Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28975 del 08/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23233-2018 proposto da:

J.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA n. 239, presso lo studio dell’avvocato VALENTINA VALERI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIACOMO CAINARCAROMA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 749/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con provvedimento notificato il 12.11.2015 la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano respingeva l’istanza dell’odierno ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria o in subordine quella umanitaria.

Con ordinanza del 19.1.2017 il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione proposta da J.K. contro il provvedimento reiettivo della Commissione territoriale.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 749/2018, la Corte di Appello di Milano rigettava l’impugnazione proposta da J.K. avverso la decisione di prime cure, ritenendo in particolare che la storia raccontata dal ricorrente, cittadino della Guinea Bissau fuggito dal proprio Paese di origine per timore di essere incarcerato senza processo in conseguenza di un furto di bestiame, come già accaduto per il padre e il fratello, si risolvesse in una vicenda privata inidonea a dimostrare la sussistenza di profili di vulnerabilità tali da consentire il riconoscimento della protezione invocata dal J..

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione J.K. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 10 Cost., comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte di Appello avrebbe omesso di valutare la sua condizione di vulnerabilità tenendo conto della situazione del suo Paese di origine. Ad avviso del ricorrente, la Guinea Bissau sarebbe interessata dall’assenza di protezione giudiziaria e dalla corruzione diffusa delle forze di sicurezza; inoltre tutta l’area dell’Africa sub-sahariana sarebbe percorsa da fenomeni di violenza, conflitto etnico ed insufficiente controllo del territorio da parte delle Autorità statali, con conseguente condizione di vulnerabilità dei cittadini dei Paesi compresi nella predetta zona.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 perchè la Corte ambrosiana avrebbe dovuto tener conto che aì fini della concessione della protezione sussidiaria o umanitaria non occorre la dimostrazione del pericolo personale in capo al richiedente, come per il riconoscimento dello status di rifugiato, ma è sufficiente il riferimento alla condizione generale del Paese e al pericolo per l’incolumità dei cittadini che da esso deriva. Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto in alcun modo della predetta condizione della Guinea Bissau.

I due motivi, che per la loro connessione meritano una trattazione congiunta, sono fondati nei limiti di quanto segue.

Dall’esame della sentenza gravata risulta che la Corte di Appello ha condotto – al contrario di quanto affermato dal ricorrente – una valutazione delle condizioni interne del Paese di provenienza del richiedente la protezione. Tuttavia detto approfondimento è stato erroneamente condotto con riferimento ad un Paese tutt’affatto diverso da quello dal quale l’odierno ricorrente proveniva. La Corte ambrosiana infatti ha affermato (cfr. pag. 5 della decisione impugnata) che “La situazione attuale della Nuova Guinea, in ogni caso, non giustifica la richiesta di protezione internazionale”. Il riferimento alla Nuova Guinea è evidentemente erroneo, in quanto il ricorrente proviene dalla Guinea Bissau, che si trova in Africa equatoriale, mentre la Nuova Guinea è situata in Oceania. In assenza di ulteriori elementi ricavabili dalla sentenza appellata che possano dimostrare che la Corte territoriale abbia in realtà riferito sua valutazione alla Guinea Bissau – e non alla Nuova Guinea, come invece emerge testualmente dalla decisione impugnata- si deve ritenere che predetta valutazione sia stata erroneamente condotta con riferimento ad uno Stato assolutamente diverso da quello di provenienza dell’odierno ricorrente.

Da ciò deriva l’accoglimento delle censure proposte dal ricorrente, posto che l’accertamento della condizione del Paese di provenienza, tanto ai fini della concessione della tutela sussidiaria che di quella umanitaria, va condotto necessariamente con riferimento allo Stato di origine del richiedente la protezione, dovendosi in caso contrario ritenere omessa l’attività di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito nell’ambito del giudizio finalizzato alla concessione della protezione internazionale o umanitaria.

Può conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto: “La valutazione della situazione interna del Paese di provenienza del richiedente la protezione internazionale o umanitaria deve essere condotta, sia con riferimento al riconoscimento della protezione sussidiaria, sin con riguardo al riconoscimento della protezione umanitaria, tenendo conto della situazione effettiva ed attuale del Paese di origine del richiedente. Quando dalla sentenza impugnata risulti che il giudice di merito abbia fatto riferimento ad un Paese diverso da quello di provenienza del richiedente la protezione, l’obbligo di cooperazione istruttoria va ritenuto sostanzialmente disatteso, senza che possano farsi derivare, dalla predetta valutazione riferita ad un Paese diverso da quello di origine del richiedente la protezione, elementi di confronto in qualsiasi modo riferibili al diverso Paese di effettiva provenienza del richiedente”.

Il ricorso va pertanto accolto e la causa va rimessa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, affinchè riesamini la situazione alla luce del principio appena enunciato.

Le spese del presente giudizio di legittimità saranno regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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