LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26428-2018 proposto da:
M.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 481/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 15/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.
RITENUTO IN FATTO
M.M.M., cittadino originario del Bangladesh, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino, che, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria proposte dal richiedente.
Il giudice di appello, in particolare, ha ritenuto, che i fatti narrati dal richiedente avessero natura esclusivamente privata e che la situazione del Bangladesh non integrasse il presupposto di violenza generalizzata con la gravità richiesta D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); inoltre le allegazioni relative alla protezione umanitaria erano rimaste del tutto ipotetiche ed in ogni caso dovevano ritenersi inidonee a consentire l’accoglimento di tale forma di tutela, in considerazione del minimo grado di radicamento ed inserimento sociale del richiedente.
Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lamentando che la Corte territoriale abbia omesso di concedere la c.d. protezione sussidiaria, pur in presenza dei relativi presupposti, come individuati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.
Il motivo è infondato.
Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14. lett. c) la nozione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza della Corte di Giustizia del 30.1.2014 (causa C-285/12 – Diakitè) dev’essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato o uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 13858 del 31.5.2018).
Nel caso di specie non risultano allegati dal ricorrente specifici elementi idonei ad evidenziare una minaccia individuale alla vita o alla persona, nè una situazione di violenza cosi generalizzata, nel paese di provenienza, tale che il solo rientro integri, in sè, pericolo di vita, apparendo al riguardo generico ed insufficiente il dedotto rischio terroristico e le precarie situazioni di sicurezza, rappresentate dal ricorrente.
Il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e 19 per aver negato la protezione sussidiaria e quella umanitaria, omettendo di valutare la effettiva situazione del Bangladesh, caratterizzata da una grave compromissione del diritto alla salute ed alla sicurezza personale, riscontrandosi nel paese di origine del richiedente condizioni di vita del tutto inadeguate ai parametri di benessere e dignità umana tutelati dagli artt. 2 e 32 Cost.
Il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con le rationes decidendi della pronuncia impugnata.
La Corte, quanto alla protezione sussidiaria, esclusa come già evidenziato una situazione di grave violenza diffusa D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) ha altresì ritenuto, con apprezzamento adeguato, che l’abbandono del paese di origine era avvenuta per motivi esclusivamente economici e di carattere privato e che dunque il richiedente non correva alcun rischio di “persecuzione”, nelle forme previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 in caso di rientro nel proprio paese. Avuto riguardo invece alla protezione umanitaria, la Corte, da un lato, ha rilevato il carattere meramente ipotetico della situazione di vulnerabilità dedotta dal richiedente e dall’altro ha evidenziato che non risultava un adeguato inserimento socio-economico del medesimo. Neppure tali affermazioni non sono state specificamente contestate dal ricorrente.
Si osserva al riguardo che anche in relazione alla protezione umanitaria, l’attivazione da parte del giudice del dovere di cooperazione istruttoria presuppone l’allegazione in capo al ricorrente di una ben determinata situazione di “vulnerabilità”, che va specificamente delineata nei suoi elementi costitutivi, onde consentire di effettuare una effettiva valutazione comparativa della situazione del richiedente con riferimento al paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. 4455/2018).
Il ricorso va dunque respinto e considerato che il Ministero non ha svolto difese, non deve provvedersi alle spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019