LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5898/2014 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI;
– ricorrente –
contro
T.G.;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MARSALA, depositata il 27/08/2013 r.g.n. 13010/2012.
RILEVATO
che:
1. il Tribunale di Marsala con decreto ex art. 445-bis c.p.c., comma 5, omologava in favore di T.G. la sussistenza delle condizioni sanitarie per l’indennità di accompagnamento a far data dalla presentazione della domanda amministrativa.
2. Per la cassazione del decreto l’Inps ha proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost., cui il T. non ha opposto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
3. l’Inps deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 445-bis c.p.c., comma 5. Riferisce che nel decreto di omologa il giudice, anzichè attenersi alle conclusioni del c.t.u. che aveva fissato l’insorgenza dei requisiti sanitari per l’indennità di accompagnamento alla data del 3 febbraio 2012, l’ha retrodatata alla data della domanda amministrativa cioè al 20 maggio 2011. In considerazione di ciò, le parti avevano presentato istanza congiunta di correzione di errore materiale, ma il giudice del lavoro l’aveva disattesa affermando che si trattava di una “statuizione frutto di autonoma valutazione giuridica del Tribunale”.
4. Il ricorso è fondato.
A mente dell’art. 445-bis c.p.c., comma 4, in assenza di contestazione, il giudice “omologa l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell’ufficio”.
5. Ciò comporta che se il giudice ha il potere, a lui espressamente riconosciuto dall’art. 196 c.p.c., richiamato nella stessa norma, di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico, non può tuttavia discostarsi nel decreto di omologa dalle conclusioni rassegnate dal consulente nell’elaborato peritale sottoposto alle parti e non fatto oggetto di contestazione.
6. E’ sulla base di tali presupposti che questa Corte ha chiarito che il decreto di omologa che si discosti dalle conclusioni dell’ausiliare risulta viziato da mero errore materiale, emendabile con la procedura di correzione (Cass. n. 26758 del 22/12/2016, Cass. n. 6457 del 13/03/2017, Cass. n. 19062 del 31/07/2017, Cass. n. 3668 del 07/02/2019).
7. Il ricorso alla correzione dell’errore materiale presuppone tuttavia che lo “scollamento” non sia stato voluto dal giudice, essendo previsto il procedimento di correzione proprio per colmare la discrasia tra l’intendimento del giudice e la sua esteriorizzazione.
8. Nel caso in esame, la via del procedimento di correzione dell’errore materiale, concordemente intrapresa dalle parti, non ha sortito effetto, in quanto il Tribunale ha chiarito che la divergenza del decreto di omologa dalle conclusioni del c.t.u. era frutto di consapevole attività valutativa di esso giudice.
9. Tuttavia, tale attività valutativa è preclusa nella fase finale del procedimento a cognizione sommaria, nella quale il giudice si limita a ratificare l’accettazione delle parti delle conclusioni della c.t.u. che ha costituito l’epilogo del dibattito processuale, oltre a provvedere in ordine alle spese.
10. Non a caso l’art. 445-bis c.p.c., comma 5, esclude l’impugnabilità e modificabilità del decreto di omologa proprio sul presupposto del suo carattere meramente certificativo dell’accordo delle parti sulle conclusioni formulate dal c.t.u., mentre nel caso di specie il giudice ha autonomamente corretto, in base a propria valutazione, le conclusioni del c.t.u. pur fatte proprie dalle parti.
11. Il Tribunale ha, dunque, emesso un provvedimento che, esorbitando dallo schema delineato per il procedimento in questione e che si conclude con il decreto di omologa, ha assunto vera e propria natura decisoria e, quindi, sostanzialmente di sentenza, in quanto tale suscettibile di impugnazione al fine di denunciare il vizio processuale realizzatosi.
12. Quanto al mezzo di impugnazione, va escluso l’appello: come tale mezzo non è praticabile, per espresso disposto dell’art. 445-bis c.p.c., u.c., riguardo alla sentenze che definiscono il giudizio previsto dal comma precedente (ossia il giudizio sul requisito sanitario instaurato ove una delle parti contesti le conclusioni del c.t.u.), per la stessa ragione non lo è rispetto a sentenze (sostanzialmente tali, vistone il carattere decisorio, seppur emesse sotto forma di decreto di omologa) che del requisito sanitario forniscano (come nel caso di specie) una decorrenza diversa da quella accertata dal c.t.u. (e che non era stata contestata dalle parti); non resta, dunque, che il rimedio generale del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7.
13. Una soluzione che, invece, negasse puramente e semplicemente l’impugnabilità del decreto di omologa pur consapevolmente discostatosi dalle conclusioni del c.t.u., non contestate dalle parti, violerebbe i diritti di difesa della parte pregiudicata dalle differenti conclusioni imprevedibilmente adottate dal giudice all’atto dell’emissione del decreto, parte che si troverebbe nella tecnica impossibilità di opporvisi perchè ormai intervenute in un momento in cui l’art. 445-bis cit., non prevede alcun rimedio endoprocedimentale.
14. Il ricorso deve quindi essere accolto; l’impugnato decreto va cassato, con rinvio al Tribunale di Marsala, in persona di diverso Giudice, che dovrà emettere il decreto di omologa in coerenza con le conclusioni del c.t.u. e provvedere sulle spese del giudizio a cognizione sommaria nonchè su quelle del presente giudizio.
15. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Marsala in persona di diverso Giudice.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019