Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.29051 del 11/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Su ricorso n.18587/2015 proposto da L’AUTOMOBILE DI Z.P. & C. SNC, elettivamente domiciliata in Roma, Via Bertoloni 35, presso l’avvocato Federico Cappella che la rappresenta e difende anche disgiuntamente con l’Avv.to Cristina Amadori del foro di Ravenna, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Alberico II 33 presso l’avvocato Elio Ludini, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza definitiva n. 553/2015 della Corte d’appello di BOLOGNA depositata il 18/3/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/5/2019 dal consigliere Dott. MARINA MELONI.

FATTI DI CAUSA

L’AUTOMOBILE DI Z.P. & C. SNC venne condannata al pagamento in favore di Unicredit spa, avente causa da Rolo Banca 1473 spa, dell’importo di Lire 282.509.008 oltre interessi e spese, con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 1046 emesso in data 5/11/2000 dal Tribunale di Ravenna, divenuto irrevocabile e passato in giudicato in quanto non opposto dal debitore, quale saldo debitore del conto corrente presso Rolo Banca 1473 spa e quale importo dovuto per effetti presentati dalla società allo sconto e rimasti insoluti.

Successivamente con atto di citazione in data 4/7/2003 L’AUTOMOBILE DI Z.P. & C.SNC convenne in giudizio Unicredit Banca spa lamentando una serie di irregolarità della Banca nella gestione del rapporto di conto corrente, consistenti tra l’altro nella ritardata restituzione di effetti insoluti e nel mancato accredito di somme versate a parziale decurtazione del debito, chiedendo il risarcimento del danno che il Tribunale di Ravenna, con sentenza in data 19/2/2008 n. 197/2008, accertava nella misura di 100.000,00 Euro oltre accessori condannando la Banca convenuta al pagamento.

Su appello della Unicredit Banca spa, la Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 553/2015, ritenendo che il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo aveva coperto con autorità di cosa giudicata sostanziale tutti i rapporti intervenuti tra le parti in virtù del contratto di conto corrente in essere, ivi comprese eventuali domande risarcitorie per comportamento contrario alla buona fede e correttezza da parte della Banca, riformò la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale e respinse la domanda. Avverso la suddetta sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione L’AUTOMOBILE DI Z.P. & C.SNC, affidato ad unico motivo e memoria. La Unicredit spa in persona del legale rappresentante pro tempore resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2909 c.c. perchè la sentenza della Corte di Appello di Bologna aveva erroneamente ritenuto che il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo avesse autorità di cosa giudicata sostanziale per tutti i rapporti bancari intervenuti tra le parti tra il 1997 ed il 2001 in virtù del contratto di conto corrente nr. ***** presso l’Agenzia numero ***** e si estendesse anche ad eventuali domande risarcitorie proposte per comportamento contrario alla buona fede e correttezza da parte della Banca.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

La Corte di Appello ha ritenuto infatti che il saldo dei rapporti tra le parti, accertato con il decreto ingiuntivo a carico dell’attrice, non potesse essere rimesso in discussione dal tribunale, sia pure al fine di giudicare la diversa domanda risarcitoria. Tale statuizione sarebbe scorretta solo ove la ricorrente avesse basato la propria domanda risarcitoria su fatti successivi (o anche su fatti successivi) al giudicato e dunque non coperti da esso. Ma il ricorso non contiene la specificazione di tali fatti.

Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3.000,00 in favore dellla controricorrente, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 10 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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