LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3725/2018 proposto da:
G.A., nato ad ***** (*****), elettivamente domiciliato in Roma Via Taranto 90, presso lo studio dell’avvocato Vinci Luciano Natale, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Mariani Giuseppe;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BARI, MINISTERO DELL’INTERNO, *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 332/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 23/06/2017;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/09/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.
FATTI DI CAUSA
1. – G.A., cittadino del *****, chiese il riconoscimento della protezione internazionale.
La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bari rigettò la domanda, con decisione che venne impugnata dinanzi al competente Tribunale.
Con ordinanza del 18/8/2016, il Tribunale adito confermò il provvedimento della Commissione territoriale.
2. – Sul gravame proposto dal richiedente, la Corte di Appello di Potenza confermò la decisione di primo grado.
3. – Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso G.A. sulla base di un unico motivo variamente articolato.
Il Ministero dell’Interno, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello negato al richiedente lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e quella umanitaria.
Il motivo è inammissibile.
La Corte territoriale ha motivatamente escluso la sussistenza dei presupposti di fatto per concedere al richiedente lo status di rifugiato (con riferimento al quale ha motivato circa la insussistenza di atti di persecuzione qualificabili ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8) e la protezione sussidiaria (con riferimento alla quale ha motivato circa la insussistenza nel Mali di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, tale da costituire minaccia grave e individuale alla vita del richiedente, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14).
Non sussistono, pertanto, le pretese violazioni di legge. Le doglianze si riducono a censure di merito circa l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, che sono inammissibili in sede di legittimità.
Quanto al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, il motivo è inammissibile per la novità della censura.
Il ricorso, infatti, sottopone alla Corte una censura nuova, che non risulta essere stata dedotta nel giudizio di appello, come si evince dal contenuto della sentenza impugnata (v. p. 3, par. 3.1); nè il ricorrente, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso e a pena di inammissibilità dello stesso, ha adempiuto l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della censura dinanzi al giudice di merito e di riportare in ricorso gli esatti termini in cui essa sia stata posta da lui in primo e secondo grado (Cass., 10/05/2005, n. 9765; Cass. 18/10/2013, n. 23675).
Sul punto, va ribadito il principio, già affermato da questa Suprema Corte, secondo cui è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass., Sez. 2, n. 17049 del 20/08/2015, Rv. 636133).
2. – Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Nulla va statuito sulle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sempre che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto che, pur essendo stato il ricorso dichiarato inammissibile, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, stante l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sempre che tale ammissione non risulti revocata dal giudice competente.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019