Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28900 del 08/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23431/2018 proposto da:

F.R.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Chisimaio, 29, presso lo studio dell’avvocato Marilena Cardone che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale Milano, Ministero Dell’interno;

– resistente –

avverso la sentenza n. 340/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/06/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, F.R.M., alias R.M., cittadino del *****, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Milano il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente, cittadino del *****, aveva narrato di aver lasciato il Paese di origine per aiutare economicamente la propria famiglia, in seguito alla malattia e alla invalidità del padre e di essere stato costretto a vendere terreni di proprietà e a indebitarsi con conoscenti per le cure del genitore e finanziare il viaggio, nonchè di temere problemi con i creditori in caso di rimpatrio.

Con ordinanza del 31/10/2016 il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso, negando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione.

2. Avverso la predetta decisione ha proposto appello F.R.M., a cui ha resistito il Ministero dell’Interno.

Con sentenza del 22/1/2018 la Corte di appello di Milano ha rigettato l’appello a spese compensate.

3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione F.R.M., con atto notificato il 20/7/2018, con il supporto di tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita in giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 7.

1.1. La motivazione della Corte secondo il ricorrente era tautologica e contrastava con gli atti del procedimento; per ottenere tutela dalla polizia rispetto alle minacce ricevute il ricorrente avrebbe dovuto pagare e solo conseguentemente era stato costretto a emigrare; non si trattava pertanto di un motivo meramente economico; era stato quindi ignorato il concreto contenuto del pericolo paventato dal richiedente asilo in caso di rimpatrio.

1.2. La censura non è fondata.

La Corte, con apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede, ha ritenuto che la motivazione migratoria del F. fosse esclusivamente e dichiaratamente economica e che la documentazione prodotta circa le condizioni di salute del padre non fosse significativa e pertinente; inoltre la Corte di appello ha dubitato della effettività e della gravità delle minacce dei creditori, sulla base del fatto che i famigliari del ricorrente, rimasti nel villaggio, non erano stati disturbati.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

2.1. Il Giudice avrebbe mancato di assolvere al proprio ruolo attivo in ordine alla verifica delle condizioni che danno titolo alla protezione umanitaria; inoltre, sarebbe stata ignorata la situazione generale del Bangladesh ed era stata indebitamente circoscritta la valutazione al villaggio di provenienza del ricorrente.

2.2. La Corte di appello ha valutato la situazione socio politica del Bangladesh sulla base di informazioni provenienti dall’UNHCR e dal sito “*****”, pur non disconoscendo la presenza nel Paese di formazioni di ispirazioni jihadista, e ha con precisione affermato che la zona di provenienza del ricorrente non presentava specifiche indicazioni di pericolo in tal senso.

Al proposito questa Corte ha recentemente ribadito che in tema di protezione internazionale dello straniero, nell’ordinamento italiano la valutazione della settorialità della situazione di rischio di danno grave deve essere intesa, alla stregua della disciplina di cui al D.Lgs. n. 25 del 2007, nel senso che il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del Paese d’origine, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, mentre non vale il contrario, sicchè il richiedente non può accedere alla protezione se proveniente da una regione o area interna del Paese d’origine sicura, per il solo fatto che vi siano nello stesso Paese anche altre regioni o aree invece insicure (Sez. 1, n. 13088 del 15/05/2019, Rv. 653884-01).

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione con riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in ordine alla mancata concessione della protezione umanitaria, al cui riguardo la Corte si era limitata a riproporre le considerazioni contenute nella sentenza impugnata.

La censura è infondata.

La Corte di appello ha escluso una situazione di vulnerabilità personale del F., tenuto conto delle sue condizioni di età e di salute, tali da consentirgli un facile reinserimento nel paese di origine, ha posto in evidenza la persistenza di forti legami familiari, escludendo una situazione di significativa fragilità in relazione alle condizioni reali del paese di provenienza e ha infine escluso un inserimento culturale e professionale del richiedente asilo nel territorio italiano.

4. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’Amministrazione.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, (Ndr: testo originale non comprensibile) da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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