Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28266 del 04/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20983/2014 proposto da:

A.R.A.P. – Azienda Regionale Attività Produttive, succeduta per fusione al Consorzio per lo Sviluppo Industriale dell’Aquila – in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Traversari n. 55, presso lo studio dell’avvocato Marzano Giuseppe, rappresentata e difesa dall’avvocato Boccabella Donatella, con procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Aquilana Calcestruzzi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Della Giuliana n. 82, presso lo studio dell’avvocato Carnevale Leonida, rappresentata e difesa dall’avvocato Bafile Emilio, con procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 428/2014 della CORTE D’APPELLO dell’AQUILA, pubblicata il 29/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/09/2019 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

che:

Con citazione del 24.5.04 la Aquilana Calcestruzzi s.r.l., premesso che con decreto del 7.4.04 il Consorzio per lo sviluppo industriale dell’Aquila, nel pronunciare l’espropriazione di alcuni terreni di cui essa società era proprietaria, aveva determinato in Euro 2430,18 l’indennità d’espropriazione e in Euro 84,40 l’indennità d’occupazione, propose opposizione alla stima innanzi alla Corte d’appello dell’Aquila, domandando il pagamento dell’indennizzo nella misura ritenuta corretta.

Si costituì la parte convenuta.

Con sentenza del 29.4.14, la Corte territoriale determinò nella somma di Euro 237.735,00, oltre interessi legali dal 7.4.04 alla data dell’effettivo deposito presso la Cassa depositi e prestiti, l’indennità d’espropriazione, osservando che: era incontroverso tra le parti, e risultando dagli accertamenti effettuati dal c.t.u., che alla data dell’imposizione del vincolo espropriativo contenuto nel piano regolatore territoriale del nucleo per lo sviluppo industriale, i terreni in questione erano compresi nel piano regolatore generale del Comune dell’Aquila, con inserimento in una zona urbanistica industriale d’espansione; tale destinazione legale, cui era da parametrare l’indennità d’espropriazione, non aveva realizzato un vincolo preordinato all’espropriazione, atteso che le destinazioni impresse dalla suddivisione zonale del territorio avevano carattere conformativo della proprietà; la suddetta destinazione ad insediamenti produttivi attribuiva carattere di edificabilità alle aree in questione; il valore venale dei terreni era stato determinato nella somma di Euro 45,00 al mq. mediante comparazione con terreni di analoghe caratteristiche oggetto di compravendite stipulate in periodi prossimi a quello dell’espropriazione.

L’A.R.A.P. ricorre in cassazione formulando due motivi, illustrati con memoria.

Resiste la società con controricorso.

RITENUTO

che:

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e dell’art. 42 Cost., in quanto la Corte d’appello aveva stimato l’indennità ritenendo erroneamente di applicare il metodo comparativo, senza però aver effettuato un concreto accertamento delle caratteristiche analoghe degli immobili comparati, aderendo acriticamente alla c.t.u..

Con il secondo motivo è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, nonchè difetto di motivazione, non avendo il c.t.u. (le cui conclusioni sono state recepite dalla Corte d’appello) esaminato le specifiche destinazioni urbanistiche degli immobili, oggetto di cessioni, che aveva comparato con i beni ablati, raffrontando vendite di immobili non omogene e non esplicitando il ragionamento seguito, peraltro discostandosi dall’incarico ricevuto, di fatto limitandosi a sommare tutte le somme indicate nelle cessioni quali prezzi come valore venale unitario, per poi effettuare una semplice media matematica.

I due motivi – esaminabili unitamente poichè tra loro connessi – sono inammissibili. Invero, la doglianza dell’ente ricorrente s’incentra, in sostanza, sull’erronea applicazione del metodo comparativo seguito dalla Corte territoriale (recependo il contenuto della c.t.u.) che invece sarebbe stato in realtà disatteso non avendo il consulente chiaramente esplicitato i criteri seguiti.

Ora, la censura riguarda sostanzialmente il merito, tendendo al riesame dei fatti e non a contestare la ricognizione della fattispecie astratta compiuta dal giudice (ovvero, la corretta impostazione ed applicazione del metodo comparativo), in quanto dalla sentenza (e dallo stesso ricorso) si evince che il c.t.u. ha valutato cessioni immobiliare di beni aventi caratteristiche analoghe a quelle dei terreni espropriati, elencando i vari atti esaminati e comparati.

Il riferimento a comparazioni avvenute con immobili non omogei a quelli ablati, o aventi diverse destinazioni urbanistiche, afferisce al merito dei fatti, se si considera anche che la censura è generica, e non confuta espressamente tutte le singole comparazioni effettuate dallo stesso c.t.u..

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 5200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019

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