LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12717-2019 proposto da:
M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO VIVENZIO.
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO 80185600585, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis:
– resistente –
E contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO – MONZA presso la PREFETTURA UTG;
– intimata –
avverso il decreto N. R.G. 38552/2018 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 22/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Milano sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 22/3/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Monza in ordine alle istanze avanzate da M.F. nato in Pakistan il 18/1/1986, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
II richiedente asilo proveniente dal Pakistan aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese per paura di tre delinquenti che già avevano ucciso suo padre perchè non aveva voluto pagare la somma richiesta a titolo di estorsione. Avverso la sentenza del Tribunale di Milano il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lett. C) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3, ed in riferimento all’art. 10 Cost., in quanto il giudice di merito, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.
In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rivela inammissibile, a prescindere da ogni questione concernente l’applicazione al caso di specie della normativa recentemente introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018, in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente: il ricorrente invero, a fronte della valutazione comparativa espressa dal giudice con esaustiva indagine circa le condizioni rispettivamente descritte dello straniero con riguardo al suo paese di origine ed all’integrazione in Italia acquisita, (valutazione in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede), non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.
In riferimento alla disposizione dell’art. 10 Cost., questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, e di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6; con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle vigenti norme sulla protezione. (Cass. 10686 del 2012; n. 16362 del 2016).
Per quanto sopra si impone il rigetto del ricorso.
Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva del Ministero.
Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione della Corte di Cassazione, il 2 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019