LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27435-2013 proposto da:
G.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI VILLA SEVERINI 54, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 272/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di SIRACUSA, depositata il 12/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/09/2019 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato RIDOLFI per delega dell’Avvocato TINELLI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DELLA CAUSA 1. La controversia concerne la legittimità del diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate di Siracusa alla richiesta avanzata da G.C. di rimborso della somma versata il 20 luglio 2007 per imposte di registro e ipocatastali, calcolate in misura proporzionale invece che in misura fissa e versate al momento della registrazione dell’atto di acquisto di un immobile sito in *****, Comune di Siracusa.
2. Il diniego è motivato sul fatto che il piano particolareggiato di tale isolato, adottato nel 1990 ed avente valenza di piano di recupero in forza di Delib. consiglio comunale n. 178 del 1988, menzionato nell’atto di acquisto e richiamato a fondamento dell’istanza di rimborso in rapporto alla L. n. 168 del 1982, art. 5, era già scaduto all’epoca della registrazione.
Il diniego è stato fatto oggetto di ricorso davanti alla commissione tributaria provinciale di Siracusa ed è stato da questa dichiarato illegittimo.
3. La pronuncia è stata riformata dalla commissione tributaria regionale di Palermo, Sez. dist. di Siracusa, con sentenza n. 272/16/12.
4. Per la cassazione di tale sentenza il contribuente ha proposto ricorso sulla base di sei motivi.
5. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 168 del 1982, art. 5, della L. n. 457 del 1978, art. 27, della L. n. 1150 del 1942, art. 16, comma 5, e art. 17.
2. Con il secondo e il terzo motivo di ricorso, proposti, l’uno, in riferimento alla versione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 antecedente alla riforma di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con L. n. 134 del 2012, l’altro in riferimento alla versione riformata, il contribuente lamenta la carenza di motivazione circa il fatto e, rispettivamente, l’omesso esame del fatto, decisivo e controverso, costituito dalla applicabilità ed efficacia della Delib. 23 novembre 1998, n. 178, adottata dal consiglio comunale di Siracusa ai sensi della L. n. 457 del 1978, art. 34, con la quale era stato attribuito valore di piano di recupero al piano particolareggiato adottato con Delib. n. 286 del 1990 e rispetto alla quale la commissione aveva affermato che la stessa non costituiva “adozione di un piano di recupero” ed aveva consentito “l’applicazione dei benefici fiscali di cui alla L. n. 457 del 1978 sino al momento in cui (era) perdura(ta) l’efficacia del piano particolareggiato”.
3. Con il quarto ed il quinto motivo di ricorso, il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 168 del 1982, art. 5, della L. n. 457 del 1978, art. 34, della L. n. 1150 del 1942, art. 16, comma 5, e art. 11, della L. n. 47 del 1985, art. 24, comma 1, con riguardo alla affermazione contenuta nella sentenza impugnata, di cui al precedente punto.
4. Con il sesto motivo di ricorso, il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 168 del 1982, art. 5 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, sostenendo che la commissione, con l’avallare il diniego opposto dall’amministrazione all’istanza di rimborso, ha violato il legittimo affidamento fatto dal ricorrente sull’effetto di estensione della fruibilità dei ricordati benefici fiscali, riconducibile alla adozione della Delib. n. 178 del 1998.
5. I primi cinque motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione unitaria perchè essi prospettano, sotto vari profili, la medesima questione, della quale questa Corte si è già più volte occupata, concernente la spettanza dei benefici di cui alla L. 168 del 1982, art. 5, per gli atti di acquisto di unità immobiliari in *****, stipulati dopo la scadenza del termine decennale di durata del relativo piano particolareggiato.
6. I motivi sono infondati.
6.1 Il quadro normativo di riferimento è il seguente: la L. n. 168 del 1982, art. 5 (Misure fiscali per lo sviluppo dell’edilizia abitativa) dispone che “Nell’ambito dei piani di recupero di iniziativa pubblica, o di iniziativa privata purchè convenzionati, di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, artt. 27 e ss., ai trasferimenti di immobili nei confronti dei soggetti che attuano il recupero, si applicano le imposte di registro, catastali e ipotecarie in misura fissa. Nello stesso ambito le permute sono esenti dall’imposta sull’incremento del valore sugli immobili e sono soggette alle imposte di registro, catastale e ipotecaria in misura fissa”; la L. n. 457 del 1978, art. 28 (Norme per l’edilizia residenziale), a sua volta, prescrive che “I piani di recupero prevedono la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree di cui al precedente art. 27, comma 3, anche attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica, individuando le unità minime di intervento. I piani di recupero sono approvati con la deliberazione del consiglio comunale con la quale vengono decise le opposizioni presentate al piano, ed hanno efficacia dal momento in cui questa abbia riportato il visto di legittimità di cui alla L. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 59. Ove la deliberazione del consiglio comunale di cui al comma precedente non sia assunta, per ciascun piano di recupero, entro tre anni dalla individuazione di cui al precedente art. 27, comma 3, ovvero non sia divenuta esecutiva entro il termine di un anno dalla predetta scadenza, l’individuazione stessa decade ad ogni effetto. In tal caso, sono consentiti gli interventi edilizi previsti dal precedente art. 27, commi 4 e 5. Per quanto non stabilito dal presente titolo si applicano ai piani di recupero le disposizioni previste per i piani particolareggiati dalla vigente legislazione regionale e, in mancanza, da quella statale”; la L. n. 1150 del 1942, art. 16 (cd. Legge urbanistica), disciplina il procedimento di approvazione dei piani particolareggiati prevedendo, tra l’altro, al comma 5, che “col decreto di approvazione sono decise le opposizioni e sono fissati il tempo, non maggiore di anni dieci, entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere attuato e i termini entro cui dovranno essere compiute le relative espropriazioni”.
6.2. La Corte (Cass. n. 32964 del 2018; n. 2399 del 2017; n. 2398 del 2017; n. 18673 del 2016; n. 7046 del 2014) ha ritenuto contraria alla ratio della previsione agevolativa l’opinione sostenuta dal ricorrente, per cui il decorso del termine stabilito per l’esecuzione del piano lascia fermo l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici o nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano particolareggiato, cosicchè sarebbe penalizzante e non in linea con i canoni ermeneutici ipotizzare che il piano particolareggiato di *****, continuando a spiegare i suoi effetti per le prescrizioni normative in esso contenute, non altrettanto possa fare sul lato dei benefici fiscali per i soggetti che ad esso si conformino. Tale opinione non è conforme alla L. n. 168 del 1982, art. 5, comma 1, in quanto la norma subordina la fruizione dell’agevolazione fiscale all’esistenza di una condizione di carattere oggettivo, costituita dall’inserimento dell’immobile in un piano di recupero di iniziativa pubblica o privata convenzionato e ad una condizione di carattere soggettivo, costituita dall’essere l’acquirente uno dei soggetti che attuano il recupero. Da questa prospettiva, in coerenza con le finalità perseguite dal legislatore, discende che il beneficio spetta soltanto quando si realizzano tutti gli elementi che integrano la fattispecie normativa, e che l’agevolazione è correlata alla effettiva attuazione del piano di recupero previsto all’atto del trasferimento dell’immobile. Perciò ne resta giustificata la revoca ove si accerti la insussistenza dei prescritti requisiti, persino qualora la mancata attuazione in concreto del detto piano non sia imputabile a comportamento omissivo del contribuente (Cass. Sez. 5, n. 11786 del 12 maggio 2008). La Corte, ancora, ha osservato (Cass.n. ord. 27904/18) che: “L’agevolazione fiscale di cui alla L. n. 168 del 1982, art. 5, comma 1, è subordinata alla contemporanea presenza di due condizioni, di carattere generale, consistenti nell’essere gli immobili trasferiti già inseriti in un piano di recupero del patrimonio edilizio (di iniziativa pubblica o privata, purchè convenzionato) L. n. 457 del 1978 ex art. 27 e ss., nella realizzazione degli interventi di recupero da parte dei loro acquirenti. Ne consegue che il beneficio può essere riconosciuto – attesa anche la natura delle norme agevolatrici, di stretta interpretazione – solo se la ristrutturazione sia eseguita in attuazione del piano indicato all’atto del trasferimento e non quando l’immobile, incluso nelle zone di recupero, sia restaurato o addirittura alienato dopo la scadenza del termine per l’esecuzione del piano, ormai inefficace per la parte in cui non ha avuto attuazione.” Si è altresì stabilito – proprio con riguardo al piano di recupero di ***** – che “(…) il piano, dopo il decorso del termine stabilito per la sua esecuzione, diventa inefficace per la parte in cui non ha avuto attuazione, disposizione che va interpretata nel senso che l’intervento di restauro e di ristrutturazione che sia stato realizzato su immobili già inclusi nelle zone di recupero, ma in epoca successiva alla scadenza del piano, non possa ritenersi effettuato in attuazione del piano stesso, ormai inefficace, ed esula, pertanto, dall’ambito della disposizione agevolativa (cfr. Cass. n. 14478 del 2003), ai cui fini non rileva la persistenza dell’obbligo di rispettare allineamenti e prescrizioni, che attiene al diverso profilo del rispetto degli standard urbanistici, dovuto da ogni costruttore” (Cass. n. 14401/13).
6.3. E’ incontroverso che, all’atto della vendita (2007), l’immobile compravenduto non era inserito in un piano di recupero in vigore, dal momento che quello relativo al quartiere di *****, risalente al 1990, era scaduto nel 2000. Argomenta il ricorrente che il giudice di secondo grado non avrebbe rilevato che, con Delib. Consiglio comunale 23 novembre 1998, n. 178, il Comune di Siracusa aveva attribuito al piano particolareggiato in questione valore di piano di recupero convenzionato, ai sensi della L. n. 457 del 1978, artt. 27 e ss. consentendo ai proprietari che attuavano il recupero le agevolazioni fiscali previste dalla menzionata L. n. 168 del 1982. L’argomentazione è priva di pregio. Preliminarmente si sottolinea che, come sopra evidenziato, l’agevolazione oggetto del contendere spetta agli atti di trasferimento con riferimento agli strumenti urbanistici con riguardo ai quali è espressamente richiesta e che, dunque, vanno indicati nell’atto di vendita. Nella specie, come ricordato dallo stesso ricorrente (v. pp. 2 e 3 ricorso per cassazione), all’epoca della cessione la detta agevolazione è stata domandata con riferimento al piano di recupero di ***** di cui alla L.R. n. 70 del 1976 e alla L.R. n. 34 del 1985. Tali leggi sono quelle in base alle quali è stato adottato il piano particolareggiato del 1990 e non riguardano direttamente le delibere comunali del 1998, fondate sulla L. n. 457 del 1978, art. 34. Se ne ricava che lo strumento urbanistico che doveva essere in vigore al tempo della cessione era il piano particolareggiato del 1990, scaduto, però, nel 2000. Deve altresì notarsi che la L. n. 457 del 1978, art. 34, stabiliva che ai piani particolareggiati già approvati alla data della sua entrata in vigore, e finalizzati al risanamento del patrimonio edilizio esistente, i comuni potevano attribuire, con delibera del consiglio comunale, il valore di piani di recupero, con conseguente applicazione delle disposizioni del relativo titolo. Queste delibere non potevano servire a fare decorrere nuovamente dall’inizio il termine di efficacia del piano particolareggiato, ma solo a rendere efficace la normativa di cui alla L. n. 457 del 1978, artt. 27 e ss. Perciò con delibere del consiglio comunale L. n. 457 del 1978 ex art. 34, non poteva il beneficio fiscale oggetto di discussione essere esteso oltre il termine di durata massimo di legge, fissato in 10 anni, del piano particolareggiato in relazione al quale era stato richiesto. Si sottolinea infine che, come già ricordato, la L. n. 168 del 1982, art. 5, nel prevedere l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa per gli atti di trasferimento di immobili compresi nei piani di recupero di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 27, pone una norma (istitutiva dell’agevolazione in esame) di natura eccezionale, da interpretarsi restrittivamente, talchè l’equipollenza tra piano di recupero e piano particolareggiato non ha valenza generalizzata ma riguarda, come stabilito dalla L. n. 457 del 1978, art. 34, i piani particolareggiati già approvati alla data di entrata in vigore della legge e finalizzati al risanamento del piano edilizio esistente (Cass., n. 2397 del 2017; n. 9175 del 2000).
7. Da quanto precede segue il rigetto dei motivi in esame.
8. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile in quanto prospetta per la prima volta in questa sede una questione (di violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10) nuova rispetto a quelle sulla base delle quali il diniego di rimborso è stato impugnato. Ed in effetti, in esso neppure si dice se e quando tale questione sia stata proposta nei gradi di merito.
9. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
10. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., n. 14515 del 2015).
PQM
– rigetta il ricorso;
– condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 2300,00, oltre spese prenotate a debito;
– ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 11 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019