Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.28570 del 06/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5870-2014 proposto da:

D.P.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SECCHI ANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato VENTURA FABIO MASSIMO, rappresentato e difeso dell’avvocato ALESCI VINCENZO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 727/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di LATINA, depositata il 13/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2019 dal Consigliere Dott. D’OVIDIO PAOLA.

RILEVATO

Che:

1. Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Latina, D.P.L. impugnava la cartella di pagamento n. *****, relativa ad un addebito di imposta IRPEF scaturito a seguito di controllo D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 36-bis, afferente l’anno d’imposta 2005.

Il contribuente deduceva essenzialmente la nullità della cartella opposta per carenza di motivazione, nonchè per mancata allegazione degli atti richiamati dalla cartella medesima, ed invocava la L. n. 2012 del 2000, art. 7.

2. Con sentenza n. 71/05/2010 la Commissione tributaria provinciale adita rigettava il ricorso e condannava il contribuente al pagamento delle spese processuali.

3. Avverso tale pronuncia il signor D.P. proponeva appello ribadendo le contestazioni già svolte in primo grado.

4. Con sentenza n. 727/39/12, depositata il 13 dicembre 2012 e non notificata, la Commissione tributaria regionale di Roma, sez. distaccata di Latina, respingeva l’appello e compensava le spese del giudizio, ritenendo nella specie soddisfatto l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo.

5. Avverso tale sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo è denunciata la “nullità della cartella di pagamento e conseguente illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36-bis, 42 e 61, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 3 e 4 “.

Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere infondata la specifica doglianza relativa al vizio di motivazione della cartella impugnata affermando che l’obbligo di motivazione può ritenersi del tutto soddisfatto qualora la cartella di pagamento, “atto meramente liquidatori, contenga tutti i dati prescritti dalla norma in materia (tipologia del ruolo, titolo ed ammontare dei carichi portanti, data di emissione del molo e della sua esecutività, ente creditore, numero e data della notifica dell’accertamento da cui deriva l’iscrizione, nominativo del debitore e relativo codice fiscale”: ad avviso del ricorrente, infatti, nella specie la cartella impugnata non sarebbe un atto meramente liquidatorio, bensì un atto impositivo e titolo esecutivo, emesso all’esito del controllo automatizzato del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 36-bis e art. 54-bis del medesimo decreto. In particolare, il ricorrente lamenta che sarebbe stata omessa l’indicazione delle aliquote IRPEF, sarebbero stati indicati “interessi” e “sanzioni” senza specificazione delle date di decorrenza e dei tassi applicati, non sarebbero stati allegati, nè riportati per estratto, i n. 64 atti richiamati a fondamento dell’addebito, diversi dalla dichiarazione dei redditi conosciuta dal contribuente, nè a lui comunicati 2. Il motivo è preliminarmente inammissibile per difetto di autosufficienza perchè, in mancanza di trascrizione dell’impugnata cartella nel corpo del ricorso (che non è stata neppure prodotta in questa sede), non è. concessa a questa Corte la possibilità di verificare la corrispondenza del contenuto dell’atto rispetto a quanto asserito dal contribuente; ciò comporta il radicale impedimento di ogni attività nomofilattica, la quale presuppone appunto la certa conoscenza del tenore della cartella in discorso (Cass., sez. 5, 29/7/2015 n. 16010, Rv. 636268 – 01; v. anche Cass., sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839 – 01, sull’adempimento dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e Cass., sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120 – 01).

Tale principio, al quale il Collegio intende dare continuità, è stato affermato anche con specifico riferimento all’ipotesi, analoga a quella in esame, in cui il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, che non è atto processuale ma amministrativo (Cass., sez. 5, 3 dicembre 2001, n. 15234, Rv. 550767 – 01): in tale caso, infatti, necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass., sez. 5, 28/06/2017, n. 16147, Rv. 644703 – 01; Cass., sez. 5, 13/02/2015, n. 2928, Rv. 634343 – 01).

Il medesimo principio va affermato anche con riferimento alla cartella di pagamento, avendo anch’essa natura sostanziale e non processuale.

2. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non avendo il ricorrente trascritto l’impugnata cartella, nè la motivazione della stessa, e non avendo neppure provveduto ad allegarla al ricorso.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità poichè l’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.

Trattandosi di ricorso notificato successivamente al 30 gennaio 2013, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi dello stesso art. 13, comma 1 -bis.

P.Q.M.

La Corte:

– Dichiara il ricorso inammissibile.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis.

Così deciso in Roma, dalla 5 sezione civile della Corte di cassazione, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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