LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18031-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE *****, impersona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BEVIGNANI 9, presso lo studio dell’Avvocato CESARE FUCCI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7221/9/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 07/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA;
RILEVATO
CHE:
l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, indicata in epigrafe, che aveva respinto l’appello contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 24503/2016, con cui era stato accolto il ricorso proposto da D.A. avverso silenzio rifiuto formatosi su istanza di rimborso della differenza derivante dall’invocata applicazione della ridotta aliquota del 15% sulla pensione integrativa dal medesimo percepita;
il contribuente resiste con controricorso ed ha depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO
CHE:
1.1. con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c, nn. 3 e 4, denunciando, in rubrica, “violazione del combinato disposto del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 19, commi 1, lett. g) e comma 3 nonchè del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 37 e 38” perchè, secondo l’Agenzia ricorrente, la CTR avrebbe errato nell’affermare la proponibilità della domanda avanzata dal contribuente “stante l’impossibilità di configurare quel silenzio-rifiuto su un’istanza di rimborso di tributi in ipotesi non dovuti che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, rientra in quel numerus clausus degli atti e comportamenti dell’Amministrazione fiscale suscettibili di impugnazione dinanzi al giudice tributario”, non contenendo l’istanza in questione alcuna “precisa e circostanziata richiesta di somme specificamente individuate nel loro quantum, bensì una domanda rivolta ad un soggetto distinto e diverso dall’Agenzia delle Entrate,… l’Inps, propedeutica alla presentazione di un’eventuale istanza di rimborso delle somme indebitamente corrisposte a titolo di imposte all’Amministrazione fiscale, in quanto tesa ad accertare l’ammontare degli importi effettivamente dovuti”;
1.2. la censura è fondata, in quanto l’istanza di rimborso generica od incompleta è inidonea a formare il silenzio-rigetto, autonomamente impugnabile, in quanto non consente all’Ufficio di valutare la fondatezza della stessa nè al Giudice tributario di sindacare le presuntive ragioni del diniego (cfr. Cass. nn. 32263/2018, 21400/2012);
1.3. lo stesso contribuente, nelle controdeduzioni depositate in grado di appello, riconosce, invero, di non aver mai ottenuto il rilascio della certificazione del sostituto d’imposta circa l’effettivo regime fiscale applicato alle prestazioni previdenziali in oggetto, ed afferma, nel ricorso introduttivo, (trascritto in parte qua dall’Agenzia delle Entrate, in ossequio al principio di autosufficienza) di aver impugnato, quindi, ili silenzio rifiuto formatosi circa il mancato rilascio della certificazione attestante “il nuovo importo imponibile della propria pensione complementare… al fine di poterlo esibire alla Agenzia delle Entrate competente”;
1.4. va quindi riconfermato, in tale sede, che le domande prive delle indicazioni inerenti gli estremi di versamento e gli importi relativi all’ammontare delle ritenute IRPEF, nonchè l’indicazione degli importi chiesti in restituzione non possono considerarsi giuridicamente valide, e non sono dunque idonee alla formazione del silenzio-rifiuto impugnabile, anche perchè non consentono all’Ufficio adito di valutare la fondatezza o meno della richiesta del contribuente e tale vizio non risulta neppure sanabile con il successivo deposito di documenti atti a colmare le lacune delle istanze, ciò in quanto tale deposito andrebbe comunque ritenuto tardivo, in quanto intervenuto nel corso di un procedimento che non avrebbe dovuto essere iniziato, in ragione dell’assenza dei presupposti atti alla formazione, e dunque all’impugnazione, del silenzio-rifiuto” (cfr. Cass. n. 3250/2000);
2. all’accoglimento del primo motivo di ricorso consegue l’assorbimento del secondo e del terzo motivo, con cui si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 23, commi 5 e 7 sul regime fiscale applicabile ai trattamenti di previdenza complementare di cui al D.Lgs. n. 252 del 2005, e del D.Lgs.n. 252 del 2005, art. 23, comma 6, circa l’applicabilità dell’aliquota agevolata ivi prevista in favore dei pensionati del settore pubblico;
3. l’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate comporta la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente in quanto inammissibile;
4. è opportuno – tenuto conto del recente consolidarsi della richiamata giurisprudenza di legittimità- dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei gradi di giudizio di merito, con condanna del controricorrente al pagamento delle spese della fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna il controricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 11 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019