LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11609-2018 proposto da:
Q.P. in proprio e nella qualità di Procuratore Generale del Sig. C.A., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO FIORILLO;
– ricorrenti –
contro
AUTORIMESSA NUOVO TRIBUNALE SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE VATICANO 48, presso lo studio dell’avvocato DEMETRIO FENUCCIU, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
I.E.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 274/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 14/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI CHIARA.
RILEVATO
che:
La Corte d’appello di Salerno, con sentenza del 14 marzo 2018, accoglieva appello proposto da Autorimessa Nuovo Tribunale S.r.l. avverso una ordinanza del Tribunale di Salerno del 2 maggio 2017 e, tra l’altro, condannava in solido Q.P. e C.A. a rifondere le spese del grado “con attribuzione” all’avvocato dell’appellante.
Q.P. e C.A., rappresentato per procura generale da Q.P. hanno proposto ricorso, da cui si è difesa con controricorso Autorimessa Nuovo Tribunale S.r.l.. I ricorrenti hanno depositato memoria per via postale.
RITENUTO
che:
Anzitutto, deve rilevarsi che la memoria di parte ricorrente è stata depositata a mezzo posta. laddove tale modalità di spedizione è consentita soltanto per il ricorso e il controricorso dall’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 1, (v. da ultimo Cass. sez. 6-3, ord. 10 aprile 2018 n. 8835).
Il ricorso, poi, consiste in un unico motivo denunciante, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Avrebbe errato la corte territoriale nel ritenere gli attuali ricorrenti come soccombenti nel giudizio d’appello: il criterio di soccombenza dovrebbe essere verificato secondo l’esito complessivo della lite, e in tale ottica gli attuali ricorrenti sarebbero stati totalmente vittoriosi, dal momento che la domanda originaria proposta in primo grado sarebbe stata mirata ad ottenere la convalida della licenza per finita locazione proprio al 31 luglio 2023; la corte avrebbe errato “valutando unicamente l’esito del secondo grado di giudizio e l’accoglimento del gravame” proposto da controparte.
Questa censura risulta manifestamente infondata.
Invero, l’attuale controricorrente aveva proposto appello avverso ordinanza del Tribunale di Salerno del 2 maggio 2017 con cui, nel giudizio avviato da C.A. con l’intimazione di licenza per finita locazione e citazione per convalida, era stata convalidata la suddetta licenza per la data del 31 luglio 2017: l’appellante aveva rilevato che il Tribunale aveva convalidato per una data diversa e antecedente a quella richiesta dal locatore, la quale sarebbe invece stata il 31 luglio 2023, onde si chiedeva da parte dell’appellante di convalidare la licenza per quest’ultima data.
L’appellato C. restava contumace; si costituiva Q.P., quale nuova proprietaria dell’immobile e quindi succedente al suo dante causa nel contratto di locazione nella qualità di locatrice, eccependo l’inammissibilità dell’appello e chiedendo poi che la corte territoriale dichiarasse la risoluzione del contratto per la data ritenuta valida.
La Corte d’appello ha ritenuto ammissibile l’impugnazione, argomentando specificamente sulla impugnabilità dell’ordinanza di convalida; scendendo in seguito nel merito, ha affermato che “il locatore, assumendo di non aver dato rituale disdetta per la prima scadenza contrattuale, ha chiesto la convalida della licenza per la scadenza successiva” e che, non essendo stata inviata tempestiva disdetta rispetto alla scadenza del 31 luglio 2017, il contratto doveva ritenersi rinnovato fino al 31 luglio 2020; infine ha disposto sulle spese di lite “secondo principio di soccombenza”, condannando gli attuali ricorrenti a rifonderle all’appellante.
Ad avviso dei ricorrenti il giudice d’appello avrebbe tenuto in conto soltanto il secondo grado, “tralasciando di considerare la circostanza di avere integralmente accolto la domanda proposta dalla parte locatrice in primo grado”. Si tratta di un argomento privo di consistenza.
Invero, a fronte dell’evidente erroneità in cui era incorso il primo giudice, il C. si è limitato a rimanere contumace, e dunque nulla ha posto in essere per far venir meno un titolo emesso a suo favore ma radicalmente ingiusto. Dal canto suo, la Q. è intervenuta nel grado d’appello quale nuova locatrice e, ben lungi dal far cessare la materia del contendere, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello.
Nessuno degli attuali ricorrenti, quindi, si è attivato per una soluzione che rendesse superfluo adire il giudice d’appello o comunque superfluo pervenire alla sua decisione: seguendo pertanto il principio della causalità, che a ben guardare si colloca a monte – come sua forma prodromica – rispetto al principio di soccombenza, che giunge a poi a concretizzarlo nell’esito effettivo del giudizio (cfr. da ultimo S.U. ord. 26 settembre 2018 n. 23143; Cass. sez. 3, 11 dicembre 2018 n. 31955; Cass. sez. 3, 29 novembre 2018 n. 30857; Cass. sez.3, 22 febbraio 2016 n. 3438; Cass. sez. 6-2, ord.23 settembre 2013 n. 21684), emerge con evidenza che la condotta dei suddetti ha reso necessario il provvedimento della corte territoriale perseguito dalla loro controparte instaurando il giudizio d’appello, così da diventare soccombenti nella complessiva fattispecie, progressivamente formatasi, della decisione giurisdizionale.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna solidale, per il comune interesse – dei ricorrenti alla rifusione alla controricorrente delle spese del grado, liquidate come da dispositivo.
Sussistono altresì D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condannando solidalmente i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2500, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 11 novembre 2019