Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29046 del 11/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3859-2018 proposto da:

GENIAL SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 20, presso lo studio LICCARDO, LANDOLFI & ASSOCIATI, rappresentata e difesa dall’avvocato TOMMASO MAGLIONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, *****, DSV SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 5358/21/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 12/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La Genial s.r.l. impugnava innanzi alla CTP di Napoli l’atto di contestazione ed irrogazione sanzioni emesso dall’Agenzia delle dogane a suo carico in dipendenza dell’omessa materiale introduzione nel deposito ***** gestito dalla società Saima Avandero spa di merci provenienti da Paesi extra UE per l’anno 2008.

Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso con sentenza impugnata dall’ufficio innanzi alla CTR Campania che, dopo il volontario intervento della Saima Avandero s.p.a., rigettava il gravame.

La sentenza del giudice di appello veniva quindi riformata da questa Corte con ordinanza n. 25430/2015 che ha cassato la decisione anzidetta, rinviando alla CTR Campania.

Quest’ultima, con la decisione indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello, riteneva legittimo l’atto di irrogazione delle sanzioni.

Secondo la CTR l’immissione virtuale dei beni nel deposito fiscale con successiva autofatturazione da parte del contribuente non elideva l’illiceità della condotta e la correttezza delle sanzioni applicate.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Non si è costituita l’Agenzia delle entrate.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13. La ricorrente assume che nessuna sanzione sarebbe dovuta in relazione all’intervenuto pagamento dell’IVA o in via subordinata, deduce che la sanzione applicata, in misura pari al 30% dell’IVA, sarebbe sproporzionata rispetto ai criteri fissati dalla Corte di giustizia con la sentenza Equoland- causa C-272/13). Assume, in ogni caso, di avere diritto all’applicazione della sanzione più blanda introdotta dal D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 13, applicabile secondo il principio del favor rei.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, poichè la CTR non aveva esaminato gli atti difensivi depositato nel corso del giudizio di riassunzione, nei quali era stato sottolineata la necessità di graduare la sanzione in relazione ai principi espressi dalla sentenza Equoland.

Il primo motivo è fondato nei limiti di seguito esposti.

Vanno richiamati, sul punto, i principi espressi da questa Corte con la sentenza n. 17814/2015. In tale occasione si è precisato che Nella stessa occasione la Corte (EU), esaminando gli altri quesiti posti dal giudice a quo, ha esaminato gli effetti dell’assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione della merce sul mancato versamento dell’IVA all’importazione sulle merce solo virtualmente inserita nei depositi IVA. Si è dunque ritenuto che il meccanismo del c.d. reverse charge non ha valore formale o fittizio, ma costituisce reale assolvimento dell’IVA – p. 37 sent. Equoland. Ne consegue che il sistema dell’auto fatturazione è in grado di determinare l’assolvimento dell’IVA all’importazione quando lo stesso non è preordinato ad una frode – p. 39 sent. Equoland-.

6.5 La stessa sentenza non ha mancato di rilevare che la violazione del sistema di versamento dell’IVA realizzata dall’importatore per effetto della immissione solo virtuale della merce integra una violazione formale – p.29 – che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo – p. 39 sent. cit.-. La Corte, dopo avere chiarito che in assenza di tentativo di frode o evasione “…la parte della sanzione consistente nel richiedere un nuovo pagamento dell’IVA già assolta, senza che tale secondo pagamento conferisca un diritto a detrazione, non può considerarsi conforme al principio di neutralità dell’IVA.”- p. 43 sent. Equoland-, ha quindi precisato che rispetto alla parte della sanzione consistente in una maggiorazione dell’imposta secondo una percentuale forfettaria, “… una siffatta modalità di determinazione dell’importo della sanzione – senza che sussista una possibilità di gradazione del medesimo – può eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare l’evasione (v., in tal senso, sentenza Redlihs, EU:C:2012:497, punti 45 e da 50 a 52).”-v.p.44-.

Si è poi aggiunto che nel caso esaminato “…in considerazione dell’entità della percentuale fissata per la maggiorazione prevista dalla normativa nazionale e dell’impossibilità di adeguarla alle circostanze specifiche di ogni caso di specie, non è escluso che tale modalità di determinazione dell’importo della sanzione, e dunque la parte corrispondente della medesima, possa rivelarsi sproporzionata”-v. p.45-. 6.7 In definitiva, secondo la Corte spetta unicamente al giudice del rinvio-“..la valutazione finale del carattere proporzionato della sanzione”-v.p.48 sent. Equoland-. Ai fini del test di proporzionalità la Corte ha chiarito che la determinazione in misura fissa della sanzione potrebbe non rispettare il principio anzidetto, avuto riguardo alla natura “formale” della violazione – e alla possibilità che il solo pagamento degli interessi moratori potrebbe costituire sanzione adeguata almeno per i casi in cui in cui non era finalizzato all’evasione- p.46 sent. Equoland: “…il versamento di interessi moratori può costituire una sanzione adeguata in caso di violazione di un obbligo formale, purchè non ecceda quanto necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti, consistenti nel garantire l’esatta riscossione dell’IVA e nell’evitare l’evasione…”- e sempre che l’importo degli interessi moratori non corrisponda all’importo del tributo detraibile. 6.8 Fatte le superiori necessarie premesse e passando all’esame della censura proposta dall’Agenzia reputa il Collegio che, ad onta di quanto sostenuto dalla CTR” la sanzione applicabile all’importatore che si avvale del sistema di sospensione del versamento dell’Imposta sul valore aggiunto all’importazione senza immettere materialmente nel deposito IVA la merce extra UE va individuata nel paradigma normativo di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, a nulla rilevando il contenuto precettivo del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70. – conf. ex plurimis, Cass. n. 21492/2017-.

La sentenza impugnata, nel rigettare integralmente il ricorso proposto dalla parte contribuente avverso l’atto di irrogazione delle sanzioni in dipendenza dell’accertato utilizzato indebito del deposito fiscale mediante immissione solo virtuale della merce, non ha considerato i principi espressi dalla sentenza Equoland e sopra riportati.

Non può per converso passare al vaglio di questo Collegio la questione relativa alla applicazione della sanzione di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 15, che non risulta essere stata introdotta nel giudizio di rinvio, allorchè il giudizio era stato incardinato in sede di riassunzione e, come tale, risulta esposta per la prima volta in sede di legittimità.

In ogni caso, va detto che la mera affermazione di uno ius superveniens più favorevole non consente di operare sic et simpliciter la trasformazione della sanzione irrogata in sanzione illegale, specie in assenza di specifica deduzione dell’applicabilità in concreto (avuto riguardo, in particolare, alle specifiche condizioni esistenti, alla rilevanza della condotta e agli elementi di fatto rilevanti per la determinazione al minimo edittale) di una sanzione tributaria inferiore rispetto a quella applicata, nel caso in esame mancata con riferimento sia ai margini edittali della sanzione inflitta che alla valutazione della gravità della violazione-cfr. Cass. n. 16128/2017-.

Il secondo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.

In conclusione, la sentenza impugnata, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, per quanto di ragione, va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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