Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29316 del 12/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13(127-2019 proposto da:

B.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO BARONE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585:

– intimato –

avverso il decreto n. R.(L 9264/2018 del TRIRJN, / i di N. / POli, depositato il 15/(13/2019;

udita la relazione della causa sv(ira nella camera di consiglio non partecipata del 02/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Napoli sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 15/3/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Cesena in ordine alle istanze avanzate da B.O. nato in Ghana il 6/12/1994, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dal Ghana aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese per diventare un calciatore e giocare in una squadra di calcio italiana. Avverso la sentenza del Tribunale di Napoli il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 19 novembre 2007, art. 3 e 5, per aver ritenuto non credibile il ricorrente senza svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda e violando il dovere di cooperazione istruttoria.

La censura, oltre a contenere una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento, non è pertinente. Infatti il Tribunale ha considerato credibili le affermazioni del ricorrente nella parte in cui riferisce di essere partito dal suo paese volendo stabilirsi in Italia per fare il calciatore ma ha ritenuto che la vicenda come narrata non rientri tra quelle che giustificano la protezione internazionale.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 251 del 2007, artt. 2,7,8,11 e del D.Lgs 28 gennaio 2008, n. 25, art. 2, per non aver il tribunale ritenuto che il racconto del ricorrente rientrasse nelle ipotesi di legge per concedere la protezione dello status di rifugiato in riferimento all’art. 360 c.p.c.,comma 1, n. 3.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), riguardo all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il secondo e terzo motivo sono infondati e devono essere respinti.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. C), il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che l’assenza di situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine ed in particolare nella zona di provenienza del ricorrente escludano il diritto alla protezione sussidiaria. Il Tribunale, basandosi su fonti di informazione internazionale puntualmente indicate, ha appurato che la zona di provenienza dell’odierno istante non è teatro di un “conflitto diffuso” e di una “violenza generalizzata”: tale apprezzamento, che sfugge al sindacato di legittimità, porta ovviamente a disconoscere che nel presente giudizio di cassazione si possa far questione della “minaccia,grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

In ordine al dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, relativo all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine occorre considerare che il Tribunale territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali della persona tenuto anche conto detta dell’assenza di una situazione di conflitto generalizzata ex art. 14, lett. C), nel paese di provenienza secondo i siti online consultati maggiormente accreditati. La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056) Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 286 del 1988, art. 5, comma 6, riguardo alla mancata concessione della protezione per motivi umanitari in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile, a prescindere da ogni questione concernente l’applicazione al caso di specie della normativa recentemente introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018, in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità)non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Per quanto sopra si impone il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva del Ministero.

Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione della Corte di Cassazione, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019

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