LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18711-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
D.L.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO FALLICA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 999/4/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di SIRACUSA, depositata il 06/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI PRISCOLI LORENZO.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Provinciale di Catania accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso, proposta della L. n. 289 del 2002, ex art. 9, comma 17, relativa al 90% dei tributi IRPEF versati relativamente agli anni d’imposta 1990, 1991, 1992.
La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia accoglieva parzialmente l’appello dell’Agenzia delle entrate con riferimento all’IVA, mentre lo respingeva per quanto riguarda l’IRPEF, ritenendo che la modestia del rimborso richiesto (Euro 3.650) fosse di gran lunga inferiore rispetto a quello limite (Euro 200.000 nel triennio) fissato dal legislatore comunitario ai fini dell’applicabilità della deroga de minimis.
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato ad un unico motivo mentre la parte contribuente resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
con l’unico motivo d’impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. 20 giugno 2017, n. 91, art. 16 octies, convertito in L. 3 agosto 2017, n. 123, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto, a seguito delle modifiche introdotte dal citato D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, qualora l’ammontare delle istanze presentate ecceda le complessive risorse stanziate, i rimborsi sono dimezzati;
ritenuto che il motivo è infondato in quanto, come evidenziato da Cass. 14 marzo 2018, n. 6213 (nello stesso senso Cass. 6 marzo 2018, n. 7498) in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione di limiti quantitativi al procedimento di rimborso da parte di una legge sopravvenuta (nella specie, la L. n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, lett. b, di conv. del D.L. n. 91 del 2017), attuata con provvedimento amministrativo, in quanto la stessa non incide sul titolo del diritto alla ripetizione, che si forma nel relativo processo, ma esclusivamente sull’esecuzione del medesimo;
ritenuto pertanto che il ricorso va respinto e che le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 1.000, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 maggio 2019.
Depositato in cancelleria il 21 ottobre 2019