Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28189 del 31/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24872-2018 proposto da:

S.H., rappresentato e difeso dall’avv. Ivana Calcopietro del foro di Reggio Calabria;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 336/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

RITENUTO IN FATTO

S.H., cittadino originario del Mali, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto le domanda di protezione sussidiaria proposta dal richiedente, ritenendo che non sussistessero i relativi presupposti.

Il Ministero dell’Interno non ha volto difese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c. lamentando l’omesso rilievo da parte della sentenza impugnata della nullità dell’atto di appello proposto dal Ministero dell’Interno ed il conseguente passaggio in giudicato dell’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che aveva concesso la protezione sussidiaria.

Il motivo è inammissibile in quanto a fronte della censura di genericità dell’atto di appello, non riporta nel corpo del ricorso il contenuto dell’atto che si assume affetto da nullità.

Se infatti è vero che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un “error in procedendo”, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (Cass. 2771/2017).

Il ricorrente, in particolare, deduce che nell’atto di appello nessuna violazione di legge della decisione di primo grado sarebbe stata effettivamente dimostrata e che nessuna erronea sussunzione della fattispecie scrutinata era stata allegata dall’appellante, con il conseguente passaggio in giudicato della relative statuizioni della pronuncia di primo grado, ma, in assenza della specifica individuazione dei punti dell’ordinanza di primo grado asseritamente non impugnate e di un confronto con l’atto di impugnazione, il motivo, come già rilevato, è inammissibile.

Il secondo motivo lamenta il vizio di omessa pronuncia, deducendo che la sentenza impugnata avrebbe omesso si statuire sull’eccezione preliminare sollevata con la costituzione in appello di carenza di interesse dell’appellante.

Il motivo è infondato.

Non ricorre infatti il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti, come nel caso di specie, una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass.29191/2017), atteso che l’accoglimento nel merito dell’appello implica necessariamente il rigetto dell’eccezione preliminare con cui si contesta l’ammissibilità dell’atto di impugnazione.

Il terzo motivo denuncia violazione di legge ed omesso esame di fatti decisivi, con riferimento alla statuizione che ha rigettato la protezione sussidiaria, pur in presenza dei relativi presupposti.

Il motivo è infondato.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) la nozione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza della Corte di Giustizia del 30.1.2014 (causa C-285/12 – Diakitè) dev’essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato o uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 13858 del 31.5.2018).

Nel caso di specie, la Corte, sulla base di fonti internazionali attendibili, specificamente indicate in motivazione (Cass. 11312/2019), quali il Segretariato Generale delle Nazioni Unite; Amnesty international, HRW, ha accertato la sussistenza di situazioni di instabilità e criticità in alcune zone, ormai residuali del Mali, tra le quali non rientra la città di ***** di provenienza del richiedente.

Neppure in tali aree, peraltro, sussiste una situazione di violenza indiscriminata nei termini richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) ed i rischi cui è esposta una parte della popolazione non integrano la ben più grave situazione richiesta dalla citata disposizione.

Il ricorso va dunque respinto.

Considerato che il Ministero è rimasto intimato non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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