LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23320-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
M.M.V.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 36/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della BASILICATA, depositata il 18/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PIERPAOLO GORI.
RILEVATO
che:
– Con sentenza n. 36/1/18 depositata in data 18 gennaio 2018 la Commissione tributaria regionale della Basilicata rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 111/1/16 della Commissione tributaria provinciale di Matera che aveva accolto il ricorso di M.M.V. relativo ad avviso di accertamento per II.DD. 2012;
– Il contribuente, titolare di ditta individuale esercente attività di formazione, risultava sulla base di accertamento aver omesso di dichiarare reddito di impresa per oltre 73.000 Euro, a seguito di rapporti commerciali intrattenuti con la società Futura Soc. cons. r.l. in relazione all’organizzazione di corsi di formazione a *****. Il contribuente deduceva di aver intrattenuto rapporti solo con la società Cooperativa Marenostrum di *****, che a sua volta intratteneva rapporti con la società Futura, affermava di aver ricevuto le somme di iscrizione corrisposte dai corsisti, e di aver trattenuto di questi il 50%, riversando il restante 50% degli incassi alla Marenostrum;
– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia ricorrente deducendo tre motivi. Il contribuente non si è costituito restando intimato.
CONSIDERATO
che:
– Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -, l’Agenzia ricorrente lamenta la nullità della sentenza, in violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., e dunque del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del principio di non contestazione, per aver la CTR dapprima ritenuto contestata dal ceintribuente la percezione da parte del sig. M. di tutte le somme corrispostegli dai corsisti di *****, fatto pacificamente ammesso, e poi aver ritenuto che l’Agenzia non avesse contestato in sede di appello che tale somma fosse stata suddivisa al 50% tra il M. e la cooperativa Marenostrum;
– Il motivo è fondato. Va rammentato che “L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dello stesso codice, che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonchè, specificamente, dell’atto di appello (Cass. n. 22759 del 27/10/2014, Cass. n. 6835 del 16/3/2017). Ne consegue che l’omessa pronuncia determina nullità della sentenza.” (Cass., Sez. 5, n. 10036 del 24/04/2018); “In materia di ricorso per cassazione, mentre l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito – e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare – non è mai sindacabile in sede di legittimità, l’errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, è sindacabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 115 medesimo codice, norma che vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza per mancata ammissione di un capitolo di prova – ritualmente dedotto in primo grado e reiterato in appello riguardante il rispetto della clausola di contingentamento, quale requisito prescritto per la legittima apposizione del termine ad un contratto di lavoro, avendo riferito la deduzione della società datrice all’esclusiva esistenza delle esigenze giustificatrici).” (Cass. Sez. L -, Sentenza n. 27033 del 24/10/2018, Rv. 651251 – 01);
– Orbene, alle pagg.9 e 10 del ricorso, con compiuta autosufficienza si riporta il contenuto della pagina 3 del ricorso introduttivo “ove dal 4 capoverso in poi si legge che il M. incassava tutte le somme dai corsisti e che poi, secondo gli accordi contrattali avrebbe dovuto girare il 50% di tale somma alla coop. Marenostrum. Ancora, a pag.4 del ricorso al 5 capoverso si leggono le modalità con cui il M. avrebbe dovuto corrispondere alla coop. Marenostrum il 50% di quanto da lui precedentemente incassato dai corsisti, ivi si legge testualmente “E’ stabilito che il pagamento della quota di 1.500,00 per allievo doveva essere pagato da Multicenter School a Marenostrum nel seguente modo: (…)””;
– Con tale affermazione collide la affermazione, generica in quanto priva di riferimenti individuati a singoli documenti ed elementi di prova del processo, contenuta in sentenza secondo cui “è doveroso valutare anche altri elementi, che nel caso di specie depongono per la inesistenza di una sottrazione di materia imponibile nella misura indicata dall’Ufficio, posto che sono stati versati in atti documenti non contestati che provano il reale assetto dei rapporti giuridici tra i corsisti e soggetti diversi dall’odierno appellato (…) senza contestare il dato che i primi giudici hanno ritenuto provato e relativo alla suddivisione degli incassi tra il M. e la Mare Nostrum (…)”;
– Al contrario, prima nelle controdeduzioni in primo grado e poi in appello – elementi riprodotti per autosufficienza a pag.11 del ricorso – l’Agenzia ha contestato tale assunto, dolendosi del fatto che la difesa del contribuente non aveva in alcun modo dimostrato la consegna alla cooperativa Marenostrum del 50% delle somme incassate dal contribuente da parte dei corsisti di ***** (“non si chiarisce minimamente (…) il supporto probatorio comprovante la reale suddivisione, equivalente al 50% dei ricavi derivanti dalle quote di iscrizione ai corsi (…)”;
– L’accoglimento del primo motivo comportando la nullità della sentenza determina l’assorbimento dei restanti due motivi con cui si deducono violazioni di plurime disposizioni di legge, e ne discende la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per il regolamento dellè spese di lite;
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Basilicata, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per il regolamento delle spese di lite.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019