LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20707-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. ***** e per AGENZIA DELLE ENTRATE –
RISCOSSIONE, in persona dei Direttori pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
C.N.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 470/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 19/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE MARIA ENZA.
RITENUTO
che:
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Campania, meglio indicata in epigrafe, che in controversia su impugnazione di varie cartelle di pagamento relative ad eterogenee pretese tributarie per le annualità 1996, 2001, 2004 e 2005, ha rigettato l’appello dell’Ufficio.
In particolare, la CTR ha ritenuto non provato che le cartelle fossero state impugnate e che la CTP avesse dichiarato inammissibile il ricorso, non essendo sufficiente “la produzione di copia dell’interrogazione dei dati di udienza della CTP di Caserta” (r.g.n. 7104/2013, che ha dichiarato inammissibile il ricorso), “non evincendosi in relazione a quali cartelle era stata proposta opposizione”.
C.N. è rimasto intimato.
CONSIDERATO
che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 in quanto nel processo tributario il potere istruttorio configura un potere del giudice il cui mancato assolvimento è illegittimo se non motivato (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7). Nella fattispecie l’atto (decreto presidenziale) indicato nei suoi estremi e non contestato, era in possesso degli uffici.
Il ricorso è infondato.
Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, prevedeva, fino alla sua abrogazione da parte del D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis, comma 5, convertito in L. n. 248 del 2005, la facoltà per la commissione tributaria di ordinare, in qualsiasi momento, il deposito documenti necessari ai fini della decisione.
Questa Corte ha, quindi, affermato che, a seguito dell’abrogazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 3, al giudice di appello non è consentito ordinare il deposito di documenti nella materiale disponibilità di una delle parti che non abbia tempestivamente assolto al proprio onere della prova, non potendosi considerare indispensabili, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, quelle prove che non siano state prodotte in giudizio per inadempienza (Cass., 18 dicembre 2015, n. 25464; Cass., 22 giugno 2018, n. 16528, n. 33506 del 27/12/2018).
Pertanto, il giudice di appello ha solo il potere di ordinare “ex officio” l’esibizione di documenti ai sensi dell’art. 210 c.p.c. (Cass., 11 giugno 2014, n. 13152). Si è rilevato che le “nuove prove” che il giudice di appello può disporre d’ufficio, sono quelle stesse che il giudice di primo grado può ordinare ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, non potendosi ritenere che il giudice di secondo grado abbia poteri istruttori ufficiosi diversi e maggiori rispetto a quelli della Commissione provinciale.
La CTR ha pertanto correttamente ritenuto non provato dall’Ufficio che le stesse cartelle di pagamento, oggetto del presente contenzioso, erano state precedentemente impugnate presso la CTP di Caserta, in quanto il decreto presidenziale (che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ad esse asseritamente riferibile) non conteneva un riferimento agli atti impugnati, non consentendo conseguentemente di verificarne la corrispondenza. Spettava pertanto all’Ufficio appellante, che ne aveva la possibilità, e non alla CTR, attivarsi per produrre la prova certa della riferibilità del decreto presidenziale alle cartelle oggetto di impugnazione.
Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla sulle spese, in mancanza di costituzione dell’intimato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2019