Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29146 del 11/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 17821-2017 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE AFRICA 120, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE PESCE, rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTIANO BERTONCINI;

– ricorrente –

Contro

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE SPA *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 26/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO ROBERTO.

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza n. 19/2017, ha rigettato l’appello proposto da P.M. avverso la sentenza che ha respinto la sua domanda intesa alla declaratoria di nullità dell’intimazione di pagamento afferente altrettante cartelle esattoriali per vizi formali, nonchè alla declaratoria di estinzione dei relativi crediti per intervenuta prescrizione.

A fondamento della sentenza la Corte ha affermato che – in relazione alle questioni sollevate relative alla notifica delle cartelle effettuate in un luogo diverso dalla residenza ovvero non con le formalità prescritte – non avendo il ricorrente mai dichiarato di non aver ricevuto le stesse cartelle, ove anche fossero stati riscontrabili i vizi indicati, le medesime questioni sarebbero state del tutto ininfluenti avendo le notifiche raggiunto il loro scopo. Inoltre, secondo la Corte, nessuna prescrizione poteva essere mai intervenuta dal momento che l’intimazione di pagamento era sempre avvenuta nel quinquennio dalla notifica delle cartelle in oggetto e dall’atto interruttivo costituito dall’iscrizione ipotecaria.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione P.M. con unico motivo al quale si sono opposti l’INPS e l’Agenzia delle Entrate Riscossione.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

1.- con l’unico motivo viene dedotto vizio o erroneità di pronuncia sulla domanda subordinata avanzata con il ricorso introduttivo limitatamente all’intervenuta prescrizione dei crediti erariali su cui vige la competenza funzionale del giudice del lavoro ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9 (prescrizione crediti erariali). Violazione della normativa in tema di notificazione per le cartelle di pagamento pregresse e correlato decorso del termine prescrizionale dei crediti pretesi dall’Inps. Violazione del diritto alla difesa del contribuente, violazione dell’obbligo per la p.a. di far conoscere la pretesa erariale. Violazione ed errata applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, e della sentenza n. 23397 delle Sezioni Unite per omessa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 60 e ss..

2.- Il motivo si rivela inammissibile perchè difetta di specificità ed autosufficienza, dal momento che, anzitutto, non trascrive e non produce con il ricorso tutti gli atti relativi alle notificazioni di cui si lamenta l’irritualità.

Esso, inoltre, non si confronta e non impugna la ratio decidendi autonoma relativa alla sanatoria delle asserite irritualità delle medesime notifiche.

Ed ancora il ricorso si rivela inammissibile perchè prospetta plurimi profili di doglianza all’interno del singolo motivo, senza consentire l’individuazione delle questioni prospettate (Cass. nn. 15936/2018; 5001/2018, 29093/2018; 7009/2017; 7513/2018; 2271/2017; 17049/2015).

3.- Per le ragioni esposte il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile.

4.- Le spese del giudizio seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

Dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore di ciascun controricorrente in Euro 3000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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