LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17602/2017 R.G. proposto da:
Agenzia delle Dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
CAD Venezia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Campailla, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, piazza dei Santi Apostoli, 66;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, n. 482/17, depositata il 10 aprile 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 settembre 2019 dal Consigliere Dott. Catallozzi Paolo.
RILEVATO
CHE:
– l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata il 10 aprile 2017, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della CAD Venezia s.r.l. per l’annullamento di quattro avvisi di accertamento e rettifica con cui, in relazione ad altrettante operazioni di importazione poste in essere dalla Core Connection s.r.l., di cui la predetta CAD Venezia s.r.l. era rappresentante indiretto, l’Ufficio aveva chiesto l’applicazione dell’I.v.a. nella misura ordinaria, anzichè in quella agevolata del 10%, richiesta in dogana in ragione della natura dei beni importati (pannelli solari) e della loro destinazione alla installazione diretta;
– il giudice di appello ha ritenuto insussistente la responsabilità della contribuente in ragione del fatto che il mancato rispetto del presupposto per l’applicazione dell’aliquota agevolata atteneva ad un momento successivo rispetto alla conclusione delle operazioni di importazione, in relazione al quale il rappresentante in dogana non aveva alcuna possibilità di controllo e/o di vigilanza, e che, comunque, doveva riconoscersi la buona fede nella condotta osservata da quest’ultimo;
– ha, inoltre, aggiunto che, in relazione alla sua estraneità al rispetto degli obblighi conseguenti alla dichiarazione in ordine alla destinazione dei beni importati, la responsabilità della contribuente doveva escludersi anche ai sensi dell’art. 204, Regolamento (CE), n. 2913/1992;
– il ricorso è affidato a due motivi;
– resiste con controricorso la CAD Venezia s.r.l..
CONSIDERATO
CHE:
– con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia la violazione dell’art. 201, Reg. (CE) n. 2913/1992, e la falsa applicazione delle disposizioni in materia di Iva e del principio di proporzionalità, per aver la sentenza impugnata escluso la responsabilità del rappresentante indiretto benchè questi assumesse la veste di debitore dell’obbligazione doganale, in qualità di dichiarante;
– con il secondo motivo deduce la falsa applicazione degli artt. 201 e 204, Reg. (CE), n. 2913/1992, per aver il giudice di appello ritenuto che l’obbligo di osservare le condizioni cui era riconosciuto l’assolvimento dell’I.v.a. in misura agevolata gravasse unicamente sull’importatore e non anche sul suo rappresentante indiretto in dogana;
– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati;
– giova evidenziare che l’I.v.a. all’importazione è un’imposta identica, sotto il profilo ontologico/sostanziale all’I.v.a. interna/intracomunitaria e, dunque, è, in ragione della sua natura, estranea al contenuto dell’obbligazione doganale all’importazione (cfr., in tema, Corte UE, 2 giugno 2016, Eurogate Distribution; Corte UE, 29 luglio 2010, Pakora Pluss), pur condividendo con questa il presupposto impositivo, individuato nel fatto dell’importazione nell’Unione e nella susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri (cfr. Corte UE, 11 luglio 2013, Harry Winston);
– in relazione alla sua correlazione con le operazioni di importazione è previsto che la relativa i.v.a. sia versata per effetto ed in occasione di ciascuna importazione (cfr. D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70) al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana e della relativa obbligazione risponda sia l’importatore, sia colui che effettua, per suo conto, la dichiarazione in dogana;
– è stato affermato, sia pure con riferimento alle obbligazioni doganali, che la responsabilità del rappresentante indiretto è conseguenza del mancato assolvimento sull’obbligo di vigilanza – con la diligenza qualificata da ragguagliare, ex art. 1176 c.c., comma 2, alla natura dell’attività esercitata – sull’esattezza delle informazioni contenute nella dichiarazione (cfr. Cass., ord., 12 febbraio 2019, n. 4059; Cass., ord., 8 febbraio 2019, n. 3739);
– pertanto, benchè il presupposto dell’imposizione risieda, come già evidenziato, nel fatto dell’importazione, non può imputarsi al rappresentante indiretto alcuna responsabilità per fatti, incidenti sull’individuazione dell’aliquota applicabile, laddove questi vengono a maturarsi successivamente all’introduzione del bene importato nel territorio unionale e siano ascrivibili unicamente alla condotta dell’importatore, senza alcun coinvolgimento del rappresentante indiretto;
– orbene, nel caso in esame, viene in rilievo il mancato versamento dell’I.v.a. all’importazione nella misura ordinaria, avendo la Commissione regionale accertato – con statuizione non oggetto di specifica censura – che le operazioni rilevate non potessero godere dell’aliquota i.v.a. agevolata per difetto dei relativi presupposti, in quanto la documentazione acquisita non era idonea a dimostrare che la cessione dei pannelli fosse intervenuta in favore di soggetti che avevano provveduto a installare o costruire l’impianto;
– come osservato dal giudice di appello l’applicazione dell’aliquota agevolata avrebbe richiesto, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, allegata, parte terza, tabella A, n. 127-sexies, la dimostrazione che l’importazione dei pannelli solari fosse intervenuta nell’ultima fase di commercializzazione dei beni (cfr., in tema, Cass. 6 febbraio 2019, n. 7788);
– si è, dunque, in presenza di una situazione in cui la errata indicazione, nella dichiarazione resa in dogana, della destinazione dei beni importati, rilevante ai fini della individuazione dell’aliquota i.v.a. da applicare, non è imputabile al rappresentante indiretto, non essendo emersi elementi da cui poter desumere che lo stesso fosse a conoscenza dell’intenzione dell’importatore di utilizzare tali beni per finalità diverse da quelle ivi indicate;
– da ciò consegue che il contribuente non può considerarsi responsabile dell’omesso versamento della quota parte dell’imposta non assolta – corrispondente alla differenza tra l’imposta calcolata in misura ordinaria e quella, assolta, calcolata nella misura agevolata del 10% -, atteso che la mancata destinazione dei beni importati a quelle attività in relazione alle quali era riconosciuta l’agevolazione fiscale è dipesa esclusivamente dalla condotta successivamente posta in essere dell’importatore, della cui intenzione era ignaro;
– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;
– le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivo Euro 5.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 settembre 2019.
Depositato in cancelleria il 12 novembre 2019