LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1237-2018 proposto da:
C.A., M.A., G.P., P.D., R.M., elettivamente domiciliati in Roma, Via Valadier N 43, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Romano, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ennio Cerio;
– ricorrenti –
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, *****, in persona del Ministro P.T., domiciliato per legge presso l’Avvocatura generale dello Stato, in Via dei Portoghesi n. 12 che lo rappresenta e difende;
– intimato –
avverso il decreto della Corte D’appello Di Perugia, n. 37542017, pubblicato il 08/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.
RILEVATO
che:
– con ricorso del 20/08/2012 le parti ricorrenti agivano in giudizio davanti alla Corte d’appello di Perugia al fine di ottenere la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al versamento dell’indennità da equa riparazione dovuta a causa dell’irragionevole durata del processo, come stabilito dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 1;
– i ricorrenti espongono che essi avevano incardinato un ricorso presso il TAR del Lazio – sede di Roma;
– il ricorso era stato notificato in data 04.07.2008 e iscritto al n. R.G. 6848/2008;
– l’oggetto del giudizio presupposto consisteva nella richiesta dei ricorrenti di annullare, previa tutela cautelare, i provvedimenti di esclusione che essi avevano subito in riferimento ad un concorso interno per titoli di servizio per la nomina di 182 ispettori del Corpo Forestale dello Stato;
– in mancanza di una pronuncia che decidesse sulla loro domanda gli odierni ricorrenti presentarono ricorso ex lege n. 89 del 2001, lamentando che il processo aveva superato i limiti di ragionevole durata;
– conseguentemente chiedevano alla corte d’appello che fosse accertata la violazione dell’art. 6 par. 1 CEDU con pronuncia di condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al risarcimento integrale dei danni, quantificati in Euro 6.000,00, in favore di ciascun ricorrente;
– la corte d’appello rilevava che i ricorrenti avevano presentato istanza di prelievo in data 06/05/2009 ed affermava di dover calcolare i tempi per l’irragionevole durata del processo a partire proprio dalla data di detta istanza anzichè da quella di inizio del giudizio;
-questa decisione comportava l’effetto di non riconoscere alcun risarcimento perchè portava la corte a ritenere che non si fosse superato il termine di ragionevole durata del primo grado (tre anni);
– in ragione di ciò la corte distrettuale con decreto n. 3754/2017, depositato in data 8/6/2017, respingeva la domanda di equa riparazione;
– avverso detto decreto C.A., M.A., G.P., P.D. e R.M. hanno depositato ricorso per impugnazione presso questa Corte, articolato in un unico motivo;
– il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
– riveste carattere preliminare la questione dell’ammissibilità del ricorso che risulta predisposto in forma cartacea con procura in calce;
– va, innanzitutto, chiarito che sebbene non risulti sottoscritta la pag. 11 del ricorso, costituente l’ultima dello stesso, la firma apposta dal difensore in calce del ricorso ai fini dell’autenticazione della procura speciale vale, per consolidato orientamento anche quale sottoscrizione del ricorso, in quanto consente di attribuire al difensore che ha autenticato la sottoscrizione della procura speciale anche la paternità del ricorso stesso (cfr. Cass.7443/2017; id.18491/2013);
– ciò posto e passando ad esaminare la notifica, si rileva che essa è avvenuta in via telematica a mezzo PEC sicchè occorre verificarne la conformità a legge ai sensi della L. n. 53 del 1994, artt. 3 bis e 9;
la L. n. 53 del 2014, art. 3 bis statuisce, per quanto qui di interesse:
-l’art. 3 bis dispone quanto segue:
“1. La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi. 2. Quando l’atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l’avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell’atto formato su supporto analogico, ((attestandone la conformità con le modalità previste dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-undecies convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221)). La notifica si esegue mediante allegazione dell’atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata. 3. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 2. 4. Il messaggio deve indicare nell’oggetto la dizione: “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”. 5. L’avvocato redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata. La relazione deve contenere: a) il nome, cognome ed il codice fiscale dell’avvocato notificante; b) ***** c) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti; d) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario; e) l’indirizzo di posta elettronica certificata..a cui l’atto viene notificato; f) l’indicazione dell’elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto; g) l’attestazione di conformità di cui al comma 2.
– la L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1-bis prevede: “Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1.
– la medesima L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1 ter (introdotto nel 2014), prevede che “In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis;
-la Corte ha chiarito che in tema di giudizio per cassazione, ove il ricorso, predisposto in originale cartaceo e sottoscritto con firma autografa, sia notificato in via telematica, ai fini di prova del perfezionamento della notificazione è necessaria la produzione di copia analogica del messaggio di trasmissione a mezzo PEC e dei suoi allegati (ricorso e procura) nonchè delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna munite di attestazione di conformità agli originali, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter, (cfr. Cass.19078/2018);
-inoltre le Sezioni Unite intervenute in materia di notifica a mezzo PEC del ricorso per il quale non sia possibile il deposito telematico (applicabile al momento a tutti i processi civili che si svolgono avanti alla Suprema corte) hanno enunciato il principio di diritto, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., secondo cui il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione (predisposto in. originale telematico e) notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2;
– viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio (cfr. Cass. Sez. Un. 22438/2018; Sez. Un. 8312/2019);
– ebbene, l’applicazione delle disposizioni sopra indicate alla luce dei principi interpretativi appena richiamati, comporta che nel caso di specie, in cui le attestazioni di conformità delle relate della notifica a mezzo PEC sono prive di sottoscrizione autografa e la controparte, cioè il Ministero dell’economia e delle finanze, è rimasta solo intimata, il ricorso debba essere dichiarato improcedibile;
– nulla va disposto sulle spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte, dichiara improcedibile il ricorso; nulla, sulle spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2019