LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17686-2014 proposto da:
A.S.L. NAPOLI ***** CENTRO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CAMILLUCCIA 19, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO MARCONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANPAOLO IASELLI;
– ricorrente –
contro
M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MARGANA 19, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ALAGNA, rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO LOMBARDI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4255/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/06/2013 r.g.n. 7681/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/2019 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’Avvocato FRANCESCO ALAGNA.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Napoli, rigettando il gravame proposto contro la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa città, ha riconosciuto il diritto di M.M., pediatra convenzionato presso la A.S.L. Napoli *****, a percepire per il periodo dall’agosto 2004 a luglio 2007, l’indennità informatica quale prevista dal capo 1.1.1. lettera c n. 3 dell’Accordo Regionale per le Pediatria di Libera Scelta.
La Corte rilevava come la norma base (D.P.R. n. 272 del 2000, art. 54) rimandasse alla previsione da parte di accordi regionali e/o aziendali, sicchè l’accordo regionale approvato con Delib. G.R. n. 971 del 2004, regolando sia la prestazione aggiuntiva sia il relativo compenso, era da ritenere del tutto sufficiente, senza necessità di ulteriori accordi a livello aziendale, al riconoscimento del diritto rivendicato.
Osservava poi che il diritto risultava subordinato soltanto alla fornitura dei dati con un mezzo elettronico e non all’invio per posta telematica degli stessi; pertanto la non contestata trasmissione di quanto dovuto attraverso un supporto informativo compatibile con i sistemi aziendali era sufficiente per l’accoglimento della pretesa dispiegata.
2. Avverso la sentenza la A.S.L. ha proposto ricorso per cassazione con un unico articolato motivo, cui ha resistito la M. con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso la A.S.L. sostiene la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento al D.P.R. n. 272 del 2000, art. 54 ed alla Delib. Giunta Regionale della Campania n. 971.
La ricorrente fa rilevare come l’indennità rivendicata avesse per presupposto, secondo quanto prescritto dall’art. 54 cit., l’attivazione a regime della pediatria di gruppo, con ogni profilo a ciò consequenziale, tra cui l’impegno reciproco anche verso gli assistiti di altri pediatri della forma associativa, il collegamento in rete tra loro degli studi attraverso sistemi informatici e con la A.S.L., aspetti tutti rispetto ai quali il giudice di secondo grado aveva omesso ogni verifica, facendo derivare il diritto riconosciuto dal mero meccanico invio di dati scollegati dal contesto generale di cui sopra.
Al punto che la M., pur diffidata dal presentare i reports, era l’unica pediatra ad averli inviati.
Aggiunge altresì la A.S.L. che la stessa Deliberazione n. 971 valorizzata dalla Corte di merito prevedeva, per il riconoscimento dell’indennità, non solo la fornitura dei dati da parte del pediatra, ma ribadiva le medesime condizioni di cui all’art. 54 cit., senza contare che la sentenza impugnata aveva violato il D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 45, non considerando che i documenti informatici trasmessi avrebbero potuto considerarsi consegnati solo se resi disponibili all’indirizzo elettronico reso disponibile e dichiarato dal destinatario.
2. E’ indubbio che il diritto sia stato rivendicato e riconosciuto per effetto di un Accordo Regionale, integrativo dell’Accordo Nazionale reso esecutivo dal D.P.R. n. 272 del 2000 (ai sensi e per gli effetti della L. n. 833 del 1978, art. 48).
Si tratta di accordo che è legittimato dalla previsione del D.P.R. n. 272 del 2000, art. 54, di disciplina della c.d. pediatria in rete.
Il D.P.R. n. 272 del 2000, consequenziale alle previsioni primarie di cui alla L. n. 833 del 1978, art. 43 e D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8, è atto ricettivo dell’accordo collettivo nazionale per l’uniforme trattamento economico e normativo, nell’intero territorio nazionale, del personale sanitario a rapporto convenzionale, stipulati ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8.
Tali accordi, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, “non costituiscono fonte negoziale diretta di disciplina del rapporto convenzionale considerato, siccome di per sè inidonei ad inserirsi nell’ordinamento con propria forza cogente, ma rappresentano soltanto la fase consensuale di un complesso procedimento di produzione normativa, che si conclude con l’intervento del solo potere pubblico avente la forma del decreto presidenziale ed il contenuto di un atto di normazione secondaria. Ne consegue che tali atti non soggiacciono a oneri processuali di produzione nè, per le censure attinenti alla loro interpretazione, a oneri di specificazione sotto il profilo del criterio ermeneutico violato, afferendo all’ambito delle necessarie conoscenze giudiziali (secondo il principio iura novit curia) e soggiacendo alle regole di interpretazione di cui all’art. 12 preleggi” (Cass. 9 novembre 2018, n. 28764).
2.1 Diversamente, come già ritenuto da Cass. 26 gennaio 2009, n. 1826, eventuali accordi regionali, seppure previsti dall’accordo nazionale di rango regolamentare, non possono, per difetto di sostegno nella normativa primaria, essere ritenuti fonti del diritto, trattandosi più semplicemente di accordi legittimati dalla norma di livello secondario (qui art. 54 dell’accordo recepito dal D.P.R. n. 272 del 200), ma che mantengono pur sempre carattere negoziale (cfr. Cass. 7 settembre 2016, n. 17716; Cass. 18 aprile 2016, n. 7671).
Ne deriva che essi non soggiacciono alla regola iura novit curia, ma ad oneri di produzione a cura di parte (Cass. 30 marzo 2018, n. 7981; Cass. 21 settembre 2011, n. 19227). e di censura secondo le regole proprie dell’ermeneutica contrattuale.
2.2 Nel caso di specie, oltre ad essere mancata una critica nei termini appena detti, il motivo risulta carente, in quanto la sua formulazione si pone in contrasto con i presupposti giuridici e di rito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1 e con i principi di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., S.U., 22 maggio 2014, n. 11308) e di specificità che la predetta norma nel suo complesso esprime, con riferimento in particolare, qui, ai n. 4 e 6 della predetta disposizione, da cui si trae, nel contesto comune del principio di specificità predetto, l’esigenza che l’argomentare sia idoneo a manifestare la pregnanza (ovverosia la decisività) del motivo, attraverso non solo il richiamo ai documenti che possono sorreggerlo, ma con l’inserimento logico del contenuto rilevante di essi nell’ambito del ragionamento impugnatorio.
Viceversa la ricorrente non ha riportato, nell’ambito del ricorso, il testo della Delib. e dell’Accordo regionale da essa contemplato e sulla cui base la Corte d’Appello ha, come detto, riconosciuto il diritto azionato.
L’unica estrapolazione testuale di tale Accordo la si ritrova nella sentenza impugnata, ma la parte così trascritta, riguardante il punto 1.1.1. c) n. 3, in coerenza rispetto alle conclusioni poi assunte, ovviamente avvalora e non contraddice il riconoscimento del diritto rivendicato.
Resta invece vanificata, per la menzionata carenza allegatoria e argomentativa, ogni questione sollecitata per sostenere che vi possa essere stata violazione dell’art. 54 cit., per incompleta valutazione del contenuto e della portata dell’accordo regionale attuativo di esso.
2.3 Inammissibile è altresì la questione in merito al fatto che non si potrebbe affermare l’avvenuta ricezione dei files informatici, perchè a tal fine sarebbe stato necessario che essi pervenissero presso l’indirizzo digitale della A.S.L. secondo il disposto del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 45.
Infatti, tale assunto, svolto richiamando una norma sulla trasmissione telematica (ovverosia mediante sistemi di comunicazione esclusivamente elettronici) non si misura in realtà con la motivazione adottata dalla Corte di merito, secondo cui era incontestato che vi fosse stata trasmissione su “supporto” informatico compatibile con i sistemi aziendali, unica condizione cui, sotto tale profilo, precisa espressamente la Corte partenopea, il compenso era subordinato.
Il motivo, come formulato, non muove dunque critica in sè al profilo di fatto valorizzato (trasmissione su idoneo supporto informatico) e, quanto ai profili di diritto, esso soffre della medesima carenza sopra segnalata di qualsiasi allegazione rispetto al fatto che l’Accordo Regionale prevedesse altre e diverse modalità necessarie di adempimento.
3. Il ricorso va dunque dichiarato complessivamente inammissibile, con regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, iva e cpa.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019