Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28980 del 08/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16553/2018 proposto da:

M.Y., elettivamente domiciliato in Rovigo, via Badaloni n. 19, presso lo studio dell’avvocato Elena Petracca, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 980/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/09/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- M.Y., cittadino pakistano proveniente dalla regione del *****, ha proposto ricorso avanti al Tribunale di Venezia avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Venezia sezione di Padova, di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) come pure di riconoscimento della protezione umanitaria.

Il Tribunale ha respinto il ricorso con ordinanza del dicembre 2016. M.Y. ha impugnato la decisione avanti alla Corte di Appello di Venezia. Che la ha respinto, con sentenza depositata il 24 aprile 2018.

2.- La Corte territoriale ha rilevato che le ragioni dell’espatrio addotte dal richiedente – l’essere stato allontanato dalla sua stessa famiglia, avendo perso il lavoro a causa della sua condizione di alcolista – non possono in alcun modo essere ricondotte alle fattispecie assunte come rilevanti dal vigente sistema della protezione internazionale; che la regione del ***** non risulta nell’attuale connotata da situazioni riconducibili alla norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); che il ricorrente non ha allegato nessuna situazione di vulnerabilità specifica alla propria persona.

3.- Avverso questa decisione ricorre M.Y., articolando tre motivi di cassazione.

Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente censura la decisione della Corte veneta: (i) col primo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,L. n. 241 del 1990, art. 3 per non essersi la stessa attivata “al fine di una cooperazione istruttoria in ordine all’accertamento delle condizioni aggiornate del Paese di origine”; (ii) col secondo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 207, art. 14, lett. a) e b) e c), L. n. 241 del 1990, art. 3 per non avere verificato la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria; (iii) col terzo motivo, per violazione delle norme del D.Lgs. n. 289 del 1998, art. 5, comma 6, L. n. 241 del 1990, art. 3.

5.- Il ricorso non può essere accolto.

Assume in particolare il ricorrente, col primo motivo di ricorso, che l’assunta violazione del dovere di cooperazione istruttoria sta, essenzialmente, nella mancata verifica delle attuali condizioni socio politiche del Pakistan, con specifico riguardo allo “status sociale delle persone affette da dipendenza” per “abuso di sostanze alcoliche”. Lo stesso tuttavia trascura di indicare le ragioni per cui l’abuso di sostanza alcoliche dovrebbe – per ciò stesso – dare corso al diritto di rifugio ovvero alla protezione sussidiaria. Tanto più che, secondo quanto riferisce lo stesso ricorrente (p. 29), nel caso in esame egli “ha sconfitto la sua dipendenza”.

Quanto al secondo motivo, il ricorrente – fatto cenno del report che è stato utilizzato dalla Corte territoriale – assume la sussistenza di documentazione attestante situazioni di disordini e di terrorismo nel *****. Si tratta, dunque, di una censura di fatto, come tale non sindacabile in cassazione.

In punto di protezione umanitaria, infine, il ricorrente non allega la presenza di situazioni di vulnerabilità specificamente attinenti alla propria persona.

6. Non essendosi costituito il Ministero dell’Interno non ha luogo provvedere alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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