LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17456-2017 proposto da:
T.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI n. 8, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA LAURA CECCHINI, rappresentato e difeso dall’avvocato CONSUELO FEROCI;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE ANCONA e MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 6/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 03/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/07/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con provvedimento dell’8.5.2015, notificato il 5.6.2015, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona rigettava la domanda del ricorrente, volta all’ottenimento dello status di rifugiato, della protezione cd. sussidiaria o in subordine di quella umanitaria.
Avverso tale provvedimento interponeva opposizione T.Y., che veniva respinta dal Tribunale di Ancona con decisione del 25.3.2016, notificata il 31.3.2016.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 6/2017, la Corte di Appello di Ancona, adita dal T. per l’impugnazione della statuizione di prime cure, rigettava l’impugnazione condannando l’appellante alle spese del grado.
Ambedue le sentenze, di primo e secondo grado, evidenziavano l’insussistenza dei requisiti previsti dalla normativa, tanto per il riconoscimento dello status di rifugiato quanto per la protezione sussidiaria e umanitaria, evidenziando la sostanziale stabilità della situazione nel Paese di origine del richiedente (Senegal), quantomeno relativamente alla zona di origine del richiedente la protezione, e per la scarsa credibilità del racconto di quest’ultimo.
Propone ricorso per la cassazione di tale decisione T.Y. affidandosi ad un unico motivo.
Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di Cassazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, ratificata dall’Italia con L. n. 722 del 1954, della Direttiva 2004/83/CE, attuata in Italia dal D.Lgs. n. 251 del 2007, con particolare riferimento agli artt. 2, 7, 8 e 14 predetto D.Lgs., perchè la Corte di Appello, nell’ambito della valutazione dei presupposti per la concessione della tutela internazionale sussidiaria, avrebbe escluso la sussistenza di un pericolo di violazione dei diritti umani in Senegal, senza tuttavia considerare le fonti qualificate sulla situazione interna del Paese, che evidenziano – al contrario – un contesto di instabilità e pericolo per l’incolumità personale dei cittadini. Inoltre, il ricorrente lamenta che la Corte marchigiana non abbia tenuto in considerazione il fatto che egli era entrato in Italia da minorenne e quindi, in caso di rimpatrio, dovrebbe sostenere un faticoso percorso di reinserimento sociale nella comunità del suo Paese di origine.
Il motivo è fondato.
Dalla sentenza impugnata emerge infatti (cfr. pag. 5) che il ricorrente ha rispettato l’onere di allegazione delle circostanze di fatto astrattamente legittimanti la protezione sussidiaria, (cfr. Cass. Sez. 1 Sentenza n. 3016 del 31/01/2019, Rv. 652422) ma che quanto da lui riferito nell’ambito della narrazione della sua storia personale è stato ritenuto dal giudice di merito generico e non credibile. La valutazione di non credibilità, in particolare, si fonda sul fatto che il T. aveva riferito di essere nato nella città di ***** e di essersi trasferito con la famiglia nel *****, ove era rimasto coinvolto negli scontri armati legati all’attività del movimento separatista *****: secondo la Corte anconitana, non sarebbe comprensibile il motivo per cui la famiglia del T., a seguito del coinvolgimento negli scontri nella zona del *****, non abbia deciso di tornare nella città di origine che, sempre ad avviso della Corte territoriale, non sarebbe interessata da scontri armati.
Questa Corte ha affermato, con le ordinanze n. 13449/2019, n. 13450/2019, n. 13451/2019 e n. 13452/2019, la prima delle quali massimata (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv.653887) il principio per cui il giudice di merito, nel fare riferimento alle cd. fonti privilegiate di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 deve indicare la fonte in concreto utilizzata nonchè il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità dell’informazione predetta rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (sul punto, cfr. anche Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11312 del 26.4.2019, non massimata).
Nel caso di specie, la decisione impugnata non soddisfa i suindicati requisiti, posto che essa non indica le fonti in concreto utilizzare dal giudice di merito nè il contenuto delle notizie sulla condizione del Paese tratte da dette fonti, non consentendo in tal modo alla parte la duplice verifica della provenienza e della pertinenza dell’informazione. In tal senso, non è sufficiente il solo riferimento, contenuto a pag. 8 della sentenza impugnata, a non meglio precisate “fonti consultate”.
Inoltre occorre ribadire che la valutazione di credibilità non può essere condotta senza considerare tutti gli elementi della storia narrata dal ricorrente. Nel caso di specie, la sentenza dà atto (cfr. pag. 4) che il T. aveva riferito che, dopo la morte del padre, si era trasferito con madre e fratello minore presso una zia materna, nella zona del *****, e che dopo un attacco perpetrato dall'***** ai danni dell’atelier della madre, quest’ultima aveva deciso di tornare con il figlio minore nella città di origine ed aveva fornito al figlio maggiore il denaro occorrente per fuggire dal Paese. La Corte territoriale ha ritenuto non comprensibili i motivi dell’assalto perpetrato ai danni del negozio della madre, senza tuttavia tener conto che in un contesto di generale instabilità (quale quello conseguente alla presenza di gruppi armati operanti nella regione) la circostanza fondamentale da valutare non è tanto il motivo dell’assalto, ma l’assalto in sè stesso e l’effetto intimidatorio che da esso deriva. Va infatti ribadito il principio secondo cui, ai fini della prognosi negativa sulla credibilità soggettiva del soggetto richiedente la protezione, non può essere valorizzato soltanto un elemento isolato o una circostanza secondaria (cfr. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 8282 del 04/04/2013, Rv. 625812) ma occorre tener conto della storia nel suo complesso, sì che solo in presenza di evidenti ed insanabili contraddizioni nel narrato, o di palesi indizi di assoluta inverosimiglianza del racconto individuale, il giudice di merito può evitare la valutazione -altrimenti ineludibile – del contesto concreto del Paese di appartenenza o della specifica zona di esso (cfr. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 16925 del 27/06/2018, Rv.649697) ed escludere a priori la concessione della tutela internazionale o umanitaria.
Ne deriva l’accoglimento del ricorso ed il rinvio della causa alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e rinvia la causa alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 12 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019