Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.28954 del 08/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11246-2018 proposto da:

A.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA ZUPPELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il 14/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 08/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO MAURO.

RILEVATO

CHE:

1. – A.K. ricorre per quattro mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro il decreto del 14 marzo 2018 con cui il Tribunale di Brescia ha respinto la sua opposizione avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – L’amministrazione intimata resiste con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo denuncia: “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 e del T.U. imm., art. 5, comma 6, per non avere, il Tribunale di Brescia, preso atto della documentazione prodotta e delle dichiarazioni precise e dettagliate svolte sin dalla proposizione della domanda di protezione internazionale e per non aver attivato i poteri officiosi necessari ad un’adeguata conoscenza della situazione del paese di provenienza”.

Il secondo motivo denuncia “motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria su fatti o questioni controverse e decisivi ai fini del giudizio”, censurando il decreto impugnato per essersi sottratto al necessario preliminare scrutinio dei criteri legali previsti in materia, ossia, ragionevole sforzo nel circostanziare la domanda, l’attendibilità estrinseca, situazione individuale e circostanze personali del richiedente, dando importanza solo ad aspetti secondari e ai irrilevanti imprecisioni nel racconto del richiedente asilo.

Il terzo motivo denuncia: “violazione del D.Lgs. n. 251 del 1997, art. 3, lett B), della dichiarazione e la documentazione pertinente prodotta dal richiedente”, censurando il decreto impugnato per aver omesso di considerare che “il ricorrente è fuggito dal paese perchè in serio e lapalissiano pericolo di vita”.

Il quarto motivo denuncia: “illegittimità del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, per violazione del requisito di straordinaria necessità ed urgenza; nonchè violazione degli artt. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15”.

RITENUTO CHE:

4. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

Ciascuno dei primi tre motivi è in se stesso inammissibile:

-) lo è il primo giacchè non ha nulla a che vedere con una denuncia di violazione di legge, in quanto non pone in discussione il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica, ma si limita a lamentare il mancato accoglimento della domanda, prescindendo peraltro dalla motivazione addotta dal giudice di merito, il quale ha ritenuto che il richiedente fosse inattendibile;

-) lo è il secondo, non solo perchè denuncia un vizio che non rientra nel numero di quelli considerati dall’art. 360 c.p.c., in particolare tenuto conto dell’attuale formulazione del numero 5 della norma, ma anche perchè, nell’asserire senza ulteriore approfondimento, che il Tribunale avrebbe dato importanza solo ad aspetti secondari e irrilevanti della vicenda, manca del tutto di cimentarsi effettivamente con la motivazione contenuta nel decreto impugnato, con la quale il Tribunale ha sottoposto la narrazione proveniente dall’ A.K. ad approfondita disamina, ritenendo non credibile nè la narrazione concernente l’incidente di caccia nel corso del quale egli avrebbe involontariamente ucciso un ragazzo, nè quella concernente il comportamento dei familiari della vittima;

-) lo è il terzo, peraltro incomprensibile, già sul piano lessicale, nella rubrica, giacchè prescinde totalmente dalla ratio decidendi svolta nel decreto del Tribunale, la quale si sostanzia nella già menzionata non credibilità della narrazione fornita dal richiedente.

La questione di legittimità costituzionale, infine, è già stata dichiarata non rilevante e manifestamente infondata (v. Cass. n. 17717/2018).

6. – Le spese seguono la soccombenza. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, essendo stato ammesso il richiedente al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito. Dichiarando, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che non sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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