Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza Interlocutoria n.29073 del 11/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 30458/2018 proposto da:

D.Y., nato in *****, elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico 38, presso lo studio dell’avvocato Lanzilao Marco, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4293/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/06/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/09/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

FATTI DI CAUSA

1. – D.Y., cittadino del *****, chiese il riconoscimento della protezione internazionale.

La Commissione Territoriale di Roma rigettò la domanda, con decisione che venne impugnata dinanzi al locale Tribunale.

Con ordinanza del 25/5/2017, il Tribunale adito confermò la decisione della Commissione territoriale.

2. – Sul gravame proposto dal richiedente, la Corte di Appello di Roma confermò la decisione di primo grado.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso D.Y. sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso si articola in tre censure:

Col primo motivo, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello omesso di esaminare le dichiarazione rese dal ricorrente alla Commissione territoriale.

Col secondo mezzo, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di Appello ritenuto insussistenti i presupposti di legge per concedere al richiedente la protezione sussidiaria in ragione delle condizioni socio-politiche del Paese di origine.

Col terzo motivo, si deduce infine la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di Appello ritenuto insussistenti i presupposti per riconoscere al richiedente il permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. – Rileva il Collegio, in relazione al terzo motivo, come – a seguito delle ordinanze interlocutorie della Prima Sezione civile nn. 11749, 11750, 11751 del 2019, depositate il 3 maggio 2019 – le Sezioni Unite di questa Corte siano state investite, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, della soluzione delle seguenti questioni di massima di particolare importanza:

– “Se la disciplina contenuta nel D.L. n. 113 del 2018, nella parte in cui abolisce le norme che consentivano il rilascio di un permesso per motivi umanitari (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, vecchio testo, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3) e le sostituisce con ipotesi tipizzate di permessi di soggiorno in “casi speciali”, sia applicabile anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L., relativi a fattispecie in cui, alla stessa data, la commissione territoriale non avesse ravvisato le ragioni umanitarie e avverso tale decisione fosse stata proposta azione davanti all’autorità giudiziaria”;

– “Se, risolta la prima questione nel senso di ritenere tuttora applicabili ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, i previgenti parametri normativi, debba essere confermato il principio affermato da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, secondo cui il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, può essere riconosciuto anche al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, sulla base di una valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza”.

Poichè la decisione relativa al terzo motivo di ricorso dipende dalla soluzione delle questioni di diritto sopra richiamate, il Collegio ritiene necessario rinviare la causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite.

P.Q.M.

rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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