LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4485-2014 proposto da:
Z.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO INSERVIENTE;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S.- ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 780/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 06/08/2013 R.G.N. 1235/2012.
RILEVATO
che:
il Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, respinse il ricorso col quale Z.C. aveva chiesto, in via principale, l’annullamento del provvedimento dell’Inps di cancellazione dalla Gestione Commercianti del 23.5.2008, con ripristino del rapporto assicurativo-previdenziale nella suddetta Gestione per il periodo 18.12.1997 – 31.12.2007, oltre che della pensione di invalidità IOCOM 37040768 a decorrere dall’1.6.2007, e, in via subordinata, l’iscrizione nella Gestione Separata per lo stesso periodo, con trasferimento ed utilizzo dei contributi versati in tale arco temporale;
la Corte d’appello di Torino, investita dall’impugnazione di Z.C., ha rigettato il gravame (sentenza del 6.8.2013) dopo aver rilevato che l’appellante aveva continuato a versare contributi alla Gestione Commercianti pur avendo consapevolmente perso tale qualità per aver stipulato in data 11.12.1997 un contratto di associazione in partecipazione con G.S. e che contestualmente era stata cancellata dal registro delle imprese la società in nome collettivo, in precedenza costituita tra i due soggetti, che fondava l’iscrizione alla gestione commercianti;
la stessa Corte ha, altresì, osservato che per la figura di associato in partecipazione rivestita da Z. dal dicembre del 1997 al dicembre del 2003 non era prevista contribuzione, per cui l’Inps non era tenuto ad iscriverlo ad una qualche gestione, mentre a partire dall’1.1.2004 il medesimo avrebbe potuto essere iscritto alla Gestione Separata ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 43 convertito in L. n. 326 del 2003, ma l’Inps aveva già provveduto in tal senso il 13.4.2010;
infine, per quel che concerneva il trasferimento e l’utilizzo dei contributi versati da Z. alla Gestione Commercianti, la Corte di merito ha spiegato che per la parte ancora a credito di quest’ultimo, ammontante ad Euro 10.148,04, l’Inps ne aveva disposto il rimborso, pur non avendo l’appellante provveduto ad incassare tale importo;
per la cassazione di tale decisione propone ricorso Z.C. con due motivi, cui resiste l’Inps con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, artt. 3 – 21 nonies la violazione dei principi di lealtà e di collaborazione tra la Pubblica Amministrazione ed il privato, nonchè la violazione del principio dell’affidamento creato nel privato destinatario dell’azione amministrativa;
2. in pratica, il ricorrente ritiene, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, che il provvedimento di cancellazione della posizione contributiva per il venir meno del presupposto dell’iscrizione alla relativa gestione equivaleva di fatto all’annullamento o alla revoca del precedente provvedimento della sua iscrizione alla Gestione Commercianti Inps, per cui, dovendosi qualificare come provvedimento emesso in sede di autotutela, l’adozione dello stesso soggiaceva al rispetto dei principi di cui alla L. n. 241 del 1990, tra i quali quello dell’obbligo della motivazione 3. invece, nella fattispecie il contestato provvedimento di cancellazione del 23.5.2008 era privo di motivazione, ne l’Inps aveva tenuto conto dell’affidamento ingenerato dal perdurare dell’iscrizione e del versamento dei contributi alla Gestione Commercianti per tutto il tempo trascorso prima della stessa cancellazione;
4. il motivo è infondato per le seguenti ragioni: la Corte d’appello di Torino ha posto bene in evidenza che la comunicazione Inps del 23.5.2008 non era un provvedimento di autotutela, in quanto non si versava in un’ipotesi di annullamento di un atto amministrativo in origine illegittimo, dal momento che i presupposti per l’iscrizione alla Gestione Commercianti originariamente sussistevano, ma semplicemente si era in presenza di un caso di cancellazione di un’impresa dalla Gestione Commercianti per essere venuto meno ad un certo punto il presupposto dell’iscrizione stessa, tanto che la cancellazione era stata sollecitata dallo stesso Z. con richiesta del 25.2.2008, attraverso la quale il medesimo aveva dichiarato di aver cessato l’attività il 31.12.2007;
5. quindi, secondo la logica deduzione della Corte di merito, il provvedimento del 23.5.2008 altro non era che la risposta alla richiesta di Z.C., con la precisazione che la cancellazione era stata effettuata con decorrenza dal 18.12.1997, essendo risultato dagli accertamenti svolti che la società era stata cancellata dal registro delle imprese da allora;
6. in pratica, Z.C. aveva continuato a versare contributi alla Gestione Commercianti pur avendo consapevolmente perso tale qualità per aver stipulato in data 11.12.1997 un contratto di associazione in partecipazione con G.S., tanto che contestualmente era stata cancellata dal registro delle imprese la società in nome collettivo, in precedenza costituita tra i due soggetti, che fondava l’iscrizione alla gestione commercianti;
7. ne consegue che non ha pregio il rilievo del ricorrente secondo cui l’adozione del contestato provvedimento avrebbe dovuto essere eseguita in base alle regole di cui alla L. n. 241 del 1990, essendo, al contrario, corretta la ricostruzione giuridica operata dalla Corte territoriale nei termini di semplice comunicazione di un provvedimento di cancellazione, peraltro sollecitato dal medesimo iscritto alla gestione, una volta accertato che erano venuti meno i presupposti per il mantenimento dell’iscrizione stessa;
8. col secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 8, (convertito nella L. n. 326 del 2003), nonchè vizio di motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, assumendo che la norma appena citata prescrive inderogabilmente l’obbligo di “allineamento” dell’archivio Inps a quello delle Camere di Commercio, senza che sia possibile desumere, come ha fatto la Corte d’appello, il carattere meramente programmatico di tale norma;
9. inoltre, non poteva essere addossato ad esso ricorrente l’effetto negativo della mancata applicazione della suddetta norma, in quanto se il flusso informativo fosse stato effettivamente attivato l’Inps non avrebbe adottato il provvedimento contestato ad una notevole distanza di tempo;
10. il motivo è infondato in quanto non investe la “ratio decidendi” che è incentrata sul rilievo che nella fattispecie non trovava applicazione “ratione temporis” la citata norma di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 8, convertito nella L. n. 326 del 2003 (contemplante l’onere per le Camere di Commercio, industria, artigianato ed agricoltura, di trasmettere, attraverso la struttura informatica di Unioncamere, agli enti previdenziali le risultanze delle nuove iscrizioni, nonchè le cancellazioni e le variazioni relative ai soggetti tenuti all’obbligo contributivo, secondo modalità di trasmissione dei dati concordate tra le parti), posto che la cancellazione di cui trattasi era del 1997, mentre il suddetto adempimento per le cancellazioni era previsto solo a decorrere dall’1.1.2004;
11. inoltre, come correttamente posto in rilievo dalla Corte territoriale con motivazione adeguata in punto di fatto ed immune da vizi di ordine logico-giuridico, eventuali ritardi nell’allineamento non erano tali da sanare la dolosa inerzia di Z.C., il quale aveva omesso per lungo tempo la dovuta comunicazione all’Inps dell’avvenuta cancellazione dell’impresa, per cui l’ente di previdenza aveva continuato ad incassare i contributi relativi alla Gestione Commercianti, dei quali il medesimo iscritto aveva talora sollecitato l’integrazione, essendo stato indotto in errore dall’odierno ricorrente;
12. il ricorso va, pertanto rigettato, con condanna del ricorrente, in base al principio della soccombenza, al pagamento delle spese del presente giudizio che vengono liquidate come da dispositivo; sussistono, infine, i presupposti per la condanna del soccombente al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019