LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19280-2017 proposto da:
DITTA C.O., in persona dell’omonimo titolare pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE PICERNO;
– ricorrente –
contro
XEROX SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DENZA 50/A, presso lo studio dell’avvocato LUCA PERTICONE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESARE MICHELE FUMAGALLI;
– controricorrente –
contro
FALLIMENTO C.O.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2555/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 09/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 08/07/2019 dal Presidente Relatore Dott. DI VIRGILIO ROSA MARIA.
La Corte:
RILEVATO
che:
Con sentenza depositata il 9/6/2017, la Corte d’appello di Milano ha respinto il reclamo proposto da C.O., titolare della ditta omonima, nei confronti del Fallimento C.O. e della Xerox spa, e confermato la sentenza dichiarativa di fallimento della società, rilevando: che la Xerox aveva chiesto il fallimento quale creditrice in forza di credito accertato giudizialmente, avendo ottenuto decreto ingiuntivo non opposto dal creditore, e quindi divenuto definitivo; che, quanto al possesso congiunto dei requisiti di non fallibilità, il ricorrente non aveva prodotto documentazione adeguata, essendosi limitato a produrre la copia del registro dei corrispettivi relativo al periodo ottobre 2011- maggio 2012, omettendo la produzione dei bilanci del triennio precedente alla dichiarazione di fallimento; che, quanto alla doglianza sull’entità del credito della Xerox, ove ritenuta intesa a far valere l’insussistenza del requisito di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, lett. c), nulla era stato dedotto in relazione agli ulteriori requisiti e comunque che occorre considerare tutti i debiti scaduti e non, ed ove riferita la doglianza alla soglia di non fallibilità di cui alla L. Fall., art. 15, che il Tribunale aveva accertato anche il debito scaduto verso Equitalia per Euro 307.285,63; che ai fini della dichiarazione di fallimento, rileva L. Fall. ex art. 10, la cancellazione dal registro delle imprese, mentre è irrilevante la dedotta cessazione dell’attività da cinque anni; che dagli atti risultava effettuata la notifica del ricorso per fallimento e della udienza fissata prefallimentare così come risultava tenuta detta udienza.
Ricorre avverso detta pronuncia il C. sulla base di tre mezzi.
Si difende con controricorso la sola Xerox; il fallimento è rimasto intimato.
CONSIDERATO
che:
Col primo mezzo, il ricorrente si duole della mancata pronuncia da parte della sentenza impugnata sull’eccezione di carenza di legittimazione passiva, non avendo il C., dedicato esclusivamente alla somministrazione di cibo, alcun rapporto con la Xerox, mentre l’ordine di noleggio a breve termine risulta dalla Xerox provenire dalla ditta David Copy, che nessun legame ha con la ditta del ricorrente, e le fatture sono intestate a Catacopy; sostiene infine che l’emissione del decreto ingiuntivo non sempre significa che è dovuto il credito fatto valere.
Col secondo mezzo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. fall., art. 1, comma 2, art. 15, u.c., e art. 10; sostiene: 1) che dalla visura camerale aggiornata risulta l’inattività della ditta sin dal 2012, e da tale situazione di fatto la Corte del merito avrebbe dovuto desumere la sussistenza dei tre requisiti di non fallibilità; 2) che la Corte del merito si è rifatta pedissequamente al convincimento del Tribunale ed ha sottovalutato la situazione di inattività, nel ritenere superata la soglia di fallibilità; 3) che la cancellazione dal registro delle imprese svolge per gli imprenditori individuali e per le società personali una mera efficacia dichiarativa e di avere provato l’inattività da oltre un anno, e quindi la non fallibilità.
Il primo mezzo è manifestamente infondato, atteso che la Corte del merito, in relazione al credito vantato dalla Xerox, ricorrente per fallimento, ha richiamato il decreto ingiuntivo non opposto, ottenuto da detta società, che come tale preclude il riesame del profilo della carenza di legittimazione fatto valere nel motivo.
E nel motivo, il ricorrente vorrebbe far valere questioni ed eccezioni che avrebbe, se del caso, dovuto far valere nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e che, come tali, sono precluse dall’autorità di giudicato acquisita dal decreto ingiuntivo non opposto e divenuto definitivo prima della pronuncia di fallimento (sull’autorità di giudicato del decreto ingiuntivo non opposto, si richiamano le pronunce 22465/2018 e 28318/2017).
Il secondo motivo, nella sua triplice configurazione, presenta profili di inammissibilità e di manifesta infondatezza, che ridondano in inammissibilità, ex art. 375 c.p.c., u.c..
Di contro ai rilievi della Corte d’appello, sulla mancata prova del possesso congiunto dei requisiti di non fallibilità, gravanti sul debitore, il C. continua a far valere la situazione di inattività, senza confrontarsi in modo specifico con le chiare statuizioni della Corte d’appello; di contro al rilievo della sentenza impugnata sul superamento dell’importo dei crediti L. Fall. ex art. 15, u.c., dell’esistenza anche di un considerevole debito verso Equitalia, oppone una del tutto generica e nuova eccezione di prescrizione, di mancata notifica di avvisi di pagamento e si duole del richiamo all’accertamento operato dal Tribunale; di fondo, il C. continua a sostenere la valenza meramente dichiarativa della cancellazione come risultante dal registro delle imprese, in chiaro e frontale contrasto con il valore precettivo della L. Fall., art. 10, mentre, per giurisprudenza consolidata, il termine di un anno dalla cessazione dell’attività, prescritto dalla L. Fall., art. 10, ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, perchè solo da tale momento la cessazione dell’attività viene formalmente portata a conoscenza dei terzi, salva la dimostrazione di una continuazione di fatto dell’impresa anche successivamente (così le pronunce 12338/2014, 4409/2016), nè potrebbe l’imprenditore dimostrare il momento anteriore dell’effettiva cessazione dell’attività (così la pronuncia 8092/2016).
Conclusivamente, va dichiarato inammissibile il ricorso; le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3100,00, oltre Euro 100,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019