Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.29257 del 12/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7384/2014 proposto da:

Curatela del Fallimento della ***** S.r.l., in persona del curatore avv. L.F., elettivamente domiciliata in Roma, via Vestricio Spurinna n. 105, presso lo studio dell’avvocato Gallini Alessandra, rappresentata e difesa dall’avvocato Solimini Nicola Fabrizio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Cassiodoro n. 1/a, presso lo studio dell’avvocato Costantino Giorgio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Mangone Eugenio, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1514/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 15/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/07/2019 dal Cons. Dott. VELLA PAOLA.

FATTI DI CAUSA

1. Accogliendo il gravame proposto da Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.a., la Corte d’appello di Bari ha riformato la sentenza con cui il Tribunale di Trani, all’esito di c.t.u., aveva accolto la domanda revocatoria L. Fall., ex art. 67, comma 2, proposta dalla curatela del Fallimento ***** S.r.l. relativamente a n. 10 rimesse effettuate dalla fallita sul conto corrente bancario n. ***** acceso presso il Credito Commerciale (poi confluito nella banca conventa), ritenute di natura solutoria.

2. La Corte territoriale ha ritenuto pacifico e conclamato lo stato di insolvenza della C.D.C. ma ha escluso che fosse stata provata la scientia decoctionis in capo alla banca convenuta.

3. Avverso detta sentenza la curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, corredato da memoria, cui la banca ha resistito con controricorso, depositando anch’essa memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo si deduce: “Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in tema di disponibilità e di valutazione degli elementi di prova (art. 360 c.p.c., n. 4); omesso esame di circostanze di fatto decisive per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”, per avere la Corte d’appello trascurato di prendere in considerazione: la qualità e le specifiche conoscenze tecniche del creditore; la sua natura di operatore professionale, che comportava l’acquisizione e la conoscenza dei bilanci della società correntista; le numerose irregolarità risultanti dai bilanci medesimi; la segnalazione effettuata dal Credito Commerciale alla Banca d’Italia in ordine al grave indebitamento in cui era ricaduta la società nei propri confronti.

5. Con il secondo mezzo si lamenta: “Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in tema di disponibilità e di valutazione degli elementi di prova (art. 360 c.p.c., n. 4); violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in tema di prove presuntive (art. 360 c.p.c., n. 3); violazione del R.D. n. 267 del 1942, art. 67, comma 2, in tema di revocatoria fallimentare presuntive (art. 360 c.p.c., n. 3); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”, per avere la Corte territoriale svolto una valutazione atomistica di alcuni elementi fattuali rappresentati dalla curatela (riportati a pag. 21-22 del ricorso) senza operare un complessivo giudizio di sintesi.

6. Il terzo mezzo prospetta infine: “Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in tema di disponibilità e di valutazione degli elementi di prova (art. 360 c.p.c., n. 4); violazione del R.D. n. 267 del 1942, art. 67, comma 2, in tema di revocatoria fallimentare presuntive (art. 360 c.p.c., n. 3); omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”, per essersi il giudice di secondo grado limitato a considerare la circostanza della richiesta da parte della banca, della scheda informativa per l’avvio di una pratica di affidamento, e non anche la sua segnalazione del grave indebitamento della società, nè le dettagliate informazioni pervenute dalla Centrale Rischi (riportate a pag. 26-29 del ricorso), attestanti la sua consapevolezza circa la situazione economico-patrimoniale della correntista, non elisa dalla acquisita conoscenza di affidamenti concessi da altri istituti di credito, successivamente alla segnalazione effettuata.

7. Le tre censure, che in quanto strettamente connesse possono essere esaminate congiuntamente, meritano accoglimento per le ragioni che si vanno ad illustrare.

7.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di revocatoria fallimentare, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante indizi e fondata su elementi di fatto, purchè idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività. Orbene, se è vero che la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione, così come il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto, costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (ex multis, Cass. 3854/2019, 3336/2015), è pur vero che, per giurisprudenza altrettanto consolidata in tema di prova per presunzioni, il giudice deve esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento.

7.2. Invero, da tempo questa Corte segnala che il giudice è tenuto a seguire un procedimento articolato in due fasi logiche: dapprima, una valutazione analitica degli elementi indiziari, per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria;

successivamente, una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva (che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi). In tal senso è stata ritenuta censurabile in sede di legittimità la decisione con la quale il giudice si sia invece limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio, atomisticamente considerati, senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, fossero però in grado di acquisirla ove valutati secondo un giudizio complessivo di sintesi e vicendevole completamento (ex multis Cass. 18822/2018, 9059/2018, 5374/2017).

7.3. Ne consegue che, allorquando sia in contestazione il rigore del ragionamento presuntivo che il giudice deve operare ai sensi dell’art. 2729 c.c., occorre verificare che l’apprezzamento dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dalla legge, sia stato ricavato dal complesso degli indizi, sia pure previamente individuati per la loro idoneità a produrre le inferenze che ne discendano secondo il criterio dell’id quod prelumque accidit (Cass. 12002/2017) e che non sia stato omesso l’esame di un fatto secondario, dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale, purchè decisivo (Cass. 17720/2018).

8. Nel caso di specie, il giudizio formulato dalla Corte d’appello non è conforme ai richiamati principi, in quanto essa si è limitata ad esaminare singolarmente – e non complessivamente – solo tre elementi presuntivi (fra i tanti rappresentati dalla curatela), per affermare l’assenza di valenza indiziaria in ciascuno di essi, sulla base di una motivazione ora apodittica (circa i dati di bilancio, v. pag. 6-7 della sentenza), ora approssimativa (circa l’andamento del conto corrente, per cui a pag. 7 è scritto che “la protratta situazione debitoria non appare drammatica”) ora sommaria (circa la richiesta di informazioni alla Centrale Rischi, sempre a pag. 7 ritenuta irrilevante perchè indispensabile). Inoltre, il giudice a quo ha omesso di includere nella dovuta valutazione globale e complessiva l’ulteriore elemento indiziario, di portata decisiva, della “segnalazione” di sofferenza della società, effettuata alla Centrale Rischi proprio dalla banca convenuta (v. pag. 12 del ricorso), che è cosa ben diversa dalla considerata “richiesta di informazioni” fatta al medesimo ente, ai fini dell’istruttoria della pratica di affidamento della correntista.

9. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuova valutazione della cd. scientia decoctionis della banca, attraverso una valutazione complessiva (e non solo atomistica) degli elementi presuntivi acquisiti, ivi compreso l’elemento trascurato della segnalazione effettuata dalla banca alla C.R.I., oltre che per la statuizione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019

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