LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente di Sez. –
Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente di Sez. –
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22936/2017 proposto da:
D.S.R., ZAFFIRO ANCONA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 65, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI PAOLO BUSINELLO;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 35/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 27/03/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/09/2019 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso ed assorbito il secondo;
uditi gli avvocati Giovanni Paolo Businello e Davide Di Giorgio per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
1. D.S.R. e la soc. Zaffiro Ancona proposero opposizione, innanzi al Tribunale di Ancona, all’ordinanza ingiunzione emessa dall’Agenzia delle Entrate di Ancona, a seguito del processo verbale di accertamento e contestazione, notificato poi in data 14/15 giugno 2011, da cui era emerso che V.S., dipendente all’epoca dei fatti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria *****, negli anni 2008-2009,aveva reso prestazioni infermieristiche a favore della soc. Zaffiro senza la previa autorizzazione del datore di lavoro e senza comunicare i compensi erogati, con conseguente perfezionamento degli illeciti amministrativi di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, commi 9, 11 e 15. In ragione della intervenuta pronunzia di incostituzionalità n. 98 del 2015, l’Agenzia delle entrate di Ancona provvedeva all’annullamento in autotutela dell’ingiunzione impugnata, limitatamente alla sanzione applicata ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, citato art. 53, commi 11 e 15, per omessa comunicazione dei compensi corrisposti al pubblico dipendente,disponendo quindi il relativo sgravio del ruolo.
Il Tribunale di Ancona rigettò l’opposizione all’ordinanza ingiunzione in relazione alle parti ancora in contestazione della stessa e cioè la violazione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 9, per avere gli opponenti conferito un incarico retribuito ad un dipendente pubblico senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza del dipendente stesso.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto appello D.S.R. e Zaffiro Ancona s.r.l., e la Corte d’appello di Ancona, con la sentenza qui impugnata, ha confermato il rigetto dell’opposizione.
3. In particolare la Corte d’appello ha ritenuto infondata l’eccezione di decadenza per inosservanza del termine di 90 giorni dall’accertamento per la contestazione, previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 2. Ha rilevato, infatti, che, quando il soggetto che deve irrogare la sanzione è diverso da quello che è incaricato della ricerca e della raccolta degli elementi di fatto, il decorso del termine di decadenza non inizia se non quando i risultati delle indagini svolte siano portati a conoscenza dell’autorità che deve poi procedere all’irrogazione della sanzione. Nella specie la documentazione relativa agli accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza era pervenuta alla Agenzia delle Entrate, competente ad emettere l’ordinanza, in data 11/12 aprile, con la conseguenza che alcuna decadenza era maturata, atteso che l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto alla notifica del verbale dell’illecito amministrativo in data 14/15giugno 2011.
La Corte territoriale ha affermato, inoltre, che, ai fini della decorrenza del termine di decadenza, doveva considerarsi assolutamente irrilevante la consegna da parte della società della documentazione ai Carabinieri di Ancona in data 17 marzo 2010, atteso che questi erano privi di competenza ad emettere l’ordinanza ingiunzione.
4. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona hanno proposto ricorso in cassazione D.S.R. e la soc. Zaffiro Ancona con due motivi. Ha resistito l’Agenzia delle Entrate.
All’udienza fissata per la decisione,con ordinanza n. 8392/2019, la sezione lavoro di questa Corte ha rimesso la causa al Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite ravvisando un potenziale contrasto con l’ordinanza n. 33032/2018 della medesima sezione lavoro che aveva deciso su analoga sentenza della Corte d’appello di Ancona. Il contrasto era da ravvisarsi con riferimento all’interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 9, nonchè della L. n. 689 del 1981, art. 13, commi 4 e 5.
Fissata l’udienza davanti a queste Sezioni Unite i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 13, comma 4, art. 14, commi 3, 4 e 6, nonchè della L. n. 689 del 2001, art. 18. Lamentano che la Corte d’appello aveva negato la competenza dei Carabinieri del NAS a svolgere l’accertamento e la contestazione degli addebiti nei confronti dei ricorrenti, competenza attribuita ad essi (come a tutti gli organi di polizia giudiziaria) dal D.Lgs. n. 689 del 2001, art. 13, comma 4, negata dalla Corte d’appello che riconosce tale competenza solo all’autorità competente ad emettere l’ordinanza ingiunzione. Secondo i ricorrenti, conseguentemente, trovano applicazione della L. n. 689 del 2001, art. 14, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, anche agli accertamenti compiuti dagli organi della polizia giudiziaria.
6. Con il secondo motivo denunciano l’omesso esame e l’omessa indicazione da parte della Corte d’appello del termine ritenuto ragionevole per l’effettuazione da parte dei NAS dei Carabinieri dell’accertamento degli illeciti commessi dagli attuali ricorrenti.
7. In fatto risulta non contestato che il Nas dei Carabinieri aveva richiesto ai ricorrenti l’intera documentazione relativa al rapporto della Clinica con il V., dipendente dell’Azienda Ospedaliera di Ancona, ricevendola in data 17/3/2010, senza, peraltro, procedere poi alla contestazione degli addebiti.
A sua volta la Guardia di Finanza aveva richiesto la medesima documentazione ai ricorrenti ricevendola in data 11/12 aprile 2011 ed aveva poi eseguito la contestazione degli addebiti mediante consegna di un processo verbale di accertamento e contestazione in data 14/15 giugno, cui aveva fatto seguito l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione.
8. La questione posta all’esame di queste Sezioni Unite consiste nello stabilire se il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 9, attribuisca o meno una specifica ed esclusiva competenza alla Guardia di Finanza in ordine all’accertamento ed alla successiva contestazione della violazione di cui è causa.
Secondo i ricorrenti tale competenza esclusiva non sussiste. Osservano infatti che la L. n. 689 del 2001, art. 13, attribuisce a tutti gli organi di polizia giudiziaria la competenza ad effettuare l’accertamento delle violazioni punite con sanzioni pecuniarie con la conseguenza che, la violazione o meno del termine di decadenza di 90 giorni, nella fattispecie deve essere valutato con riferimento all’accertamento eseguito dai Carabinieri e dal momento della consegna della documentazione ad essi.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, invece, l’unico accertamento rilevante è quello svolto dalla Guardia di finanza ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, avendo, invece, i Carabinieri svolto indagini per l’accertamento dell’eventuale danno erariale.
9. La questione in fattispecie sovrapponibile,e tra le medesime parti con riferimento ad altro lavoratore dipendente della stessa Azienda Ospedaliera, è stata esaminata dalla Sezione lavoro di questa Corte con l’ordinanza n. 33032/2018 con la quale si è escluso che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 9, nello stabilire che “all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza”, preveda una competenza esclusiva e specifica della Guardia di Finanza. A fondamento di tale ricostruzione viene posta l’affermazione secondo la quale la sanzione della quale si discute afferisce al rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, come si desume dal rilievo che essa è inserita nella disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, e non è riconducibile ad un rapporto tributario in carenza del tipico rapporto potestà/soggezione rientrante in generale nelle competenze della G.dF. La seconda parte dell’art. 53, comma 9, citato si limiterebbe a prevedere che agli accertamenti compiuti su impulso del Ministero dell’Economia e delle Finanze vi provveda la Guardia di Finanza e che la clausola di salvaguardia in virtù della quale viene fatto salvo ” l’esercizio di specifici poteri di accertamento in caso siano espressamente previsti dalle leggi vigenti”, nel caso in esame non ricorrerebbe, difettando una legge che detti specifici poteri di accertamento preveda.
10. Premessa la natura fiscale-erariale della sanzione, comprovata altresì dalla destinazione della somma riscossa per la violazione a favore delle entrate del Ministero delle Finanze, l’ordinanza interlocutoria ipotizza,invece, che la norma debba essere letta nel senso che l’unico accertamento rilevante ai fini della pronuncia dell’ordinanza ingiunzione è quello svolto dalla Guardia di Finanza, come desumibile dal tenore letterale della norma, la quale, rispetto alla normativa sulla depenalizzazione, è norma successiva e speciale con la conseguenza che quest’ultima deve trovare applicazione.
Si assume nell’ordinanza di rimessione che la contestazione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14, può essere eseguita solo dopo il completamento delle attività di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, irrilevanti le indagini eventualmente compiute da altri corpi di polizia giudiziaria diversi dalla Guardia di Finanza, sicchè – solo all’esito di detto momento – decorre il termine di cui all’art. 14 della legge sulla depenalizzazione entro cui va eseguita la notifica, pena l’estinzione della obbligazione di pagamento.
11. Queste Sezioni Unite ritengono che il contrasto ipotizzato debba essere risolto confermando l’interpretazione contenuta nell’ordinanza n. 33032 del 2018.
Gli argomenti favorevoli alla tesi accolta sono stati approfonditamente esaminati nella stessa ordinanza. Tali argomenti sono maggiormente rispondenti ad un’interpretazione dell’art. 53, comma 9, che non si fermi al solo tenore letterale della norma o alla semplice constatazione della sua emanazione successiva alla legge sulla depenalizzazione, ma inquadri la questione nel più ampio contesto normativo di cui alla L. n. 689 del 1981, espressamente richiamata dall’art. 53, comma 9, citato, la cui applicazione deve avvenire senza esclusioni non espressamente enunciate.
La diversa interpretazione, inoltre, non individua una ragionevole “ratio” che giustifichi l’esclusione della competenza degli altri organi di polizia giudiziaria, competenza loro attribuita dalla L. n. 689 del 1981, art. 13. Quest’ultima norma, nell’attribuire l’accertamento delle violazioni per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro “anche agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria; esercitando ampi poteri secondo quanto disposto dall’art. 334 e dai commi 1 e 2 dell’art. 333 c.p.p., ha carattere generale e l’ultimo comma dello stesso art. 13 nel fare salvo” l’esercizio di specifici poteri di accertamento” solo se previsti da leggi vigenti, non risulta richiamabile nella fattispecie in esame difettando una legge che detti specifici poteri di accertamento preveda.
Va, infatti, considerato che, come in modo condivisibile è sostenuto nell’ordinanza n. 33032, la violazione in esame non è di natura fiscale-tributaria-finanziaria, materie cioè che potrebbero essere ricondotte alla cognizione esclusiva della Guardia di Finanza, ma è norma che appare riconducibile alla disciplina del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato essendo inserita nel testo comprendente le ” Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni pubbliche”.
12. Un’interpretazione compatibile con il rinvio operato alla L. n. 689 del 1981, consente di pervenire ad escludere che l’art. 53, comma 9, citato attribuisca una competenza esclusiva alla Guardia di Finanza per l’accertamento delle violazioni di cui si discute, ritenendosi, piuttosto, che detta norma, di natura meramente ricognitiva, si limiti a prevedere che, agli accertamenti compiuti su impulso del Ministero dell’Economia e delle Finanze, vi debba provvedere la Guardia di Finanza, ovvero il corpo che dipende direttamente dal sopraindicato Ministero,che dunque può consentire l’accorciamento dei tempi di verifica degli illeciti, senza escludere, tuttavia, che se la Guardia di Finanza non provveda all’accertamento delle violazioni in oggetto possano, comunque, provvedervi gli altri soggetti appartenenti alla Polizia Giudiziaria.
13.L’interpretazione accolta, come evidenziato nell’ordinanza, – oltre che solo con la suddetta interpretazione acquista significato il rinvio alla L. n. 689 del 1981, contenuto nell’art. 53, comma 9, cit. – consente di mediare in modo adeguato e garantire il contemperamento di diversi interessi, ovvero, per un verso, l’accertamento delle violazioni amministrative di cui si discute, per altro verso, l’interesse della parte privata, cui è ascritto l’illecito, a veder definita la propria posizione in un tempo ragionevole, apprestando anche una pronta ed adeguata difesa, interesse che trova riscontro e tutela nella L. n. 689 del 1981, art. 14, secondo cui qualora non sia stato possibile effettuare la contestazione immediata della violazione, ad essa si provvederà entro 90 giorni nel caso l’autore della infrazione risieda in Italia o entro 360 giorni se, invece, risieda all’estero (salvo i diversi termini previsti dalla legislazione speciale).
14. In conclusione il secondo periodo dello stesso art. 53, comma 9, secondo cui “all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della L. 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni ed integrazioni” – deve essere interpretato nel senso che il legislatore non ha previsto alcuna esclusiva attribuzione di competenza.
15. Premesso quanto sopra,ai fini della decisione della presente causa,occorre ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare più volte che in tema di sanzioni amministrative, nel caso di mancata contestazione immediata della violazione, l’attività di accertamento dell’illecito non coincide con il momento in cui viene acquisito il “fatto” nella sua materialità, ma deve essere intesa come comprensiva del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti ed afferenti agli elementi (oggettivi e soggettivi) dell’infrazione e, quindi, della fase finale di deliberazione correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita, sì da valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione.
Si è osservato, inoltre, che compete al giudice di merito, in caso di contrasto sul punto, determinare il tempo ragionevolmente necessario all’Amministrazione per giungere a una simile, completa conoscenza, individuando il dies a quo di decorrenza del termine di decadenza di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 2.
16. Al fine di effettuare detta valutazione, il giudice di merito terrà conto della maggiore o minore difficoltà del caso concreto, anche in relazione al numero dei soggetti coinvolti, oltre che del numero delle violazioni ascritte e della complessità delle indagini, essendo indubitabile, pur nell’assenza di limiti temporali predeterminati, che l’accertamento debba avvenire entro un termine congruo. Il giudizio operato in sede di merito non sarà sindacabile, in sede di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Sez. 2, n. 12830/2006, e la successiva Sez. 2, n. 25916 del 2006, ma anche la successiva Sez. 2, n. 3043/2009 anch’essa in termini).
17. Nella fattispecie in esame la Corte d’appello non esamina affatto la questione relativa all’avvenuta duplicazione di richieste dei documenti, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, nè spiega quali siano state le ragioni che, in concreto, non hanno consentito di pervenire alla notifica dell’accertamento in tempi brevi ed hanno determinato tale duplicazione, nè esamina i rapporti, nella specie, che si sono avuti tra Carabinieri del NAS e Guardia di Finanza in merito alle attività rispettivamente svolte per l’accertamento in oggetto. Non avendo la Corte di merito in alcun modo motivato sulle ragioni per le quali era occorso un tempo così lungo a tradurre le verifiche in fatto compiute da parte dei Carabinieri in accertamento e successiva contestazione, la sentenza, in accoglimento del primo motivo restando assorbito il secondo, deve essere cassata e rinviata alla Corte territoriale in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019