LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14405/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Pro-Appliances Srl in liquidazione in persona del liquidatore, nonchè B.C.R. e Bo.Si., quali ex soci della società estinta, rappresentati e difesi dall’Avv. Eugenio della Valle, presso il quale sono domiciliati in Roma Piazza G. Mazzini n. 8, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 26/03/11, depositata 18 aprile 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2019 dal Consigliere Dott. Fuochi Tinarelli Giuseppe.
RILEVATO
CHE Pro-Appliances Srl inseriva il credito maturato per l’anno 2001 nel Modello Unico 2002, omettendo di formalizzarne la richiesta con la compilazione del modello VR, sicchè la dichiarazione veniva rettificata in sede di liquidazione automatizzata; riportato il credito nella dichiarazione dell’anno successivo, la società, pertanto, presentava, in data 30 maggio 2003, istanza di rimborso che, peraltro, veniva revocata in data 26 settembre 2003.
Omessa ogni indicazione per il successivo periodo 2004, la contribuente presentava istanza di rimborso in data 18 ottobre 2005 per cessazione di attività D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 30, che, peraltro, era respinta dall’Agenzia delle entrate.
Con ricorso depositato il 26 giugno 2007 lo società impugnava il diniego di rimborso Iva, che veniva respinto dalla CTP di Modena; la decisione era riformata dal giudice d’appello che riconosceva il diritto della contribuente a portare in compensazione il credito nella prima dichiarazione utile.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con tre motivi, evocando in giudizio anche gli ex soci della Pro-Appliances Srl, dichiarata estinta. Resistono i contribuenti con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. Va disattesa, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività della notifica.
Il ricorso, difatti, in data 4 giugno 2012 è stato avviato alla notificazione come risulta dalla relata di notifica in calce all’atto, con ivi apposto il timbro dell’ufficio postale Detta notificazione, peraltro, non è andata a buon fine, sicchè l’Ufficio ha riavviato la procedura in data 27 giugno 2012, e, dunque, immediatamente e tempestivamente e senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c. in conformità ai principi affermati dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 14594 del 15/07/2016).
2. Passando all’esame del ricorso, il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2945 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza impugnata omesso di dichiarare l’inammissibilità del ricorso introduttivo in ragione della carenza di legittimazione processuale della società contribuente, derivante dalla sua cancellazione dal registro delle imprese.
2.1. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 443 del 1997, art. 1, comma 1 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, per aver la CTR ritenuto detraibile un credito invece inesistente perchè non risultante dalla dichiarazione annuale.
2.2. Il terzo motivo denuncia, sul medesimo profilo, vizio di insufficiente motivazione per aver la CTR affermato l’esistenza del credito nonostante le contestazioni dell’Ufficio.
3. Il primo motivo è fondato, restando assorbiti gli altri.
3.1. Dagli atti del giudizio emerge che la società è stata cancellata dal registro delle imprese il 17 febbraio 2006, in epoca antecedente alla notifica del provvedimento di diniego del rimborso (avvenuta in data 20 aprile 2007) e, conseguentemente, alla proposizione della relativa impugnazione, ad opera esclusiva della società stessa in persona del liquidatore e rappresentante legale, dinanzi alla Commissione provinciale, effettuata il 21 giugno 2007.
Orbene, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese estingue la società, sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo siano stati definiti, e priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (Sez. U, n. 6070 del 12/03/2013).
Il caso in esame ricade, dunque, sotto la nuova disciplina del diritto societario atteso che la cancellazione della società è intervenuta dopo il 1 gennaio 2004 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 6 del 2003).
3.2. Ciò posto, deve rilevarsi che già prima dell’introduzione del giudizio di primo grado la capacità processuale della società contribuente era venuta meno e, conseguentemente, anche la legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore (Cass. n. 15844 del 15/06/2018; Cass. n. 5736 del 23/03/2016; Cass. n. 21188 del 2/10/2014).
L’accertamento del difetto di legitimatio ad causam determina l’impossibilità di prosecuzione dell’azione e, dunque, l’annullamento senza rinvio ex art. 382 c.p.c. della sentenza impugnata ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito.
4. Atteso l’esito complessivo del giudizio e in considerazione del fatto che la questione relativa alla legittimazione della società di capitali estinta è stata definita dalle Sezioni Unite di questa Corte solo successivamente al deposito della sentenza di appello, appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; dichiara che la causa non poteva essere proposta e cassa la sentenza impugnata senza rinvio; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 maggio 2019.
Depositato in cancelleria il 31 ottobre 2019