Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28966 del 08/11/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20628/2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria Civile della Suprema Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato Visanzillo Massimiliano;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 17/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/06/2019 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano, con decreto depositato il 17 maggio 2018, ha rigettato la domanda di S.A., cittadino del *****, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato.

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il Tribunale di Milano ha evidenziato l’insussistenza del pericolo del ricorrente di essere esposto a grave danno per la sua vita ed incolumità fisica in caso di ritorno nel paese d’origine.

Infine, il ricorrente è stato ritenuto non meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una specifica situazione di vulnerabilità personale del ricorrente.

Ha proposto ricorso per cassazione S.A. affidandolo ad un unico articolato motivo. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stata dedotta dal ricorrente la violazione ed errata applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2003, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11 ed al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,4 e 8.

Lamenta il ricorrente che il Collegio non ha provveduto alla sua audizione personale, nonostante la richiesta formulata dal suo difensore, sul rilievo che lo stesso non aveva introdotto ulteriori temi d’indagine nè allegato fatti nuovi, così impedendogli di colmare le lacune istruttorie sia in sede amministrativa che giurisdizionale.

Ad avviso del ricorrente, una corretta lettura del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, dovrebbe comunque imporre la fissazione della comparizione personale del richiedente la protezione al fine di consentire allo stesso di introdurre eventualmente nuovi temi d’indagine.

2. Il motivo è infondato.

Va osservato che recentemente questa Corte ha statuito che nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia stata garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero, se tale domanda risulti manifestamente infondata in base agli elementi di prova desumibili dal fascicolo e a quelli diversi emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa (Cass. n. 5973/2019; conf. N. 2817 del 31/01/2019).

Nel caso di specie, posto che il Tribunale ha comunque esaminato la trascrizione del colloquio attuata secondo quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, comma 1, nonchè l’intera documentazione acquisita, di cui all’art. 35 bis, comma 8, D.Lgs. cit., il ricorrente, nel richiedere al giudice di merito la propria audizione, non ha neppure minimamente indicato le ragioni del richiesto approfondimento istruttorio, nè le eventuali lacune del procedimento amministrativo che la sua audizione avrebbe dovuto asseritamente colmare, limitandosi a dedurre genericamente che con la stessa audizione avrebbe potuto introdurre nel giudizio nuovi (ed imprecisati) temi d’indagine.

Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite, non essendosi il Ministero intimato costituito in giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472