LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24820/2018 proposto da:
S.F., elettivamente domiciliato in Civitanova Marche, via G.
Matteotti n. 146, presso lo studio dell’avv. G. Lufrano, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’Interno, *****, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato il 12/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/07/2019 dal Dott. SOLAINI LUCA.
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Caltanissetta ha respinto il ricorso proposto da S.F. cittadino pakistano, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Contro il decreto del predetto Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale deducendo il vizio di omessa, carente, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio ed in particolare per aver fornito il Tribunale ordinario di Caltanissetta solo una motivazione meramente apparente relativamente alla richiesta di protezione umanitaria, nonchè violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, per non averne accertato la fondatezza mediante il potere-dovere istruttorio spettante al giudice, in particolare, fondando il rigetto della domanda di protezione umanitaria, sulla base di una condizione oggettiva di non pericolo, non tenendo conto delle vulnerabilità che si determinerebbero in caso di rimpatrio forzato.
Il motivo è inammissibile, in quanto la motivazione della sentenza, in riferimento al profilo impugnato, si colloca senz’altro al di sopra del “minimo costituzionale”, ed inoltre, il motivo di censura è generico, perchè il ricorrente non espone quale sia la sua effettiva situazione di vulnerabilità che non sarebbe stata esaminata dai giudici del merito, nèpur discorrendo in maniera teorica ed astratta di salute, deduce di essere soggetto ad una qualche malattia.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019