LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24519/2018 proposto da:
B.R., elettivamente domiciliato in Roma Via Sabotino 46 presso lo studio dell’avvocato Comi Vincenzo che lo rappresenta e difende giusta procura allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 26/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/09/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto n. 2842/2018 depositato il 26-6-2018 il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di B.R., cittadino del *****, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, nella parte in cui quest’ultimo riferiva di essere fuggito per il timore di essere ucciso dallo zio per questioni ereditarie, ed invece non credibile, perchè lacunoso, contraddittorio e vago, il suo racconto nella parte relativa al rifiuto della Polizia di ricevere la denuncia delle minacce e violenze commesse dallo zio. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Ghana, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In via preliminare il ricorrente chiede di sollevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), in relazione all’adozione del rito camerale e all’eliminazione del grado d’appello, per la violazione degli artt. 3,10,24,111 e 117 Cost., nonchè per la violazione dell’art. 6 CEDU.
2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.
3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del principio dell’obbligatorietà dell’uso di informazioni aggiornate e precise sulla situazione del Paese di origine D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, comma 9 e art. 8, comma 3. Deduce il ricorrente che il Giudice ha l’obbligo di cooperazione istruttoria per integrare il quadro probatorio, acquisendo altri dati informativi, mentre le fonti richiamate nel provvedimento impugnato, pur provenienti da organismi istituzionali, non erano idonee a rappresentare la realtà del contesto socio-politico del Ghana e quelle del sito ***** riguardavano la situazione del Ghana di due anni fa.
4. Con il secondo motivo lamenta omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla situazione di vulnerabilità rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla domanda di protezione umanitaria. Ad avviso del ricorrente il Tribunale, nel negare la protezione umanitaria, non ha considerato la condizione personale di vulnerabilità del ricorrente, in ragione delle patologie da cui è affetto (depressione e cefalea cronica, causata quest’ultima dal colpo di machete ricevuto in testa quando era in Ghana). Il farmaco prescritto serve a curare forme gravi di cefalea e tale circostanza assume non sia stata valutata dal Tribunale, trovandosi inoltre il ricorrente nell’impossibilità economica di permettersi quel tipo di farmaco in caso di rimpatrio.
5. Il primo motivo è infondato.
5.1. Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018).
5.2. Nel caso di specie il Tribunale, con motivazione adeguata ed indicando le fonti di conoscenza (pag. n. 7 del decreto impugnato – sito viaggiare sicuri del Ministero degli Esteri e sito ***** aggiornato al marzo 2017), ha escluso che la situazione generale del Ghana e della zona di provenienza del ricorrente (*****) realizzi la fattispecie di cui trattasi, così compiutamente esercitando il dovere di cooperazione istruttoria.
La situazione politica del Paese è stata, quindi, analizzata dal giudice territoriale, che ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente, in base a fonti provenienti da organismi istituzionali, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, e sufficientemente aggiornate.
Nè, peraltro e per quanto occorra, il ricorrente indica se e come la situazione del Ghana (indicato come Senegal a pag. 5 del ricorso per evidente refuso) sia mutata, rispetto a quella descritta nel decreto impugnato, e sulla base di quali fonti ciò eventualmente risulti.
6. Il secondo motivo è inammissibile.
6.1. In ordine alla protezione umanitaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte la valutazione deve essere autonoma, nel senso che il diniego di riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie non può conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990/2018). Ciò nondimeno il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato ed il potere istruttorio ufficioso può esercitarsi solo in presenza di allegazioni specifiche sui profili concreti di vulnerabilità (Cass. n. 27336/2018).
6.2. Nella specie il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte dei giudici di merito, che hanno escluso l’esistenza di fattori particolari di vulnerabilità con idonea motivazione, valutando le allegazioni del ricorrente, anche previo esame della documentazione sanitaria relativa alla cefalea, e le informazioni sul Paese di origine. Le doglianze sono formulate genericamente, mediante richiamo dei principi affermati da questa Corte in tema di protezione umanitaria e mediante considerazioni critiche circa la valutazione probatoria effettuata dal Tribunale circa la patologia (cefalea cronica) da cui è affetto il ricorrente.
Considerato, infine, che, in base alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4455/2018), l’accertata assenza di vulnerabilità rende recessivo il fattore costituito dal percorso di integrazione, la censura di cui trattasi si risolve, inammissibilmente, in una ricostruzione dei fatti difforme da quella accertata dal giudice di merito.
7. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.100, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019