LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18840/2014 proposto da:
Campagna & C. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via Oslavia n. 12, presso lo studio dell’avvocato Badò Fabrizio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Mannino Orazio, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** Spa in Liquidazione, in persona dei curatori fallimentari C.M.D., CA.Fr., CR.Gi., elettivamente domiciliata in Roma, via Panama n. 79, presso lo studio dell’avvocato De Stefano Maurizio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Spaggiari Giulia, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositato il 19/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/06/2019 dal Consigliere Dr. ALDO ANGELO DOLMETTA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.
CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del primo e del terzo motivo, assorbimento del resto;
udito l’avvocato De Stefano Maurizio per il controricorrente, che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1.- La s.p.a. Campagna & C. ha concesso in locazione alla s.p.a. *****, all’epoca in amministrazione straordinaria, un immobile sito in Milano, per la durata minima di sei anni e due mesi.
Successivamente, la procedura di amministrazione straordinaria della ***** è stata convertita in procedura fallimentare. I curatori hanno comunicato il recesso dal contratto di locazione e, in ulteriore prosieguo di tempo, hanno provveduto a riconsegnare i locali.
2.- Ne frattempo, Campagna & C. ha presentato domanda di ammissione al passivo fallimentare per una serie di voci attinenti al rapporto in questione, per crediti tutti posteriori all’avvio dell’A.S., come principalmente relative a canoni di locazione e a costi di ripristino dell’immobile locato.
Il giudice delegato ha ammesso solo parzialmente il credito che veniva preteso.
Campagna & C. ha proposto opposizione, ex L. Fall., art. 98 ss., avanti al Tribunale di Reggio Emilia.
Che la ha accolta parzialmente, con decreto depositato in data 19 giugno 2014.
3.- In particolare, il Tribunale ha ritenuto dovuti i canoni di locazione fino al momento (non di esercizio del recesso, ma) in cui è avvenuta la riconsegna dell’immobile, stimando tale circostanza compiutasi nel momento in cui i curatori hanno attivato (nel gennaio 2013) la procedura di offerta per intimazione ex art. 1216 c.c., comma 2.
Ha poi ritenuto che tutte le voci, di cui la s.p.a. Campagna & C. aveva lamentato il mancato riconoscimento, rientravano nell’ambito del riconosciuto indennizzo.
Ha altresì ritenuto la congruità dell’indennizzo concretamente fissato ex L. Fall., art. 80, pure rilevando, al riguardo, che le “contestazioni dell’opponente rimangono ancorate alle previsioni contrattuali che in questa sede non possono essere fatte valere”.
4.- Avverso il decreto del Tribunale reggiano la s.p.a. Campagna & C. ha presentato ricorso, articolando quattro motivi di cassazione.
Ha resistito, con controricorso, il fallimento della S.p.a. *****.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.- Con il primo motivo, il ricorrente denunzia “violazione degli artt. 1571,1587 e 1216 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. L’effettiva consegna dell’immobile – puntualizza il ricorrente – è avvenuta, secondo quanto pacifico in causa, solo il 21 febbraio 2013: sicchè l’ammissione in prededuzione del credito per canoni avrebbe dovuto estendersi sino a tale data. Per contro, il Tribunale “ha fermato l’ammissione al 31 dicembre 2012.
6.- Il motivo non merita di essere accolto.
In effetti, il motivo svolto dal ricorrente non viene a confrontarsi con la ratio decidendi del provvedimento impugnato, limitandosi ad assumere che, per essere tale, la consegna deve consistere nell'”effettiva immissione nell’immobile”.
Di contro, il Tribunale reggiano ha basato il proprio convincimento sulla ravvisata esistenza della mora credendi in capo all’attuale ricorrente: ripercorrendo, in specie, le più azioni compiute dai curatori fallimentari allo scopo di addivenire appunto alla detta consegna; il “rifiuto” del ricorrente di “riprendere in consegna i locali”; sino all’attivazione, sempre da parte dei curatori, del “procedimento ex art. 1216 c.c., comma 1 e art. 75 disp. att. c.c., comma 1”.
In particolare, non risulta contestato dal ricorrente che i curatori fallimentari abbiano posto concretamente in essere un’offerta formale ai sensi dell’art. 1216 c.c., comma 1; nè che una simile offerta equivalga a consegna.
7.- Il secondo motivo lamenta “violazione della L. Fall., art. 80, nonchè degli artt. 1571 e 1587, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Il motivo concerne i canoni maturati nel periodo in cui il contratto di locazione ha avuto esecuzione.
Secondo la prospettiva del ricorrente, le parti avevano stabilito un determinato canone annuale: “la Campagna & C. tuttavia, al fine di venire incontro alle esigenze della ***** e di favorire la sua attività di ripresa, si dichiarava disponibile a sospendere in via temporanea il pagamento di una parte del canone pattuito”. Sennonchè, la “Campagna & C. ha concesso tale agevolazione “condizionatamente e unicamente” per il caso in cui il contratto di locazione abbia durata per almeno sei anni e due mesi”.
8.- Il motivo non è ammissibile.
Da un lato, esso risulta difettare del necessario requisito dell’autosufficienza (art. 366 c.p.c.), posto che viene a trascrivere solo degli stralci delle pattuizioni che assume essere intercorse tra le parti. Dall’altro, il motivo induce una questione di lettura e interpretazione dei patti medesimi, che è attività riservata al giudice del merito (cfr., da ultimo, la pronuncia di Cass., 26 luglio 2019, n. 20274).
9.- Il terzo motivo di ricorso ha contenuto complesso e non del tutto lineare (con percorso che muove dalla p. 17, per terminare con le prime due righe di p. 24). Nella sostanza il ricorrente muove quattro distinte censure al provvedimento impugnato.
9.1.- La prima (p. 17 s., suo let. a.) assume “violazione dell’art. 80 e dell’art. 1590 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.
Il ricorrente richiama in modo particolare, al riguardo, anche la regola contrattuale relativa all’obbligo del conduttore di ripristinare, per il caso di cessazione del contratto, lo stato quo antea dell’immobile locato. E pure riporta nel dettaglio i lavori di ripristino stabiliti dalla regola pattizia.
9.2.- La seconda censura (p. 18 ss. sub lett. b. e c.) fa riferimento alla violazione sempre della L. Fall., art. 80 e art. 1590 c.c., per richiamare le pattuizioni intercorse tra le parti circa la facoltà del locatore di preferire il conseguimento di una data somma, in luogo dell’effettivo ripristino dello stato delle cose, con connessa dichiarazione del conduttore di ritenere “congrua ed equa” la detta somma.
9.3.- La terza censura (p. 20 ss., sub un’ulteriore lett. c.) assume violazione della L. Fall., art. 80, per sostenere che il Tribunale reggiano ha fatto un'”applicazione distorta e impropria” della L. Fall., art. 80, per l'”estrema irrisorietà ed esiguità dell’indennizzo determinato”: “nonostante gli enormi sforzi profusi” – si sottolinea – “l’immobile è a tutt’oggi sfitto e vuoto”.
9.4.- La quarta censura (p. 23 s., sub lett. d.) segnala “violazione dell’art. 1243 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”: il Tribunale “non ha deciso la domanda avanzata dalla Campagna & C. volta a ottenere la compensazione tra i crediti dalla stessa maturati e la cauzione … versata dalla ***** in amministrazione straordinaria”.
10.- In relazione alla prima censura (n. 9.1.), si deve rilevare che, secondo quanto dispone la norma dell’art. 1590 c.c., il locatore ha diritto di ricevere, in sede di restituzione, la cosa “nello stato medesimo” in cui la ha data, “salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità al contratto”.
Pure è da riscontrare, in proposito, che l’indennizzo stabilito dalla norma della L. Fall., art. 80, comma 3, non risulta concernere, in sè, questo profilo del rapporto contrattuale. Secondo quanto emerge direttamente dalla lettera di questa norma, in effetti, si tratta di indennizzo non onnicomprensivo, bensì collegato all'”anticipato recesso” effettuato dal curatore: inteso, come tale, a dare riscontro e riparo alla minore durata del rapporto rispetto alle previsioni stabilite nel contesto del programma contrattuale (cfr. Cass., 11 novembre 1994, n. 9423).
Non può per contro darsi ingresso alle previsioni contrattuali relative alla preventiva individuazione e definizione delle opere di ripristino, nè a quelle intese a sostituire la concreta effettuazione delle opere medesime con una prefissata somma di danaro, come pure pretenderebbe il ricorrente (cfr. rispettivamente nella seconda parte del n. 9.1. e il n. 9.2.). Secondo quanto correttamente rilevato dal giudice del merito, la normativa disposta dalla L. Fall., art. 80, non è disponibile da parte dell’autonomia dei privati.
Segue al complesso di queste osservazioni che va accolta la prima censurà svolta dal ricorrente, nel limite, peraltro, direttamente fissato dalla norma dell’art. 1590 c.c., senza alcuna “correzione” di tratto negoziale.
11.- Non può essere accolta la censura sulla misura dell’indennizzo liquidato dal giudice delegato, di cui al n. 9.3.
Per sua propria natura, la determinazione dell'”equo indennizzo” previsto dalla norma rientra nella discrezionalità del giudice del merito, che, come tale, non è sindacabile dal giudice di legittimità. D’altro canto, la liquidazione compiuta dal Tribunale reggiano rispetta senz’altro il limite della plausibilità, posto che non manca di rapportare la misura dell’indennizzo dovuto a quella dei canoni pattuiti.
12.- Va accolta là censura del ricorrente che è stata riferita nel precedente n. 9.4.
Per quanto espressi in termini non proprio precisi, i contenuti del motivo vengono nella sostanza a lamentare il vizio di omessa pronuncia, in relazione alla compensazione rilevata dal ricorrente tra il proprio credito ammesso e l’obbligo di restituzione della cauzione a suo tempo percepita dalla società poi fallita.
In effetti, il Tribunale reggiano – dopo avere riscontrato, tra le richieste svolte dall’opponente, quella di “dedurre in compensazione dei crediti … la cauzione versata” – ha poi trascurato di esaminarne i relativi profili.
13.- Il quarto motivo di ricorso (per errore da questo indicato come motivo n. 6) assume violazione della normativa di legge sulla regolamentazione delle spese processuali.
Ad avviso del ricorrente, la decisione di condannare il ricorrente al pagamento di tali spese è “inaccettabile e illegittima”: il fallimento ha proposto un’eccezione di inammissibilità dell’opposizione, che è stata rigettata implicitamente dal Tribunale; dunque, nella specie è il fallimento, non la s.p.a. Campagna & C., a risultare “in prevalenza soccombente”.
14.- Il motivo è assorbito dall’accoglimento delle censure innanzi indicate, posto che il giudice del merito dovrà provvedere a nuova liquidazione delle spese.
15.- In conclusione; vanno accolte le censure contenute nella lett. a del terzo motivo, limitatamente all’applicazione della norma dell’art. 1590 c.c. (cfr. nn. 9.1. e 10) e nella lett. d del terzo motivo (cfr. nn. 9.4. e 12), assorbito il quarto, mentre vanno respinte tutte le altre censure.
Di conseguenza, in relazione agli indicati aspetti va cassato il decreto impugnato e la controversia rinviata, per i medesimi profili, al Tribunale di Reggio Emilia che, in diversa composizione, si occuperà pure di provvedere alle determinazioni inerenti alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso in relazione alla lettera a), nei limiti indicati in motivazione, e alla lett. c), respinge la restante parte del terzo motivo, nonchè il primo e il secondo, assorbito il quarto motivo di ricorso. Cassa, in relazione agli enunciati profili, il decreto impugnato e, quanto ai medesimi, rinvia la controversia al Tribunale di Reggio Emilia che, in diversa composizione, si occuperà pure di provvedere alle determinazioni inerenti alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 20 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019