Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29021 del 11/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11643-2016 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, *****, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato GAETANO BASILE, rappresentata e difesa dall’avvocato SEVERINO ANIELLO DE ROSA;

– ricorrente –

contro

TRASPORTI F. & C. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AL QUARTO MIGLIO 50, presso lo studio dell’avvocato ROSA CARLO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 9818/32/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 06/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 11/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La CTR Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo il ricorso proposto dalla Trasporti F. e c srl contro la cartella di pagamento relativa a IVA per l’anno 2009, ritenendo che l’atto impugnato fosse nullo per difetto di motivazione, mancando le pagg. 3 e 4. Secondo la CTR non era dunque possibile ricavare aliunde gli elementi necessari alla compiuta conoscenza della pretesa tributaria, non essendo stata la cartella preceduta da nessun altro atto, come era stato dedotto dall’appellante e non contestato dalle controparti.

Equitalia sud spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, al quale ha resistito la società intimata con controricorso.

Con ordinanza interlocutoria n. 15711/2017 questa Corte ha rinviato a nuovo ruolo in relazione alla domanda di adesione alla definizione agevolata dei carichi pendenti introdotta dal D.L. n. 193 del 2016, rinviando a data successiva al 30.9.20128 – data fissata per il pagamento dell’ultima rata -.

Ciò posto, e dato atto che non risulta documentato il versamento della rata finale entro la data del 30.9.2018, il ricorso proposto da Equitalia spa può essere esaminato nel merito.

La ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e 42, unitamente alla nullità della sentenza. Secondo la ricorrente l’atto impugnato era stato emesso alla stregua del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, sulla base degli elementi presenti nella dichiarazione del contribuente, sicchè non richiedeva un’apposita motivazione. Peraltro, la società contribuente aveva dedotto la mancata comunicazione preventiva soltanto in appello e quindi tardivamente, senza considerare la documentazione prodotta dalla quale risultava la comunicazione consegnata il 17.1.2012.

Il motivo è inammissibile.

La CTR ha ritenuto, sulla base di un accertamento di fatto insindacabile in questa sede, che l’atto, privo delle pagg. 2 e 3, non consentisse di individuare aliunde gli elementi necessari per consentire la compiuta conoscenza della pretesa tributaria. Orbene, rispetto a tale accertamento, la censura mossa dalla società concessionaria attiene all’ipotizzata violazione dell’art. 36 bis ult. cit., senza che essa colga la ratio della motivazione della pronunzia impugnata, la quale non aveva affatto affermato che per le cartelle emesse sulla base del controllo c.d. formale fosse necessaria una specifica motivazione, ma soltanto che l’atto impugnato, privo di alcune pagine, non recava alcun elemento dal quale potere inferire le ragioni poste a suo fondamento, non potendosi lo stesso desumere aliunde.

Sulla base di tali considerazioni, appare evidente che la censura proposta intende porre in discussione l’accertamento di fatto espresso dalla CTR anche con riguardo all’assenza di atti prodromici rispetto alla cartella sotto il profilo, genericamente dedotto, della nullità della sentenza senza tuttavia prospettare alcun vizio motivatorio sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con il quale sarebbe stato possibile aggredire l’impianto motivazionale in relazione all’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e fatti oggetto di contraddittorio.

Sulla base delle superiori considerazioni, il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquidi a in favore della controricorrente in Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% sugli onorari.

Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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