LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12427/2018 proposto da:
S.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Barnaba Tortolini 30 St Placidi presso lo studio dell’avvocato Alpagotti Claudia che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 375/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 14/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/07/2019 dal Dott. FEDERICO GUIDO.
udito l’Avvocato;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale.
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso depositato tempestivamente, S.M., cittadino originario di *****, nella parte meridionale del Mali, impugnava dinanzi al Tribunale di Venezia il provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria.
Il ricorrente deduceva di aver intrattenuto una relazione sentimentale con una donna sposata, dalla quale aveva avuto un figlio; il marito si era accordato con i ribelli islamici per applicare la sharia, comportante la pena di cento colpi di bastone ed il taglio della mano sinistra.
Il richiedente si era poi diretto in Togo e successivamente in Libia, paese da cui si era allontanato per la presenza di scontri armati.
Il Tribunale di Venezia ha accolto il ricorso, riconoscendo la protezione sussidiaria e ritenendo altresì accoglibile la protezione umanitaria. La Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento dell’appello del Ministero dell’Interno, con la sentenza n. 375/2018, escludeva il riconoscimento di ogni forma di protezione.
La Corte affermava la scarsa credibilità del racconto del richiedente e la insussistenza, nella sua regione di origine, delle condizioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).
Escludeva infine la sussistenza di una condizione di vulnerabilità del richiedente medesimo.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, con tre motivi, S.M..
Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo, deducendo la assoluta inesistenza della motivazione, in quanto la stessa non aveva in alcun modo considerato le dichiarazioni del ricorrente.
Il secondo motivo denuncia violazione di legge, per la mancata concessione della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c), lamentando la scarsa attendibilità delle fonti utilizzate dalla Corte territoriale; in particolare ad avviso del ricorrente la sentenza è inidonea a rappresentare l’effettiva situazione del Mali, che ha subito un drastico peggioramento negli ultimi mesi.
Il terzo motivo denuncia violazione di legge, in relazione alla mancata concessione della protezione umanitaria, deducendo che nel caso di specie l’inserimento sociale e lavorativo dello straniero non era fattore esclusivo, come ritenuto dalla sentenza impugnata, ma circostanza concorrente a determinare una situazione di vulnerabilità personale del richiedente.
Il primo motivo è fondato.
Conviene premettere che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c).
Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 3340/2019).
Orbene, nel caso di specie la Corte d’appello ha ritenuto non credibile l’immigrato, in relazione alle ragioni per le quali avrebbe deciso di abbandonare il suo Paese, essenzialmente in quanto il paventato taglio della mano non si applicherebbe al reato di illeciti sessuali, del quale il medesimo potrebbe essere accusato, per avere avuto una relazione con una donna sposata, bensì al reato di furto.
E la Corte cita, in proposito, le dichiarazioni rese dal richiedente all’udienza del 5 maggio 2016.
Tuttavia, da tali dichiarazioni, valutate nella loro interezza, si evince che il richiedente aveva affermato di temere, oltre alle 100 bastonate, anche il taglio della mano, in quanto “aveva rubato dei soldi allo zio” quando lavorava con lui, nel senso che si era ripreso del denaro che il padre aveva prestato al fratello per far lavorare il figlio, ed aveva deciso di fuggire proprio perchè lo zio ed il marito della ragazza avevano dichiarato che era “un ladro”.
Sul punto fondamentale, ritenuto idoneo ad inficiare la credibilità
del racconto del richiedente in relazione alle ragioni dell’allontanamento dell’immigrato dal Paese di origine, la Corte non ha dunque considerato un fatto decisivo, vale a dire l’accusa di furto, mossa nei suoi confronti dallo zio e dal marito della donna con la quale aveva intrattenuto la relazione sentimentale, astrattamente compatibile con la pena del taglio del polso.
Sussiste dunque l’omesso esame di un fatto decisivo, desumibile dal verbale di udienza del 5 maggio 2016, trascritto nel motivo di ricorso, direttamente incidente sulla complessiva coerenza della narrazione.
Ed invero, nel caso di specie deve ritenersi che il mancato esame delle dichiarazioni rese dal richiedente sia di tale portata da incidere direttamente sulla “ratio decidendi”, si che la statuizione venga a trovarsi priva di fondamento (Cass., 26/06/2018, n. 16812; Cass., 28/09/2016, n. 19150).
L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame dei motivi residui.
Il decreto va dunque cassato e la causa va rinviata, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo ricorso; assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019