LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12526/2017 proposto da:
Pa.co Pacifico Costruzioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Ofanto n. 18, presso lo studio dell’avvocato Esposito Antonio, rappresentata e difesa dall’avvocato Ruggiero Gaetano, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in Roma, piazza Cavour” presso le Cancelleria Civile della di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Imondi Augusto, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE, dell’1 1/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/09/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto;
udito, per il ricorrente, l’avvocato Gaetano Ruggiero che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.- La vicenda giunta all’esame di questa Corte muove da un bando di gara per l’appalto di lavori di restauro del Teatro San Carlo di Napoli. Alla gara ha partecipato, tra gli altri, una costituenda ATI avente a capogruppo la s.p.a. PA.CO. e tra i mandanti la s.p.a. ***** – che si è collocata al secondo posto della graduatoria di merito.
In esito allo svolgimento di un giudizio avanti alla giustizia amministrativa (prima, avanti al Tar; poi, avanti al Consiglio di Stato), la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto soggetto tenuto al pagamento, ha riconosciuto una somma a titolo risarcitorio alle diverse imprese aderenti all’ATI. La somma è stata suddivisa in proporzione della quota di partecipazione di ciascuna impresa aderente all’ATI.
2.- In tempi successivi id s.p.a. ***** è stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del *****.
Con domanda L. Fall., ex art. 101, comma 4, la capogruppo PA.CO. ha chiesto di essere ammessa al relativo passivo fallimentare in prededuzione per rimborso di una quota dei costi affrontati per il contenzioso amministrativo; per corrispettivo del servizio di “coordinamento generale”, svolto dalla capogruppo; per restituzione di una parte della somma incassata da *****, perchè il “patto parasociale”, corrente tra gli aderenti all’ATI, disciplinava l’attività da svolgere tra i vari soggetti coinvolti secondo misure diverse da quelle assunte nell’ATI (in particolare, nel patto l’attività demandata a ***** veniva fissata all’11,58%, mentre nella dichiarazione di impegno di cui all’ATI risultava al 18,24%; quella di Pa.Co. saliva invece dal 44,10% al 55,00).
Su conforme proposta del curatore, il giudice delegato ha ammesso la prima richiesta (per i costi sopportati per il giudizio amministrativo, cioè), respingendo per contro le altre due.
3.- Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha poi confermato queste esclusioni, rigettando l’opposizione proposta dalla s.p.a. PA.CO.
Il giudice ha in particolare ritenuto la nullità pro parte del patto parasociale, “per contrarietà ai principi e alle norme vigenti ratione temporis in materia di ATI, in ordine alla immutabilità e alla necessaria e perfetta corrispondenza tra le quote di partecipazione e le quote di esecuzione dei lavori da parte di ciascuna associata e, quindi, di ripartizione del corrispettivo dell’appalto”; e in particolare dell’art. 37, comma 13 codice dei contratti pubblici (c.d. necessaria simmetria tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento). Pure ha richiamato, in propostito l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 27 del 2014.
Per quanto concernente la richiesta relativa al servizio di “coordinamento generale”, poi, il Tribunale ha rilevato che non risultavano compiute le attività indicate al riguardo e che, comunque, tutto era già stato liquidato con l’ammissione del credito per i costi sopportati nel giudizio avanti la giustizia amministrativa.
4.- Avverso tale provvedimento ricorre la s.p.a. PA.CO, spiegando tre motivi di cassazione.
Resiste il Fallimento della s.p.a. *****.
Il ricorrente ha anche presentato memoria.
5.- La controversia è stata chiamata all’adunanza non partecipata del 20novembre 2018 della Sesta Sezione civile. L’ordinanza interlocutoria n. 4969/2019 ha rimesso la controversia alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6.- I motivi sono intestati nei termini di seguito riportati.
Il primo motivo assume “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. violazione e falsa applicazione del principio dell’immutabilità dell’ATI D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 37 comma 9”.
Il secondo motivo assume “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del principio della corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione – D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 37, comma 13”.
Il terzo motivo assume “art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, omesso esame circa un fatto decisivo pure oggetto di discussione – omessa valutazione che nell’attività di coordinamento generale riconosciuta alla PA.CO. s.p.a. non può che rientrare anche l’instaurazione del giudizio risarcitorio e la rappresentazione in giudizio delle imprese costituende l’ATI (tra cui *****)”.
7.- Il primo motivo di ricorso censura, in particolare, la decisione del Tribunale di ritenere nullo il patto parasociale, a suo tempo intercorso tra i partecipanti dell’ATI costituita in funzione dello svolgimento della gara di appalto. La contestazione è articolata lungo tre profili.
7.1.- La prima contestazione è che la violazione dell’art. 37 codice appalti (nella versione vigente all’epoca) “non determina nullità assoluta della partecipazione”. “L’interesse pubblico tutelato” – si assume, anche richiamando una pronuncia del Consiglio di Stato e una del TAR Sardegna – “è quello alla trasparenza delle procedure finalizzate alla selezione delle imprese”: “l’esigenza di piena conoscenza non risulta frustrata dalla circostanza che l’assetto del raggruppamento partecipante alla gara venga modificato in riduzione, in quanto tale deminutio non incide sulla piena valutazione e conoscenza dei requisiti sussistenti in capo alle rimanenti imprese”. Sì che non vi è stata violazione dell’art. 37, art. 9 “in quanto non vi è stata modifica soggettiva”.
7.2.- La seconda censura riscontra che la pattuizione difforme dalle prescrizioni dell’art. 37, che è intercorsa tra le parti dell’ATI, riguarda solamente i rapporti interni: “la ridefinizione interna dei rapporti tra le società dell’ATI” – così si precisa – “non ha determinato alcuna modifica del soggetto con cui si interfaccia l’amministrazione committente”; l’amministrazione, del resto, “ha sempre avuto conoscenza piena (relativamente ai requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativi ed economici-finanziari) dei soggetti che con essa intendono contrarre”.
7.3 la terza critica si condensa nell’affermazione per cui la più eclatante conferma della correttezza della interpretazione appena fornita risiede nel fatto che il legislatore ha recepito questa impostazione, abrogando del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 7, il comma 13".
8.- Il motivo non risulta fondato in nessuna delle articolazioni in cui è stato strutturato.
In proposito va rilevato, prima di tutto, che la normativa del codice dei contratti pubblici vigente all’epoca (come anteriore, cioè, alla novella del 2012) disponeva, in particolare, che “devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti” (art. 37, comma 4); che “è vietata qualsiasi modificazione della composizione dei raggruppamenti… rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta”; che “i concorrenti riuniti in raggruppamento devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento” (art. 37, comma 13).
Da questo insieme normativo emerge chiaro, per la verità, che la disciplina dell’epoca poneva – quale interesse pubblico sotteso alla regolamentazione della materia – non già il mero obiettivo di evitare che, in corso d’opera, si verificassero improprie sostituzioni soggettive, come pur sostiene il ricorrente. Assumeva a proprio principio, piuttosto, quello della corrispondenza tra quote di partecipazione all’ATI e quote di esecuzione dei lavori.
Come ha notato il Consiglio di Stato (in adunanza plenaria), nel contesto della sentenza 28 agosto 2014, il rilievo assunto dal rispetto di tale corrispondenza era tale da imporsi “già nella fase dell’offerta”, costituendo la relativa dichiarazione requisito di ammissione alla gara e non contenuto di obbligazione da far valere solo in sede di esecuzione del contratto”.
9 – la stessa documentazione del giudice amministrativo ha pure segnalato in proposito, che la corrispondenza in discorso esprime un precetto imperativo che introduce un requisito di ammissione” e che la normativa del codice deve “intendersi corrispondentemente etero-integrata ai sensi dell’art. 1339 c.c., sicchè la sua inosservanza determina l’esclusione dalla gara”.
Del resto, la disciplina contenuta nell’art. 37 è anche univoca nel prescrivere che il mancato rispetto del requisito della corrispondenza tra partecipazione all’ATI e l’esecuzione dei lavori comporta “annullamento della gara, nullità del contratto, esclusione dei concorrenti riuniti in associazione” (cfr. così, in particolare, la disposizione del comma 10 dell’articolo in questione, come non ha mancato di segnalare, in specie, la requisitoria del P.M.).
Poste queste premesse, non può dubitarsi che siano affette da nullità (ex art. 1418 c.c., comma 1; nullità c.d. virtuale) le pattuizioni che vengano a opporsi, o comunque intendano derogare, al detto principio di corrispondenza (in relazione al periodo di vigenza del medesimo, naturalmente).
10.- Passando alla seconda delle censure mosse dal ricorrente (cfr. sopra, n. 7.2.), va ora riscontrato che non muta lo stato delle cose la circostanza che il patto parasociale abbia riguardato solo “i rapporti interni” tra i partecipanti all’ATI, nè quella per cui, nel concreto, l’ATI non ha avuto poi esecuzione, discutendosi nella specie della distribuzione tra i partecipanti solo di un diritto risarcitorio.
Non è infatti contestato che, nella specie, il patto parasociale intercorso tra le parti non si sia limitato a riguardare una diversa, non proporzionale, distribuzione delle utilità economiche rivenienti dalla (eventuale) assegnazione dell’appalto. Lo stesso ha configurato, per contro, proprio una “diversa distribuzione dell’esecuzione”, solo per conseguenza venendo a comportare una diversa (da quella originaria, e) co0nseguente distribuzione delle dette unità, un simile patto dunque, non può avere incidenza diretta nei confronti della stazione appaltante.
E’ da stimarsi sicuro, d’altra parte, che il patto parasociale vada valutato con riferimento al momento di partecipazione alla gara, nella prospettazione programmatica – ovvero potenziale – dei suoi effetti. La sussistenza di un diritto risarcitorio segue, del resto, proprio alla rilevazione di vizi connessi allo svolgimento della gara di appalto; dunque, si pone a rimedio del mancato svolgimento del rapporto contrattuale con la stazione appaltante (con riferimento, appunto, all’eventualità in cui l’ATI si fosse aggiudicata la gara).
11.- Quanto poi alla terza censura che compone il motivo, sui legami correnti tra la normativa anteriore alla novella del 2012 e quella da questa apportata (sopra n. 7.3.), è senz’altro da escludere l’eventualità di leggere quest’ultima come meramente ricognitiva della precedente. Secondo quanto puntualizzato dalla corretta rilevazione della già citata sentenza del Consiglio di Stato, i due regimi si manifestano anzi separati da una vera e propria “frattura”.
12.- Il secondo motivo di ricorso afferma che il “principio della corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione, di cui all’art. 37, comma 13” (vigente all’epoca) “si considerava derogabile dalle parti e, pertanto, determina al più una nullità relativa in favore della sola committente e non in favore di altra società partecipante all’ATI”.
“Risulta quanto meno singolare” – annota il ricorso – “avere disposto tra le parti Orme e Pa.Co. la nullità di un accordo, pacificamente opponibile alla curatela, afferente all’incasso di somme dovute per un risarcimento derivante dalla mancata partecipazione a una gara”.
13.- Il motivo non è fondato.
Secondo quanto già riscontrato nell’esame del primo motivo di ricorso, il principio della corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione, di cui all’insieme normativo dell’art. 37 (nel testo applicabile alla fattispecie concreta), esprime un precetto imperativo. Lo stesso, in quanto tale, non può certo ritenersi derogabile dall’autonomia delle parti.
14.- Non merita credito – va poi aggiunto – l’opinione del ricorrente per cui, assunto che il principio della corrispondenza è posto nell’interesse proprio della stazione appaltante, solo quest’ultima sarebbe legittimata a fare valere in giudizio il suo mancato rispetto. Nei fatti, una simile opinione sembra volere spostare l’asse dell’interesse protetto dall’area di quello pubblico generale a quello della singola stazione appaltante, con ulteriore passaggio rendendo quest’ultimo pure disponibile da parte della stazione medesima; finendo, dunque, per assegnare all’interesse protetto dalla norma un aspetto in buona sostanza privato. Corrispondentemente, intende deviare il rimedio, posto a presidio del principio di corrispondenza, dalla zona della nullità verso quella forma di invalidità minore che è rappresentata dall’annullabilità.
Come si è già visto (cfr. specialmente nel n. 9), tuttavia, l’insieme normativo di cui all’art. 37 non autorizza per nulla una lettura di questo genere.
D’altro canto (seppur in via correlata), è principio cardine del sistema generale della nullità negoziale, che la legittimazione a farla valere spetta a chiunque vi abbia interesse (cfr. la norma dell’art. 1421 c.c.). Ora, è pur vero che l’ordinamento attuale non manca di conoscere ipotesi di nullità a legittimazione ridotta. Pure è vero, tuttavia, che simili ipotesi – comunque eccentriche nei confronti del sistema generale e volta a volta determinate da motivi diversi e non omogenei tra loro – risultano in ogni caso supportate da ragioni specifiche e normativamente espresse.
15.- Il motivo di ricorso assume che il Tribunale ha errato nel non riconoscere il credito dal ricorrente esposto per “attività di coordinamento generale riconosciuta”.
“Una volta accertata la opponibilità alla ***** del regolamento di associazione temporanea del 29.07.2008” – così si argomenta “tutto è opponibile alla massa”: in particolare, “se è stato riconosciuto il debito per costi affrontati per il contenzioso”, non può che essere riconosciuto anche il debito per la detta attività di coordinamento generale.
16.- Il motivo è inammissibile.
Lo stesso non risulta confrontarsi con la ratio decidendi espressa dal decreto impugnato. Questo, infatti, ha rilevato che “nessuno dei servizi elencati” nell’art. 4 del regolamento (conferimento di incarico alla mandataria) “è stato reso dalla mandataria” (cfr. anche sopra nell’ultimo capoverso del n. 3).
17.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00, per esborsi), oltre al 15% per spese generali e accessori di legge.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 11 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019