LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 977/2015 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cratilo di Atene n. 31, presso lo studio dell’avvocato Domenico Vizzone, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio G. Fusaro e Maria Salmbeni, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CONSORZIO PER LO SVILUPPO INDUSTRIALE PROV. COSENZA, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, via di Val di Fiorita n. 90, presso lo studio dell’avvocato Francesco Lilli, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Spataro, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1526/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 31/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/09/2019 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 1526/2013, depositata in data 31/10/2013, – in controversia promossa da S.A., nei confronti del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza, al fine di sentire determinare la giusta indennità di espropriazione in relazione ad un terreno, della superficie di 25.160 mq, sito nel Comune di *****, di proprietà del primo, occupato dal 2003 (e destinato, all’epoca, ad agrumeto) ed espropriato, con decreto del 2004, per la realizzazione di infrastrutture nell’agglomerato di Schiavonea e per insediamenti produttivi ed insediamenti nella zona servizi, – ha determinato l’indennità di espropriazione in complessivi Euro 213.860,00 e quella di occupazione in complessivi Euro 8.012,14, ordinando al Comune di depositare presso la Cassa Depositi e Prestiti la differenza a conguaglio della somma già depositata, oltre interessi legali dal 15/10/2004.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, anzitutto, che i terreni avevano pacificamente natura edificatoria, ricadendo, al momento della dichiarazione di pubblica utilità ed al momento dell’esproprio, “in zona AI Insediamenti produttivi ed in minima parte a viabilità industriale”; quanto invece al valore venale, dato questo in contestazione tra le parti, non poteva applicarsi il D.P.R. n. 327 del 2001, operante solo dal 30/6/2003, essendo stata la dichiarazione di pubblica utilità, nella specie, emessa nell’aprile 2003, nè poteva applicarsi la Riforma del 2007-2008, con conseguente applicazione del criterio generale di liquidazione di cui alla L. n. 2359 del 1865, correlato al valore venale del bene, ed il valore congruo poteva essere determinato in Euro 8,50 al mq, così motivatamente corretta dalla Corte di merito la stima, inferiore (Euro 7,65 al mq, avendo il consulente operato la rivalutazione al 2004, data del decreto di esproprio, del prezzo medio di compravendita di terreni omogenei intervenuti in prevalenza negli anni 2000 e 2001), del consulente tecnico d’ufficio nominato, tenendo conto, in particolare, del valore di mercato di terreni omogenei nell’anno 2003 (dovendo stimarsi il prezzo lievemente maggiore rispetto a quelli degli anni 2000 e 2001, anche per effetto delle vendite precedenti e della diminuzione del numero di lotti); non risultavano poi, ad avviso dei giudici, indennizzabili il soprassuolo (pozzo e manufatti) ed era rimasta indimostrata la debenza dell’indennità suppletiva per la qualità di coltivatore diretto dell’espropriato.
Avverso la suddetta pronuncia, S.A. propone ricorso per cassazione, notificato il 12/12/2014, affidato a due motivi, nei confronti del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza (che resiste con controricorso). Avverso la stessa pronuncia, anche il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza propone ricorso per cassazione, notificato il 16-20/12/2014, affidato a due motivi, nei confronti di S.A. (che resiste con controricorso). Il controricorrente-ricorrente incidentale Consorzio ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente S. lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. n. 2359 del 1865, art. 39, D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis e degli artt. 115 e 116 c.p.c., avendo la Corte di merito ritenuto di applicare il valore medio del prezzo degli atti di vendita stipulati dall’ASI nel biennio 2003-2004, nel corso di procedure espropriative e non nell’ambito di una libera contrattazione delle parti, senza accertare l’effettivo valore di mercato dell’area espropriata, che si aggirava, per i terreni urbanizzati omogenei in zona ASI, tra i 10 ed i 12 Euro a mq (non tra gli 8 ed i 10 Euro al mq, nel biennio 2003-2004, valori ritenuti più attendibili dalla Corte di merito); con il secondo motivo, si lamenta poi sempre la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. n. 2359 del 1865, art. 39, D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la Corte d’appello considerato due stessi suoi precedenti (rispettivamente, del 1998 e del 2010), relativi a terreni ubicati nella stessa “Zona ASI” muovendo dall’assunto, erroneo, che si trattasse i quei casi di “terreni in zona D residenziale a carattere artigianale”, nei quali il valore di mercato era stato determinato in misura maggiore (tra i 30 ed i 42 Euro al mq).
2. Il Consorzio, a sua volta, ricorrente (con ricorso notificato successivamente al primo, avente valenza di ricorso incidentale: ” Il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi. Tale principio non trova deroghe nell’ipotesi in cui si intenda proporre impugnazione contro una parte non impugnante o avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto della già proposta impugnazione”, Cass. 5695/2015, Cass., 6 dicembre 2005, n. 26622; Cass., 30 marzo 2004, n. 6282; Cass., 29 marzo 1995, n. 3738), lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. n. 2359 del 1865, art. 39, D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la Corte d’appello preso in considerazione il valore venale calcolato dal consulente di parte del Comune, il quale aveva stimato, secondo il metodo sintetico-comparativo, valutate le caratteristiche urbanistiche dell’area espropriata (ricadente, per gran parte, in zona “AI1” destinata ad insediamenti produttivi) e dieci atti di compravendita stipulati dal Consorzio A.S.I. tra il 2000 ed il 2005, il valore venale in Euro 6,45 al metro quadrato; con il secondo motivo, si lamenta poi la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. n. 2359 del 1865, art. 39 e artt. 115 e 116 c.p.c., anche nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto di disattendere il valore stimato dal consulente tecnico d’ufficio, prendendo a base della stima, per l’anno 2003, valori mai condivisi dallo stesso consulente tecnico d’ufficio (il più alto valore medio di Euro 8,50 al mq, per effetto di “un presunto aumento dei prezzi, rispetto agli anni 2000 e 2001, dato dalla diminuzione nel tempo dei lotti compravendibili”), il tutto con riferimento sia all’indennità di espropriazione sia a quella di occupazione.
3. La prima censura del ricorso principale ed entrambi i motivi del ricorso incidentale sono, in parte, inammissibili, risolvendosi nell’impropria censura di apprezzamenti di fatto operati dai giudici di merito, ai fini della determinazione del valore di mercato, ed, in parte, infondati.
Riguardo alla scelta del metodo sintetico-comparativo impiegato dalla Corte di appello, questa Corte (Cass. 4210/2012) ha già precisato che “in tema di indennità di espropriazione, per la corretta applicazione del c.d. criterio “sintetico-comparativo”, ciò che rileva non è la categoria degli atti da cui desumere il probabile valore di mercato dell’area, bensì il preventivo motivato riscontro della rappresentatività dei dati utilizzati per la comparazione e cioè l’accertamento che essi riguardino terreni con caratteristiche analoghe, tanto con riferimento alla loro obbiettiva natura ed ubicazione, quanto in relazione alla disciplina urbanistica cui sono soggetti”, cosicchè “il prezzo di mercato può essere tratto anche da fonti diverse, quali cessioni volontarie, perizie giudiziarie, accertamenti di valore di natura fiscale, pubblicazioni specializzate di settore, negozi giuridici di natura privatistica, sempre che gli immobili che ne sono oggetto presentino indubbio carattere di omogeneità con l’immobile da stimare”; questa Corte ha poi ulteriormente precisato (Cass. 4187/2014) che “nell’individuazione degli immobili con caratteristiche affini, l’esigenza di omogeneità richiede il motivato riscontro della rappresentatività dei dati utilizzati, senza che assuma rilievo la fonte da cui i valori sono tratti, potendosi trattare anche di cessioni volontarie di terreni limitrofi di proprietà dello stesso espropriato, purchè il giudice di merito, al fine di determinare l’importo dovuto a titolo di indennità di esproprio, desuma dagli atti riguardanti la procedura approdata alla cessione volontaria gli elementi di valutazione del fondo, salve le correzioni aggiuntive imposte dalla logica espropriativa”.
Ne consegue che era ben possibile operare, come ha fatto la Corte d’appello, una stima del valore di mercato facendo riferimento anche soltanto a cessioni volontarie di beni omogenei operate nell’ambito di procedure espropriative, tra il Consorzio ASI e soggetti privati, non necessariamente nell’ambito della libera contrattazione tra venditore ed acquirente, con le dovute correzioni aggiuntive, e la corrispondente censura mossa dal ricorrente principale si rivela generica e comunque infondata.
Per contro, risulta inconferente la censura mossa dal Consorzio, nel corpo del primo motivo del ricorso incidentale, in relazione al fatto, asseritamente non preso in considerazione dalla Corte di merito, che sui terreni, sia pure edificabili, era assolutamente vietata la costruzione di edifici per fabbricati di civile abitazione, atteso che nella valutazione della Corte di merito non ha in alcun modo rilevato la destinazione urbanistica del terreno a civile abitazione, essendo ben chiaro che si trattava di terreni edificabili in quanto inseriti in un piano per insediamenti produttivi industriali o connessi all’agricoltura ed ai servizi ed al commercio (P.I.P.).
Sempre questa Corte (Cass. 18556/2015; Cass. 15412/2019) ha affermato che “la determinazione dell’indennità di esproprio va operata con esclusivo riferimento al valore di mercato del bene al momento dell’emanazione del decreto di espropriazione”, con la conseguente considerazione che “poichè il mercato immobiliare risente di variabili macroeconomiche diverse dalla fluttuazione della moneta nel tempo, anche se a questa parzialmente legate, e di condizioni microeconomiche dettate dallo sviluppo edilizio di una determinata zona, che sono completamente avulse dal valore della moneta, non è ammissibile l’accertamento del valore del fondo espropriato attraverso la comparazione con il prezzo di immobili omogenei, oggetto di trasferimento, in un momento diverso dalla data dell’esproprio, riportando poi il dato monetario a ritroso (o in avanti) fino a quest’ultima”.
Dunque correttamente la Corte di merito ha ritenuto di non potere condividere la valutazione del consulente tecnico d’ufficio, avendo questi ricostruito la media del valore di mercato dei terreni, rivalutando al 2004 i valori di mercato ricavati da atti di compravendita del 2000-2001.
Nè sussiste il vizio, lamentato sia nel corpo del primo motivo del ricorso principale sia nel ricorso incidentale, in ordine alla carenza motivazionale sul valore venale del terreno, per avere la Corte territoriale determinato in Euro 8,50 al mq, affermando che, secondo lo stesso CTU, il valore al mq si aggirava, al 2003, “tra gli 8 ed i 10 Euro per i terreni siti in zona AI”, valore questo che il Consorzio, ricorrente incidentale, esclude essere stato indicato dallo stesso consulente tecnico d’ufficio.
Invero, la Corte è giunta ad individuare il valore di mercato dell’area espropriata alla data del decreto di esproprio (2004), valore stimato in Euro 8,50 al mq, operando una media, all’esito di una valutazione di tutti i dati emergenti dagli accertamenti peritali: da un lato, prendendo in considerazione quanto accertato dal Consulente tecnico d’ufficio in relazione all’anno 2003 (in epoca dunque assai prossima alla data del decreto ablativo), in ordine al fatto che, all’epoca, il prezzo di vendita di analoghi lotti (urbanizzati) da parte dell’ASI “variava in detto anno tra 10 e 12 Euro al mq” e, dall’altro, affermando che il valore stimato dal consulente tecnico, di Euro 7,65 al mq, derivante dalla media aritmetica dei prezzi riportati nei rogito degli anni precedenti (in prevalenza 2000 e 2001) con rivalutazione secondo gli indici Istat fino alla data dell’esproprio, nel 2004, non era da condividere, in quanto “è naturale che per effetto di vendite precedenti diminuisca il numero dei lotti e maggiore risulti il prezzo dei lotti residui”.
La stima è stata operata facendo dunque corretto ricorso al metodo sintetico-comparativo e trattasi quindi di accertamento di merito, insindacabile in questa sede in quanto congruamente motivato, non essendo più censurabile il vizio di insufficienza motivazionale.
4. La seconda censura del ricorso principale è inammissibile per difetto di autosufficienza, avendo il ricorrente fatto riferimento a precedenti della Corte d’appello di Catanzaro del 1998 e del 2010, asseritamente non compiutamente esaminati dalla Corte di merito, atti il cui contenuto non risulta ritrascritto in ricorso e che non risultano neppure richiamati per allegazione allo stesso ricorso.
Questa Corte (Cass. 3758/2018) ha invero affermato che “in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonchè alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso”.
In particolare, la sentenza del 2010 (oggetto del giudizio definito da questa Corte con sentenza n. 14782/2014) della Corte d’appello (pur essendo indicata la sede processuale in cui il documento nel merito era stato prodotto, “all.to 7 del fascicolo di primo grado”) è riprodotta solo per un estratto a pag. 12 del ricorso, nel quale si parla di terreni in “zona destinata ad insediamenti produttivi”, il che non consente di vagliare l’effettiva omogeneità delle caratteristiche delle aree oggetto del presente giudizio e di quello definito nel precedente della Corte d’appello di Catanzaro, tanto con riferimento alla loro obbiettiva natura ed ubicazione, quanto in relazione alla disciplina urbanistica cui erano soggetti ed anche in relazione al dato cronologico dell’epoca i cui sono intervenuti i decreti ablativi, omogeneità comunque motivatamente esclusa dalla Corte di merito nella sentenza qui impugnata.
4. Per tutto quanto sopra esposto, vanno respinti sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale. Atteso l’esito della lite, le spese processuali vanno integralmente compensate tra le parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte respinge il ricorso principale ed il ricorso incidentale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019
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