario che lo Stato e le altre Amministrazioni parificate non sono tenute a versare imposte o tasse che gravano sul processo per la evidente ragione che lo Stato verrebbe ad essere al tempo stesso debitore e creditore di se stesso con la conseguenza che l’obbligazione non sorge”.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, Ministero della Giustizia, a rimborsare all’avvocato Leonardo Cocco ed all’avvocato Antonio Cocco, difensori anticipatari del controricorrente, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472